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IL CASO

Alla base dei diritti e della loro tutela

Per garantire vita, salute ed educazione diventa indispensabile convergere sul loro fondamento e considerarli irrinunciabili.

Attualità 23_12_2011
Diritti umani

“Diritti umani” è una di quelle espressioni un po’ jolly e un po’ magiche. E’ una locuzione che in linea generale si può adattare a qualsiasi discorso – da quello politico a quello sociale, da quello culturale a quello etico – ed ha la proprietà straordinaria di nobilitare le affermazioni di ogni tipo con la sua aurea di binomio politicamente corretto. Però viene da chiedersi, grattando un po’ la superficie di questa accoppiata di termini così annerita da tanti dotti e fumosi discorsi, cosa si nasconda dietro a questi diritti fondamentali.

Il tema è stato oggetto di un dibattito organizzato dal Movimento per la Vita dal titolo “I pro life europei in Campidoglio per i diritti dell’uomo”
tenutosi a Roma lo scorso 10 dicembre, anniversario della firma della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’ONU. Ai partecipanti all’evento il Santo Padre ha rivolto un saluto ricordando che “il primo fra tutti i diritti è quello alla vita”. Primo, sia perché il più importante, quello che ha più peso valoriale, e primo anche perché ovviamente è la porta di accesso per poter far propri tutti gli altri diritti fondamentali: la salute, l’educazione, la conoscenza, etc.

La Dichiarazione universale solennemente dichiara nel suo preambolo che questi diritti esistono e devono essere tutelati.
Però c’è un inciampo: perché tutelarli? La domanda sembra banale, ma così banale non è se nemmeno gli estensori della Dichiarazioni si sono presi la briga di spiegarci il motivo per cui la vita, la salute, la proprietà sono beni così preziosi che meritano tutela. Insomma tutti d’accordo sull’esistenza di questi diritti e sul fatto che devono essere garantiti, ma non uguale concordia sul fondamento di questi diritti. La questione non è di lana caprina, dal momento che senza l’individuazione della fonte dei diritti dell’uomo, cioè del perché li chiamiamo diritti fondamentali, non è possibile tutelarli appieno. Se non troviamo la spiegazione razionale del perché ad esempio il genocidio è un atto abominevole, la stessa difesa di un’etnia oggetto di persecuzione diventa problematica anche sul piano pratico.

Dunque quale è la fonte dei diritti umani? Una tradizione di pensiero che parte dagli Stoici, intercetta Aristotele, prosegue con la Scolastica medioevale e approda ai giorni nostri con Maritain ed altri, sostiene che fonte dei diritti umani è la natura umana. Questa si può intendere come un fascio di inclinazioni che tendono ad alcuni beni. Detto in altri termini tutti noi naturalmente tendiamo al bene della vita, della salute, della conoscenza, etc. In noi, nel nostro DNA ontologico, è impressa una vera e propria sete di questi beni e se non la soddisfiamo moriamo assetati, seppur in senso morale. Perciò se la vita ad esempio è un bene significherà di conserva che dovrò tutelarlo e dovrò evitare tutte quelle condotte che potrebbero lederlo. Più nello specifico ciò comporta che avrò il dovere morale di curarmi, di condurre una vita sana e sul versante opposto non mi sarà permesso togliere la vita a nessuno, nemmeno a me stesso. In chiave giuridica i beni fondamentali prendono il nome di diritti fondamentali. E con il termine diritto si indica la pretesa giuridica di vedersi riconosciuti alcuni beni. Se la mia natura reclama il bene della vita perché è fondamentale per il mio essere uomo, vuol dire che pretende questo bene, che ha un diritto naturale su di esso.

Ecco allora che la titolarità dei diritti umani è infissa nella nostra natura, scaturisce dalla parte più intima ed essenziale di noi. Ciò ci porta a dire che questi diritti sono un po’ come i mattoni con cui è costruito l’edificio uomo: farli propri significa essere pienamente se stessi.

Questa visione che è propria della tradizione cristiana personalista è oggi la Cenerentola nel campo della filosofia del diritto.
Ad esempio Norberto Bobbio nel suo L’età dei diritti sosteneva che è vano trovare il fondamento assoluto dei diritti dell’uomo. Semmai questi sono frutto del consenso dei più. China pericolosa questa. Cosa succederebbe infatti e se la maggioranza decidesse che alcuni soggetti – il non nato, il moribondo, l’appartenente ad una particolare etnia etc – non sono più degni di essere titolari di questi diritti? Altri come Benedetto Croce o il giurista Gustavo Zagrebelsky sostengono che è la storia la fucina dei diritti fondamentali. Ma anche questa fondazione è fragile: e se i costumi e le abitudini diffuse indicassero che esistono persone di serie A con pieni diritti civili e persone di serie B con qualche diritto mancante sarebbe giusto avvallare la direzione verso cui spira il vento della storia?

Infine e da ultimo grande ascendente stanno avendo le neuroscienze. Se noi siamo solo materia e la parte più peculiare di noi è il nostro cervello è indubbio – così si sostiene - che vi siano soggetti le cui capacità intellettive sono perfette e dunque meritano l’assegnazione di tutti i diritti fondamentali. Altri però non brillano per medesimo acume o assumono condotte socialmente pericolose che provano che il loro status encefalico è nato delinquente e tale rimarrà: a tutti costoro è corretto non riconoscere tutti i diritti umani. Questo per dire che senza un fondamento nella natura dell’uomo i diritti di quest’ultimo sono i balia di idee che possono diventare nemiche dell’uomo stesso.