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L'ATTENTATO E LE SUE CONSEGUENZE

Attacco a Mosca, dubbi russi anche dopo la rivendicazione dell'Isis

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L'Isis ha rivendicato l'attentato al Crocus City Hall di Mosca, l'attacco in cui sono stati uccisi 137 russi. E ha fornito le prove. Tuttavia a Mosca sono convinti che ci sia dietro la mano dell'Ucraina. In realtà possono essere vere l'una e l'altra ipotesi assieme. 

Esteri 25_03_2024
Uno dei sospetti del Crocus City Hall a processo a Mosca (La Presse)

La strage al Crocus City Hall, nella città di Krasnogorsk alla periferia di Mosca, sembra abbia provocato almeno 137 morti e un gran numero di feriti tra la folla affluita per un concerto. Le valutazioni circa le responsabilità dell’attento compiuto da 4 terroristi a quanto pare tagiki, armati di kalashnikov e bombe incendiarie, sono tutte da valutare considerato che le rivendicazioni effettuate dallo Stato Islamico non sembrano convincere Mosca.

Nel tardo pomeriggio del 22 marzo la sala concerti è stata messa a ferro e fuoco da 4 uomini che indossavano mimetiche di tipo militare: dopo aver freddamente sparato sulla folla giustiziando i feriti rimasti a terra hanno abbandonato armi ed equipaggiamento riuscendo a dileguarsi a bordo di un veicolo Renault bianco, lo stesso a bordo del quale sono stati arrestati nella regione di Bryansk mentre si dirigevano verso l’Ucraina. Un aspetto che denota una certa approssimazione nel piano di fuga del gruppo terroristico che ragionevolmente avrebbe dovuto prevedere che i terroristi si dividessero utilizzando diversi mezzi di trasporto.

Eppure, dagli elementi resi noti, l'attacco sembrava ben pianificato: ha preso il via contemporaneamente nell'auditorium e nel foyer, dove le persone erano ancora in coda per entrare nella sala dove erano attese oltre 6mila persone mentre l’incendio appiccato dai terroristi ha poi fatto crollare il tetto dell'edificio e i vigili del fuoco hanno impiegato ore per domarlo. L’Fsb (ex Kgb) ha arrestato nella notte tra il 22 e il 23 marzo i quattro accusati di avere compiuto l'assalto con altre sette persone, tutti tagiki

Il deputato Alexander Khinshtein, capo della commissione per la politica dell'informazione della Duma, ha affermato che a bordo sono stati trovati passaporti tagiki mentre secondo l'Fsb i sospettati hanno cercato di fuggire verso il vicino confine con l'Ucraina dove avevano "contatti". In un video di tre minuti uno dei quattro arrestati ha ammesso in un primo interrogatorio sommario di avere accettato di partecipare all'azione per soldi (appena 5mila euro) dopo avere seguito online le "lezioni" di un "predicatore".

Lo Stato Islamico ha rivendicato per due volte l’attentato mostrando i quattro suoi "combattenti" col viso coperto e poi mettendo in rete i video dei telefonini dei terroristi mentre uccidevano all’interno della sala concerti. L'agenzia di stampa dell’Isis, Amaq , ha scritto su Telegram che "l'attacco si inserisce nel contesto di una guerra furiosa tra lo Stato Islamico e i Paesi che combattono l'islam. I combattenti dello Stato islamico hanno attaccato un grande raduno cristiano nella città di Krasnogorsk, alla periferia della capitale russa, Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando una vasta distruzione prima di ritirarsi in sicurezza nelle loro basi".

Da Washington fanno sapere di aver avvertito la Russia a inizio mese del rischio di attacchi da parte dell'ISIS-Khorasan, il ramo afghano dello Stato Islamico, mentre fonti di intelligence hanno riferito di aver ricevuto segnali di possibili attacchi "già da novembre". Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, ha confermato che il governo statunitense aveva informazioni su un attacco pianificato a Mosca, cosa che aveva fatto scattare l'avvertimento del dipartimento di Stato ai cittadini americani, e ha sottolineato che Washington aveva condiviso le informazioni con le autorità russe in conformità con la sua politica di lunga data del "dovere di avvertire".

Anche se i media occidentali se ne sono occupati poco o nulla, i russi non hanno mai cessato d combattere i gruppi jihadisti, dal Caucaso alla Siria. Il 3 marzo scorso le forze di sicurezza russe avevano eliminato sei sospetti jihadisti in un'operazione in Inguscezia, nel Caucaso settentrionale, mentre il 7 marzo una cellula dell'Isis nella provincia di Kaluga, che intendeva attaccare una sinagoga a Mosca, era stata smantellata dall’Fsb. In precedenza gruppi jihadisti ceceni hanno colpito duramente la Russia con attentati molto sanguinosi fin dalla fine degli anni ’90.

L’Isis e in particolare la branca attiva in Afghanistan (Isis-Khorasan) aveva già colpito la Russia: l’azione più eclatante è stata l’esplosione nella metropolitana di San Pietroburgo, nel 2017, dove vennero uccise 15 persone e 45 restarono ferite. Meglio però non dimenticare che l’intero Stato Islamico, così come le sigle che si riconoscono in al-Qaeda e le milizie di Cecenia, Daghestan e altre regioni caucasiche hanno ottime ragioni per colpire i russi il cui intervento in Siria, nel settembre 2015 ha permesso alle truppe di Bashar Assad (che godevano anche dell’aiuto iraniano) di vincere la guerra civile e annientare molte formazioni jihadiste oggi ridotte a presidiare pochi “santuari” nella regione settentrionale.

A Mosca la rivendicazione dell’Isis non sembra però godere di molta credibilità e del resto diversi aspetti dell’azione effettuata dal commando tagiko suscitano qualche perplessità. I jihadisti hanno compiuto l’attacco per denaro, non per motivazione ideologica e il loro piano di fuga non prevedeva che i 4 si separassero, né veicoli alternativi alla Renault bianca utilizzata per lasciare Krasnogorsk. Inoltre l’arruolamento sui social lascia qualche dubbio perché è difficile organizzare un attacco così complesso senza complesse attività addestrative 

Dmitry Medvedev, vice capo del Consiglio di sicurezza nazionale, ha lasciato intendere che dietro l'attacco ci sia l'Ucraina e il portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha sottolineato che «negli ultimi anni il regime di Kiev ha condotto attività terroristiche attive e sistematiche contro i russi», ricordando tra l'altro diversi «attentati contro personaggi pubblici e giornalisti». «Tutti coloro che hanno sparato e ucciso persone sono stati arrestati mentre cercavano di nascondersi e si dirigevano verso l'Ucraina, dove, secondo le prime indagini, era stato predisposto un varco dal lato ucraino per attraversare il confine», ha detto il presidente russo Vladimir Putin. Anche i servizi di sicurezza interna russi (Fsb), citati dall'agenzia di stampa russa Ria-Novosti hanno evidenziato che «dopo aver commesso l'attacco terroristico, i criminali intendevano attraversare il confine e avevano contatti importanti sul lato ucraino».

A Kiev il consigliere presidenziale Mikaylo Podolyak ha risposto che «qualsiasi tentativo di collegare l'Ucraina all'attacco terroristico è assolutamente insostenibile» e che la versione dei servizi russi è "assurda".

Il premier polacco Donald Tusk ha detto di sperare che la Russia non usi l'attacco di Mosca «per un'escalation della violenza» in Ucraina e il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha condannato «i terribili attacchi a Mosca e il terrorismo in tutte le sue forme». La Casa Bianca ha confermato che gli Stati Uniti avevano avvertito i russi all'inizio di marzo di un attacco terroristico che avrebbe potuto colpire "grandi raduni" a Mosca, tra cui concerti, come aveva scritto sul suo sito l'ambasciata americana.

La volontà di cooperare con la Russia nella lotta al terrorismo è stata sottolineata in conversazioni telefoniche avute con Putin dai leader di Bielorussia, Uzbekistan, Kazakhstan e Turchia. L'attacco a Mosca «prova che le crisi regionali devono essere risolte pacificamente il più presto possibile», ha sottolineato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che recentemente ha confermato la sua volontà di agire da mediatore nel conflitto ucraino.

Il Ministero degli esteri ucraino ha respinto «categoricamente le accuse che i funzionari russi hanno iniziato a muovere» secondo cui l'Ucraina sarebbe coinvolta nella sparatoria alla sala concerti Crocus. «Riteniamo che tali accuse siano una provocazione pianificata da parte del Cremlino per alimentare ulteriormente l'isteria anti-ucraina nella società russa, creare le condizioni per una maggiore mobilitazione dei cittadini russi affinché partecipino all'aggressione criminale contro il nostro Paese e screditare l'Ucraina agli occhi della comunità internazionale».

Anche la Legione Russa della Libertà, un gruppo di combattenti russi anti-Cremlino che effettua regolarmente incursioni armate nelle regioni di confine con la Russia, ha negato qualsiasi coinvolgimento nell'attentato. «Sottolineiamo che la Legione non combatte i civili russi», ha detto il gruppo su Telegram, accusando «il regime terroristico di Putin» di aver «preparato» questa «sanguinosa provocazione» così come la sua «copertura mediatica».

In realtà la pista jihadista che vede l’Isis rivendicare l’attacco terroristico non è necessariamente disgiunta dalla pista ucraina poiché fin dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale migliaia di volontari ceceni, siriani, georgiani e di altre repubbliche caucasiche ed ex sovietiche si arruolarono in battaglioni di volontari islamici che combattevano con Kiev contro le truppe russe. Alcune immagini mai verificate nella loro autenticità mostravano addirittura simboli dello Stato Islamico sulle uniformi di alcuni combattenti stranieri in Ucraina.

Si trattava per lo più di ceceni e caucasici che intendevano confrontarsi sul campo di battaglia con i reparti Akhmat messi in campo dal ministero dell’Interno della Cecenia governata da Ramzan Kadyrov, stretto alleato di Putin. Allo stesso modo diversi volontari siriani provenienti dai reparti e dalle milizie filogovernative si sono arruolati con i russi in contrapposizione ai miliziani dei gruppi jihadisti siriani che militano sotto le bandiere ucraine.

Anche per queste ragioni non si possono al momento escludere sovrapposizioni tra pista jihadista/Isis e pista ucraina. Inoltre i servizi segreti militari ucraini (Gur) già in passato avevano organizzato uccisioni di civili in territorio russo colpevoli di sostenere l’iniziativa militare di Mosca in Ucraina tra i quali i noti Darja Dugina e il blogger Vladien Tatarsky.