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IN PRIMA LINEA

Attentati contro i preti. La Mafia devota esiste solo nei film

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Non solo nei paesi afro-asiatici, ma anche in Italia i sacerdoti rischiano la vita. Dove sono in prima linea, le mafie li attaccano, anche con atti violentemente sacrileghi. 

Ecclesia 01_03_2024
Don Maurizio Patriciello, minacciato dalla Camorra (La Presse)

Sbaglia chi pensa che fare il prete sia un "mestiere" pericoloso solamente in Africa subsahariana, in Asia o in Medioriente. Lo dimostrano alcune notizie registrate in questi giorni dalle cronache locali. Nemmeno in Italia, la prediletta di Dio, l'abito talare scoraggia più a compiere intimidazioni e persino atti sacrileghi. 

Ne sa qualcosa don Maurizio Patriciello, parroco del Parco Verde di Caivano divenuto ormai un volto simbolo della lotta anti-camorra. Nelle scorse settimane il gip di Napoli ha emesso 13 misure cautelari nei confronti di alcuni presunti membri della criminalità organizzata  a cui è stato contestato di aver fatto esplodere, la notte tra il 12 e il 13 marzo 2022, una bomba davanti al cancello della chiesa San Paolo Apostolo proprio per spaventare il sacerdote. Nell'omelia di domenica scorsa, don Patriciello ha denunciato di aver ricevuto nuove minacce ed ha riferito di aver visto due auto sospette vicino alla chiesa. A Francolise, in provincia di Caserta, lo scorso sabato si è passati direttamente ai fatti ed è stata bruciata l'automobile, parcheggiata davanti alla sua abitazione, del parroco di Sant'Andrea del Pizzone don Marcos Aparecido de Goes. Dalle immagini esaminate dai carabinieri si è potuto appurare come le fiamme siano state provocate volontariamente da un uomo che ha gettato liquido infiammabile sulla macchina. 

Un altro episodio, forse ancora più grave, è avvenuto sempre sabato ma in Calabria, precisamente a Pannaconi, frazione di Cessaniti, in provincia di Vibo Valentia. Mentre celebrava Messa nella chiesa di San Nicola, il parroco don Felice Palamara si è reso conto al momento della consacrazione che dalle ampolle del vino e dell'acqua proveniva un odore insolito. Al prete è bastato avvicinare la bocca al calice per essere colto da un malore. Da un'analisi successiva sul contenuto delle ampolle si è scoperto che qualcuno vi aveva versato della candeggina. Don Palamara era già stato oggetto, anche recentemente, di alcune minacce per le sue campagne pro-legalità in un comune del vibonese attualmente commissariato a seguito di un'inchiesta della Dda di Catanzaro su infiltrazioni mafiose.

Un'azione criminale che avrebbe potuto provocare la morte del parroco, già cardiopatico, e che si configura anche come atto sacrilego contro il Sangue di Cristo. Questi fatti di cronaca nera, purtroppo raccolti solo da giornali locali e solo in sporadici casi da quelli nazionali, dipingono una situazione ben diversa da quella ancora riprodotta nei film e nelle serie tv che ancora propongono boss e clan rispettosi - se non collusi - di Chiesa, clero e liturgie. Da una parte, dunque, la finzione delle produzioni cine-televisive, dall'altra la realtà di un'inconciliabilità tra il Vangelo e la criminalità organizzata che hanno ricostruito in un libro-dossier, La scomunica della cupola (Di Carlo Edizioni), i giornalisti Fabio Beretta e di Damiano Mattana. L'inchiesta ha analizzato come le mafie abbiano strumentalizzato sacrilegamente riti, preghiere e ogni aspetto del cattolicesimo per legittimare il proprio operato. Il boom di attentati ai danni di preti anti-clan è la conseguenza di una Chiesa che difende la propria comunità dai soprusi dei soliti prepotenti, in nome degli insegnamenti evangelici e delle direttive di diocesi e Santa Sede.

Mattana, uno degli autori del libro, ha commentato con la Nuova Bussola gli ultimi episodi di cronaca spiegando che «nel momento in cui un sacerdote è soggetto a intimidazioni, più o meno reiterate, è chiaro che il suo ministero sta colpendo nel segno perché contribuisce a creare quella cultura della legalità e dell'aiuto reciproco che, in contesti di periferia particolarmente problematici, costituisce il principale deterrente all'azione della criminalità organizzata». Per Mattana «colpire un sacerdote nel momento più alto del suo ministero, ovvero la celebrazione della Messa, ci dice chiaramente che chi compie questi atti non è un timorato di Dio. Almeno non del Dio in cui credono i cattolici». A proposito dell'ultimo episodio di Pennaconi a cui, come detto, il grave atto di intimidazione ai danni del parroco è affiancato dall'atto sacrilego della violazione del Sangue di Cristo, l'autore di La scomunica della cupola ha ricordato alla Nuova Bussola che «non si tratta del primo atto simile nei confronti di un sacerdote, specie in Calabria. Nel Vibonese, anche altri sacerdoti hanno subito atti di intimidazione, come don Francesco Pontoriero, parroco di Cessaniti. Episodi che si sono ripetuti e si stanno ripetendo nelle ultime settimane, con un trend che ha iniziato a destare preoccupazione a livello diocesano e che si configurano come una volontà, da parte delle mafie, di ribadire la loro predominanza sul territorio, arrivando a minacciare con più frequenza proprio coloro che svolgono il loro ministero con semplicità e quotidianità».

Le macchine incendiate e i calici avvelenati fanno meno rumore degli ormai famosi "inchini" con cui la criminalità organizzata cerca di appropriarsi di espressioni della devozione popolare per autolegittimarsi, ma sono la prova più lampante di quanto violenza e cristianesimo rappresentino un ossimoro.