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RECIPROCITA'

All'Occidente va bene tutto, perché indifferente a tutto

Lo Stato riconosce la libertà religiosa, ma in un contesto di reciprocità internazionale. Invece accade che molte moschee siano finanziate dall’Arabia Saudita, il Paese nel quale non è possibile costruire ordinariamente chiese. i Paesi occidentali hanno messo in secondo piano la reciprocità perché non hanno più nulla da difendere.

Politica 04_05_2017

Caro direttore, molti (troppi) non si ricordano o fanno finta di non ricordarsi che, nel nostro Stato, è ancora vigente, a tutti gli effetti, l’articolo 16 delle disposizioni preliminari alle leggi, che così recita: “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere”.  Nel nostro ordinamento giuridico, dunque, esiste il principio di reciprocità, come mi era stato insegnato quando avevo studiato diritto internazionale all’università, dove, per laurearmi, feci una tesi sulla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, quella proclamata dall’ONU. E tale principio si applica alla attuazione dei “diritti civili”, cioè dei diritti fondamentali della persona.

Tra tali diritti occorre tenere presente quello previsto dalla nostra Costituzione, all’articolo 19: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale e associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume”. Sulla base di questo principio, penso che sia doveroso che il nostro Paese permetta agli stranieri di dare concreta attuazione a quanto previsto dall’articolo 19: la nostra civiltà giuridica non può fare passi indietro su questo punto e di ciò occorre tenere conto, per esempio, quando si parla della autorizzazione a costruire in Italia delle moschee (naturalmente, a spese dei fedeli di quella religione). Su questo non ci piove.

Ma, esiste un ma. Il nostro ordinamento giuridico dovrebbe verificare se nei Paesi da cui provengono i richiedenti delle autorizzazioni a costruire templi esista, per il principio di reciprocità, lo stesso diritto nei confronti di eventuali cittadini italiani che si rechino in quelle Nazioni. Come diceva e scriveva il compianto Card. Biffi, questo è un compito dello Stato italiano, non della Chiesa. Dato che il diritto alla professione religiosa è un diritto universale, lo Stato italiano deve tutelare il cittadino italiano che vive all’estero affinché egli possa esplicare tale diritto. Non si tratta di un problema “religioso”, ma di un problema istituzionale di diritto internazionale. Proprio per questo, giustamente gli islamici chiedono di potere costruire moschee in Italia. Ma gli italiani devono potere ottenere le stesse autorizzazioni nei Paesi a regime islamista. L’articolo 16 delle preleggi lo impone.

Di fatto, sta avvenendo che molte moschee che vengono costruite in Italia (e nell’intera Europa) sono finanziate dall’Arabia Saudita, e cioè proprio dal Paese nel quale non è possibile costruire ordinariamente chiese cristiane e dove non è possibile professare “in pubblico” la fede religiosa cristiana. Anche se con graduazioni molto diverse, il cittadino italiano trova le stesse difficoltà pure in tanti altri Paesi islamici. Non mi pare che sia giusto. E mi pare che occorrerebbe rivitalizzare il principio di reciprocità, per una elementare questione di giustizia, in relazione all’attuazione dei diritti della persona.

Ritengo che i Paesi occidentali abbiano messo in secondo piano il tema della reciprocità perché, nella sostanza, non hanno più nulla da difendere rispetto al resto del mondo, soprattutto in tema di libertà religiosa. Al governo italiano non interessa se un proprio cittadino possa o no esercitare in altri Paesi la professione della propria religione, perché la ritiene una questione totalmente secondaria, che, in realtà, non c’entra con la difesa dei diritti. Alle Nazioni invase dal relativismo interessano solo le questioni economiche; tutto il resto non conta. I Paesi arabi, a dire il vero, sanno con più scaltrezza abbinare alle questioni economiche quelle “religiose”. Quando hanno finanziato le squadre del Real Madrid e del Barcellona hanno preteso che da quegli stemmi venissero tolti i simboli delle croci. All’occidente, invece, va bene tutto, perché oramai esso è diventato indifferente a tutto.

Caro direttore, penso che non tutti siano d’accordo con quanto ti ho scritto: forse, potresti aprire una sorta di dibattito sul tema. Anche per verificare quanto interessi la reale libertà dei nostri cittadini.