Attentato in Austria, il jihadismo è la nuova normalità europea
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Prima, il 13 febbraio, l’attentato a Monaco di Baviera da parte di un afghano arrivato in Europa con un barcone. Poi, il 15, un altro attacco a Villaco, in Austria, ad opera di un siriano: sempre in nome di Allah. E il primo errore è sminuire la matrice islamista.
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Dopo la Germania, l’Austria. Dopo Monaco di Baviera – dove in conseguenza delle gravi ferite riportate nell’attentato di giovedì 13 febbraio sono morte una mamma e la figlia di due anni, investite al grido di «Allah Akbar» – la scia di sangue è arrivata a Villaco (Villach), dove è morto un quattordicenne. La città della Carinzia, così vicina all’Italia (tanti italiani di confine la frequentano), è stata dunque il proscenio dell’ultimo attentato con coltello che il terrorismo islamico ha regalato all’Europa.
È un sabato pomeriggio ancora sonnolento quello del 15 febbraio, sono circa le 16, a pochi passi da Hauptplatz, la piazza principale di Villaco circondata da negozi e caffè all’aperto; mentre il fine settimana ancora non s’è animato, un siriano di 23 anni si lancia sui pochi passanti con un coltellaccio che stringe nella mano sinistra. Trafigge al cuore un quattordicenne: morirà pochi minuti dopo, dissanguato. Cinque i feriti che combattono tra la vita e la morte in ospedale. Poi un venditore ambulante, pare anch’egli siriano, si mette in macchina per mettere fuori gioco il terrorista, investendolo. Un gesto che ha probabilmente evitato una strage.
L’aria, al centro di Villaco, s’è fatta immediatamente cupa. E mentre ancora echeggiava il grido di «Allah Akbar», il giovane attentatore si faceva fotografare sorridente non lontano dal luogo dell’attentato. Poco più in là, vicino al ponte sulla Drava, le immagini diffuse su Internet lo presentano a fissare la fotocamera con un ghigno ostentato, per niente scomposto, mentre, seduto su una panchina e senza una scarpa, persa nella tentata fuga, tiene l’indice della mano destra alzato verso il cielo. È il gesto di omaggio ad Allah, la firma dei jihadisti da ormai tanti anni.
Villaco è un città blindata. Un paio di elicotteri delle forze dell’ordine solcano il cielo. La squadra speciale della polizia austriaca è convinta che il siriano se ne sia andato in giro accompagnato. L’atmosfera è inquietante. La città è vuota d’un tratto. Qualcosa più di un film dell’orrore. Fino appunto alla notizia del venditore ambulante che ha investito il terrorista.
Sembra ieri quando nel 2020, a Vienna, in quattro vennero uccisi dall’Isis, nel più grave degli attentati in Austria dal 1985. Che avrebbe ceduto il primato se, lo scorso agosto, un tentativo di attentato, targato Stato Islamico, ad un concerto di Taylor Swift non fosse stato sventato in tempo.
Ma torniamo a Villaco. «In 20 anni di lavoro non ho mai visto una cosa del genere», ha commentato il portavoce della polizia locale. Il siriano aveva con sé un tesserino che lo identificava come un richiedente asilo e pare vivesse nel centro di accoglienza di Langauen. Devoto di Allah, era un assiduo frequentatore di imam su TikTok. Quelli che, dopo la stretta all’islam decisa da Sebastian Kurz nel 2018, sono diventati abbastanza introvabili in Austria. Nell’abitazione dell’attentatore è stata trovata anche una bandiera dell’Isis. Interrogato, ha ammesso di aver agito proprio in nome dello Stato Islamico. Eppure non era tra i 150 islamisti sotto osservazione del governo di Vienna.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. E pensare che solo la settimana scorsa sono fallite le trattative per un nuovo governo. Il Partito della Libertà (FPÖ, di destra) e il Partito Popolare (OVP, conservatori) non hanno trovato l’accordo per un esecutivo che, comunque, sarà il più a destra dal secondo dopoguerra. Il leader del Partito della Libertà, Herbert Kickl, che ha vinto le elezioni parlamentari a settembre, per la prima volta nella sua storia, ha chiesto «una drastica riduzione del diritto d’asilo».
L’Austria ospita una numerosa popolazione di rifugiati siriani, circa 100.000 persone. Dopo la caduta di Bashar al-Assad a dicembre, Vienna ha congelato le domande di asilo pendenti presentate dai siriani, per riesaminare la loro situazione. E ha posto fine ai ricongiungimenti familiari, oltre che inviato almeno 2.400 lettere di revoca dello status di rifugiato. Il Ministero dell’Interno, dal canto suo, ha appena dichiarato che sta preparando «un programma coerente di rimpatrio ed espulsione in Siria».
Il governatore della Carinzia, Peter Kaiser, membro dei socialdemocratici, ha chiesto «le sanzioni più severe». Poi ha aggiunto che «l’Austria e l’Unione Europea hanno bisogno di attuare delle direttive molto restrittive in materia di immigrazione e asilo». Ancora una volta, infatti, si tratta di terrorismo islamico legato all’immigrazione. Come a Monaco. Medesima strategia, diversa tattica. L’afghano che ha ucciso a Monaco di Baviera aveva fatto l’ormai ben noto e collaudato iter. Nel 2016, era arrivato con il classico barcone nella Locride, da lì un breve soggiorno a Brescia e poi la richiesta di asilo rifiutata in Germania, dove, però, è potuto restare, seminando infine panico e morte a bordo della sua Mini Cooper. Quando la Germania l’aveva accolto, gli avevano diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress, per il viaggio che aveva fatto. Forse è lo stesso disturbo che l’ha portato ad uccidere. Su mandato di Allah, però, per «andare in paradiso», dice lui.
I jihadisti fai-da-te aggrediscono poliziotti, militari, passanti, sacerdoti e bambini. Ma se gli esecutori di attentati con armi bianche e veicoli sono spesso terroristi non professionisti, non vuol dire che la loro azione sia improvvisata o imposta da ragioni personali, frustrazione o problemi psichiatrici, come in Europa si usa ripetere per mitigare la matrice islamica delle azioni terroristiche. Lo Stato Islamico, non a caso, definisce “soldato” chi compie azioni come quella di Villaco. Anche in questo inizio di 2025, resta evidente che l’Europa è ancora sotto tiro. Le conferme sanguinose sono sempre più frequenti. Il terrorismo è ovunque e parlare di “lupi solitari” è il primo errore, che induce a trattare gli attentatori in un certo modo, senza la giusta punizione.
Manaf Hassan, giornalista tedesco-siriano, ha pubblicato l’ormai famosa foto dell’attentatore su 𝕏 commentando: «Il sangue e le lacrime non si sono asciugati. E passiamo all’attentato successivo. Un siriano accoltella a caso dei passanti a Villaco. È morto un quattordicenne. E l’autore? Ride e alza il dito. Ci ride in faccia e non ha paura. Incredibile». Non è un fatto di cronaca. È molto di più. Abbiamo importato la barbarie e l’abbiamo chiamata “multiculturalismo”.