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IL LIBRO

Antonelli lancia l'allarme sul "cristianesimo secolarizzato"

In "Fedeltà e rinnovamento", edito da Ares, l'arcivescovo emerito di Firenze non fa i nomi ma denuncia chiaramente la tendenza a operare un "discernimento capovolto" che sottomette la fede alla cultura dominante.

Ecclesia 21_10_2023

In uno dei briefing con la stampa della scorsa settimana, riportando in maniera generica gli argomenti discussi dai padri sinodali, la Commissione per l'Informazione ha riferito che al Sinodo è stata evidenziata la necessità di un incontro tra verità ed amore perché «la verità senza amore è ideologia». Nessun accenno, invece, all'altro lato della medaglia: che cos'è l'amore senza verità? Francesco lo aveva spiegato bene in un discorso alla Cei del 2014: «Senza la verità, l’amore si risolve in una scatola vuota, che ciascuno riempie a propria discrezione: e un cristianesimo di carità senza verità può facilmente essere scambiato per una riserva di buoni sentimenti». 

A lanciare l'allarme su quella che ritiene una «visione del cristianesimo riduttiva e conformista» ci ha pensato il cardinale Ennio Antonelli, già presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, segretario della Cei ed arcivescovo di Firenze. Lo ha fatto in un libro, Fedeltà e rinnovamento. Una riflessione teologica e filosofica (Edizioni Ares, Milano 2023), che merita di essere considerato un contributo importante al dibattito ecclesiale. 

Un'opera che nasce come reazione alla circolazione di una «pericolosa e deviante tendenza teologica (...) che dà l’impressione di essere attenta più alla mentalità postmoderna che alla Tradizione della fede cattolica». Non è un'accusa generica perché Antonelli sa chi sono gli autori degli «errori contestati», ma preferisce non farne i nomi. Un proposito rivendicato nel libro e anche nell'incontro dello scorso giovedì con un circolo ristretto di lettori  all'Institut français Centre Saint-Louis per la presentazione del nuovo libro di padre Serge-Thomas Bonino, Dieu, Alpha et Omega. Création et Providence (ed. Parole et Silence, Sion 2023). L'ex presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ha spiegato di essersi proposto di non citare esplicitamente chi sbaglia per evitare «sterili discussioni».

Ma la sua denuncia non è fraintendibile. «La pubblicazione di questo libro – ha scritto nella sinossi del testo letta all'istituto francese – è provocata da una tendenza, che attraversa il panorama della teologia cattolica contemporanea e lo inquina, riprendendo e rielaborando il Modernismo di inizio Novecento». Dalle tesi moderniste dello scorso secolo derivano alcune posizioni oggi largamente diffuse: la fede sarebbe «esperienza esistenziale di fiducia in Dio, atteggiamento pratico, senza conoscenza intellettuale» che, anzi, si ridurrebbe alla «naturale autotrascendenza dell’uomo, implicita nel compiere il bene e potrebbe trovarsi perfino in chi ritiene di essere ateo».

In continuità con il Modernismo anche la pretesa di presentare Gesù di Nazareth non come vero Dio e vero uomo, ma «soltanto un uomo straordinario». Sulla stessa falsariga anche la posizione di chi ritiene che «non sarebbero ammissibili interventi speciali di Dio nel mondo creato e nella storia umana, come i messaggi consegnati ai profeti, i miracoli al di sopra delle forze naturali, l’incarnazione del Verbo eterno in Gesù di Nazaret». Come ha detto Antonelli durante l'incontro, in base a questa devianza teologica «non sarebbe normativo l’insegnamento di Gesù ma solo il suo atteggiamento di apertura a tutti». Ne deriva, poi, che «la liturgia, poiché si riduce a un insieme di riti religiosi comunitari, andrebbe completamente adattata e cambiata secondo le culture, i luoghi e i tempi», mentre «l’evangelizzazione si dovrebbe limitare alla promozione dei comuni valori umani» e la stessa Chiesa «andrebbe riorganizzata in senso democratico».

Nella sintesi del suo libro, il cardinale ha – come si suol dire – rimesso la chiesa al centro del villaggio ricordando che  «i dogmi definiti dalla Chiesa sono punti fermi che non bloccano lo sviluppo» ma sono «come segnali che indicano la direzione per andare avanti, senza dannose deviazioni e ricadute all’indietro, verso una più ricca esperienza e comprensione del Mistero inesauribile». Al tempo stesso, precisando il rapporto tra interpretazione della Divina Rivelazione e cambiamenti culturali, il cardinale afferma che «le culture contribuiscono all’inculturazione della fede ponendo domande, offrendo nuove prospettive e categorie per la comprensione, liberando da pregiudizi culturali obsoleti, suggerendo molteplici modalità di espressione e di azione» ma «non sono però criterio di giudizio e di verità» perché «solo la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero costituiscono la norma per il discernimento». 

Nel suo intervento, il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Famiglia ha accusato una certa tendenza teologica di fare «discernimento capovolto» nel senso che «invece di selezionare le idee del mondo secondo il criterio della fede, selezionano le verità delle fede secondo la cultura dominante nel mondo accolta acriticamente». Nel libro, Antonelli è stato ancora più esplicito e nello stilare l'elenco delle posizioni di questa reinterpretazione completa del cristianesimo destinata ad accontentare la mentalità postmoderna ha riportato anche la convinzione di chi ritiene che «nella Chiesa i pastori dovrebbero essere considerati rappresentanti della comunità dei credenti, delegati da essa e da essa eletti, tra uomini e donne, senza discriminazione di genere» e che «le decisioni dottrinali e operative dovrebbero essere prese a maggioranza in assemblee di tipo parlamentare».

Il cardinale non si limita a denunciare quello che chiama il «cristianesimo secolarizzato» ma indica in più capitoli quale sia la strada da seguire per «accogliere le istanze valide del mondo contemporaneo rimanendo fedeli alla dottrina rivelata da Dio e professata dalla Chiesa» nell'ottica di quel binomio tra fedeltà e rinnovamento scelto per il titolo.

È interessante notare che il contributo di Antonelli, prelato restio alle polemiche come dimostrato anche dalla scelta di non fare i nomi degli autori teologicamente devianti, arriva mentre è in corso il Sinodo sulla sinodalità che terminerà l'anno prossimo: nel 2015, a pochi mesi dall'inizio del Sinodo sulla famiglia da cui scaturì Amoris Laetitia, il cardinale scrisse (sempre per Ares e con la prefazione del cardinal Elio Sgreccia) Crisi del Matrimonio & Eucaristia in cui entrava nel dibattito sull'accesso all’eucarestia ai divorziati risposati sostenendo che fosse ammissibile solo in determinate situazione e a patto che si fosse in presenza di una «perfetta continenza sessuale» e il proposito «a vivere come fratello e sorella».

Un tema che, come sappiamo, è tornato d'attualità in queste settimane dopo la pubblicazione della risposta del prefetto del dicastero per la dottrina della fede, il cardinale Victor Manuel Fernandez che ai Dubia sottoposti dal cardinale ceco Dominik Duka ha spiegato che Francesco ha permesso che «in certi casi, dopo un adeguato discernimento, l'amministrazione del sacramento della Riconciliazione anche quando non si riesca nel essere fedeli alla continenza proposta dalla Chiesa».