Attenti al lupo. E soprattutto alle sue lobby
Cedendo alle pressioni degli animalisti, lo scorso giovedì 2 febbraio la Conferenza Stato Regioni ha rinviato la discussione della proposta di una pur limitatissima riapertura della caccia al lupo. La proposta era stata presentata dal ministero dell’Ambiente, giustamente sensibile alle difficoltà sofferta dalla pastorizia.
Cedendo alle pressioni degli animalisti, lo scorso giovedì 2 febbraio la Conferenza Stato Regioni ha rinviato la discussione della proposta di una pur limitatissima e controllatissima riapertura della caccia al lupo. La proposta era stata presentata dal ministero dell’Ambiente, giustamente sensibile alle difficoltà che il continuo aumento del numero dei lupi sta causando alla pastorizia e agli abitanti di molte aree alpine e appenniniche.
La questione non è così “di nicchia” come a qualcuno potrebbe sembrare. In primo luogo perché la montagna e la collina, habitat ideale del lupo, nel nostro Paese non sono l’eccezione bensì la regola: oltre il 72 per cento del territorio italiano è montano o collinare; e salvo gli abitanti di alcune poche grandi aree urbanizzate, il resto della popolazione e la sua maggior parte vivono nei pressi di montagne e colline che sono disabitate quanto basta per diventare percorribili dai lupi e da altri grandi carnivori.
La questione inoltre non è “di nicchia” pure per motivi più profondi. E’ infatti un sintomo importante della crescita nel nostro Paese di quel neopaganesimo anti-umanista che tende a diventare la “religione di Stato” del tempo in cui viviamo. Sin dalla notte dei tempi, nello scontro tra il lupo e l’uomo -- che per ovvi motivi non possono condividere il medesimo territorio -- l’uomo è sempre stato dalla parte dell’uomo. In un’epoca però come la nostra, sempre più caratterizzata dall’impossibilità di essere normali, può capitare anche il contrario, che cioè l’uomo si schieri dalla parte del lupo.
Il Piano Lupo presentato dal ministero dell’Ambiente prevede l’eventualità dell’abbattimento del 5 per cento al massimo dei circa 1500 lupi censiti ufficialmente. In realtà secondo esperti molto qualificati i lupi in Italia sono ormai circa 4 mila. Rispetto quindi alla loro quantità effettiva quella percentuale massima finisce per ridursi di oltre la metà. Molto più attenti ai sogni delle masse urbane che ai problemi reali dei pastori e della gente di montagna, i presidenti delle Regioni si sono compattamente schierati dalla parte del lupo. Dopo avere preliminarmente incontrato nella sua veste di presidente della Conferenza una delegazione di associazioni animaliste contrarie al Piano, Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, ha chiesto e ottenuto il rinvio dell'approvazione del Piano Lupo e delle misure che ne conseguono. “Vogliamo approfondire la discussione (…)”, ha detto. “Ci sarà così il tempo per approfondire meglio dal momento che ci sono alcune misure che rischiano di non essere convincenti".
Parlando poi a Radio 24 il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha affermato di avere "il cuore in pace”. “Non sono stato a guardare: se le Regioni si sfilano e non approvano questo piano, non lo approvino”, ha aggiunto. “La gestione del lupo tocca a loro, io sto dando solo l'inquadramento legislativo. Poi se ci si vuole nascondere dietro un dito e farsi fotografare col lupetto in mano, lo si faccia pure. Ho incontrato agricoltori e allevatori che hanno chiuso le aziende. Ci sono zone che sono veramente a rischio per le attività economiche a causa della pressione del lupo (…).
Mentre è ovvio il plauso della forze che si erano mobilitate contro il Piano, è significativo il ben diverso avviso dell’Associazione Italiana per la Wilderness, AIW, gruppo ambientalista che, amando la natura silvestre ma avendone anche una conoscenza concreta, è sempre stato favorevole al controllo della fauna selvatica, e quindi alla caccia fatta in modo responsabile. Commentando in un suo comunicato il rinvio del Piano, l’AIW osserva tra l’altro che pretendendo che il lupo sia intoccabile non se ne garantisce affatto la sopravvivenza. Il lupo non rischia più di estinguersi come quando nel 1979 ne venne stabilita la protezione assoluta. Oggi a rischio di estinzione sono i pastori e i contadini di montagna. Ci si può permettere di preservare il lupo solo contingentandolo, come infatti già si sta facendo in Francia, Norvegia, Finlandia, Svezia, Spagna, Francia, Svizzera e in tutti i Paesi dell’Europa orientale. Inoltre negli Stati Uniti, Canada e Russia. Pretendere, senza cacciarlo, di tenerlo a bada con recinzioni e con cani da difesa, come gli animalisti vorrebbero, è tanto costoso quanto inutile. Trattandosi di un animale carnivoro selvatico, e non di un ragazzaccio disobbediente, non c’è altro modo per contingentarlo se non la caccia. La questione è già stata studiata e ristudiata, e ci sono al riguardo le esperienze consolidate di tutti i Paesi di cui si diceva. Non c’è più niente da approfondire, si tratta solo di decidere. Speriamo che il 23 febbraio, quando la Conferenza Stato Regioni si riunirà di nuovo, la reverenza neopagana per il lupo ceda il passo al buon senso, anzi al bene comune.