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LA GUERRA SIRIANA

Assad perde l'appoggio degli alawiti

In un documento i leader degli alawiti (circa il 12% della popolazione) prenderebbero le distanze dal regime di Bashar al Assad, alawita anch'egli. Ma ora con questa mossa sembrano aver abbandonato il presidente alle prese con l'offensiva verso la riconquista di Raqqa.

Esteri 04_04_2016
Una manifestazione pro Assad

Riconquistata Palmira con le sue famose e affascinanti rovine arabo-romane, l’offensiva  a tenaglia contro lo Stato islamico sta segnando il passo. In forza di un’evidente intesa russo-americana, con un’eco mediatica irrisoria rispetto alla sua importanza obiettiva, l’offensiva era iniziata verso la metà dello scorso mese. Il territorio sotto il controllo del cosiddetto Stato Islamico è stato attaccato da due parti.

Da ovest forze del governo di Assad, rafforzate da consiglieri militari russi e con appoggio aereo russo, si sono mosse in direzione di Palmira avendo come obiettivo finale Raqqa, la città siriana non lontana dal confine siro-iracheno che lo Stato Islamico ha trasformato nella sua capitale.

Contemporaneamente da est forze del governo di Bagdad con l’appoggio di milizie sciite si sono mosse in direzione della piana di Ninive avendo come obiettivo finale la riconquista di Mosul. Mentre però Assad e i suoi alleati russi sono riusciti a riprendere Palmira, le forze del governo di Bagdad si sono ben presto fermate senza riuscire nemmeno ad  addentrarsi nella piana di Ninive. A questo punto l’offensiva sembra essersi esaurita.

Assad e i suoi alleati russi sono fermi attorno a Palmira in attesa di vedere se le forze del governo di Bagdad riescono a impegnare seriamente lo Stato Islamico. Se ciò non fosse l’avanzata russo-siriana verso Raqqa diventerebbe più difficile se non troppo rischiosa. La fragilità, già in passato spesso dimostrata, delle truppe del governo di Bagdad rischia insomma di far fallire un’operazione che, concludendosi con la caduta dello Stato Islamico, darebbe comunque un forte contributo alla causa della pace nel Vicino e Medio Oriente.

Da un punto di vista prettamente militare si pone in ogni caso il problema dell’appoggio aereo. Mentre infatti le forze di Assad  ne dispongono grazie all’alleato russo, quelle del governo di Bagdad ne sono prive, né si vede chi glielo potrebbe fornire. Non gli Stati Uniti, indiretto “grande fratello” di Bagdad, il cui ritorno in  armi in Iraq provocherebbe però di certo contraccolpi insostenibili. Nemmeno però i russi cui gli americani non potrebbero consentire un ulteriore ampliamento della loro presenza nel Medio Oriente. 

Inutile ad ogni modo cercare echi di questa complessa e ardua questione sulle prime pagine dei nostri giornali e telegiornali. Evidentemente chi tiene le fila del sistema mediatico mondiale ha deciso che il grande pubblico non se ne deve né occupare né preoccupare.

L’unica luce in tanta ombra è soltanto la notizia, lanciata dalla Bbc, della pubblicazione in Siria di un documento nel quale alcuni leader degli alawiti, di cui non si dicono i nomi, prenderebbero le distanze dal regime di Bashar al Assad. Gli alawiti, circa il 12 per cento degli abitanti della Siria (almeno fino allo scoppio della guerra), sono una minoranza religiosa islamica ritenuta eretica dalla maggioranza dei musulmani.

Essendo gli Assad alawiti, sotto il loro regime gli alawiti stessi hanno perciò goduto di una condizione di vantaggio. Inevitabilmente vengono quindi considerati parte dell’ordine costituito del regime, fondato dal padre di Bashar, Hafez al Assad, circa quarant’anni fa. E’ questa ovviamente un’identificazione presto o tardi destinata a diventare molto ingombrante.

Sia la sua fine prossima o no, quando terminerà il regime di Assad il problema si porrà comunque, e in ogni caso un documento del genere non basterà a risolverlo. C’è quindi da domandarsi  se il documento sia autentico; e se lo fosse resta ancora da chiedersi quanto siano rappresentativi coloro che l’hanno firmato.  Mentre insomma non si dice che l’offensiva contro lo Stato Islamico sta segnando il passo, tutto lo spazio che viene dato al fantomatico documento sembra piuttosto un modo per evitare che il grande pubblico si interessi di ciò che più conta. Della stessa…cortina fumogena fa parte anche la questione del restauro delle rovine di Palmira, certamente importante ma al momento del tutto prematura.

E’ tutto un circolare di affermazioni generiche e di foto prese con i telefonini quando, se lo si fosse voluto, si potrebbe già disporre di una rilevazione completa a mezzo di droni dell’intera area archeologica, comprese le aree che si teme siano minate o comunque pericolose. Forse tanta genericità copre il fatto che i danni sono per fortuna molto inferiori a quanto si era detto, e non si sa più come spiegarlo. Tanto più che allora qualcuno potrebbe domandare come mai, con tutti i satelliti-spia di cui le grande potenze dispongono,  si erano sempre tenuti per buoni i filmati diffusi dallo cosiddetto Stato Islamico, diversi dei quali erano chiaramente sospetti.