Assalto alle opere Sembra guerra
Sequestrati beni per oltre un milione alla Fondazione Meeting, con l'accusa di truffa aggravata. "Ipotesi di reato infondata, bilanci sempre trasparenti", risponde la Fondazione. Ma è solo l'ultimo episodio di una serie, che punta a ridurre gli spazi per i cristani.
E ora tocca al Meeting di Rimini. Ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per oltre un milione di euro alla Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli e denunciato tre suoi dirigenti per truffa aggravata: secondo l’accusa, attraverso rapporti con altre società legate alla Compagnie delle Opere sarebbero stati tarati i bilanci al fine di conseguire delle perdite e poter così percepire illecitamente fondi da enti pubblici.
L’ipotesi di reato è infondata, ha risposto con un comunicato la Fondazione Meeting: “Nella sua storia ultra trentennale il Meeting ha sempre operato con la massima trasparenza e non è mai stato riscontrato alcun tipo di irregolarità nella gestione”. E anche sul caso specifico “siamo certi di aver operato con la massima correttezza, confortati anche da documenti in nostro possesso e già da tempo messi a disposizione nel corso delle indagini”.
Inoltre la Fondazione Meeting lamenta la sproporzione nella misura del sequestro preventivo. In effetti il valore dei beni sequestrati è di oltre un milione di euro, quando la cifra contestata è di 300mila euro, che sono peraltro una piccola parte del budget del Meeting.
Fin qui la cronaca. Ma ormai registrare la cronaca non basta più, c’è un concatenarsi di eventi che fa nascere più di una domanda. Prima l’assalto alla Regione Lombardia e soprattutto al suo governatore Roberto Formigoni, costretto a dimettersi senza essere stato incriminato di qualcosa che non fossero pettegolezzi sulle vacanze e sulle camicie indossate. Poi la Compagnia delle Opere, ora il Meeting di Rimini, che da tempo viene marcato stretto dalla Finanza alla spasmodica ricerca di qualcosa di irregolare. Un po’ troppo in pochi mesi - e da diverse procure - per non avere la sensazione che sia iniziata una guerra. Non solo alle opere e alle presenze che – a torto o a ragione – vengono collegate a Comunione e Liberazione, ma a tutto ciò che testimonia la presenza viva dei cattolici nella società e che non è riconducibile allo Stato.
La vicenda dell’Imu applicata agli enti no profit, ad esempio, è un siluro contro tutte le scuole paritarie, molte delle quali rischiano concretamente di chiudere. E non va meglio agli enti assistenziali: varrà la pena ricordare, a questo punto, che la campagna per “far pagare le tasse alla Chiesa” era stata lanciata nell’estate 2011 dal Gran Maestro Gustavo Raffi (Grande Oriente d’Italia, la massoneria) e l’attuale governo non sembra disposto a ostacolarla (ovviamente è sempre l’Europa che ce lo chiede).
Può essere certamente una coincidenza, fatto sta che negli ultimi due anni la Chiesa e i cattolici vengono a turno descritti sulla stampa come pedofili, truffatori, evasori fiscali e via di questo passo. Con che coraggio questa combriccola di poco di buono può alzarsi a invocare il rispetto della moralità e della legge naturale quando in Parlamento si promuovono il divorzio breve, l’incesto, le unioni gay, l’aborto chimico e nelle aule di tribunale l’eutanasia e la fecondazione artificiale?
E certo è una coincidenza che - come indicavamo alcuni giorni fa a proposito dell’evoluzione politica – nel farsi e disfarsi degli schieramenti partitici i cattolici si trovano sempre più stritolati e fuori posto in tutte le aggregazioni.
Non è invece una coincidenza che nel periodo liturgico in cui si attende che la Presenza si faccia carne, venga fra di noi, ci sia chi si dà da fare per eliminare quella presenza dal mondo.