Al voto, ma con quali princìpi? Quelli non negoziabili
Votare per evitare i maneggi istituzionali e valutare i contenuti politici. Ma con quali princìpi? Rimane vero il criterio primario dei principi non negoziabili. L’elettore deve verificare se i partiti ammettono, oppure negano, oppure non si pronunciano nei confronti di vita, famiglia e libertà di educazione. Sinistra, Terzo polo, Centrodestra e partitini. Come orientarsi? E se nella scheda c'è un candidato invotabile, la "fedeltà" di partito non vale. Il vademecum elettorale della Bussola a un mese dalle elezioni politiche.
- LA NARRAZIONE PANDEMICA NELLE URNE di Andrea Zambrano
Cosa faremo in cabina elettorale il 25 settembre? Prima di tutto … ci andremo? Sì, questa volta sarà meglio andare a votare. Non si tratta di elezioni di poco conto, conseguenza solo di uno sgarbo fatto dagli “irresponsabili” al governo “pressoché perfetto” di Mario Draghi. Si tratta di elezioni importanti per due motivi: finalmente possiamo votare dopo una sfilza di governi nati da maneggi istituzionali, e votare per porre fine ad un sistema di governo, quello della sinistra, pronto a fare anche di peggio di quanto non abbia già fatto. Il voto non risolverà i problemi ma almeno ci darà una tregua costruttiva. Quindi, prima di tutto: andare alle urne e ricordare che si vota solo nella giornata di domenica 25 settembre.
Poi bisogna valutare i contenuti politici, ricordando però che la politica ha sempre anche un profondo significato morale, perché riguarda non solo le cose da fare, ma anche come governare le persone, vale a dire portandole verso il bene o verso il male. Da questo punto di vista rimane vero il criterio primario dei principi non negoziabili. L’elettore, davanti ai simboli elettorali deve verificare se i partiti ammettono, oppure negano, oppure non si pronunciano nei confronti di vita, famiglia e libertà di educazione. Per fare questo, prima di tutto bisogna leggere il programma e poi prendere atto di dichiarazioni dei responsabili dei partiti. Un partito, o una coalizione, che negasse espressamente i principi non negoziabili non potrebbe in alcun modo essere votato, anche se il suo candidato fosse un santo. Non si deve, infatti, collaborare al male. Un partito che non si pronunciasse su questi tre temi sarebbe meglio di uno che espressamente negasse i principi non negoziabili, ma sarebbe peggio di un partito che nel programma dichiarasse di volerli difendere. Ultimamente i principi non negoziabili sono stati trascurati. Da essi non si può però prescindere, perché vorrebbe dire abbandonare il criterio della legge naturale e tutto diventerebbe convenzionale o frutto della volontà del momento.
La coalizione di sinistra su questo è stata molto chiara. Essa vuole il matrimonio egualitario, il suicidio assistito, la legge Zan, la cannabis legale. Di recente hanno anche aggiunto l’idea dell’obbligo scolastico per la scuola materna, per consegnare i nostri bambini fin da subito nelle mani dello Stato, con soddisfazione del principio della libertà di educazione. Tutti questi temi contraddicono nella sostanza il bene comune e consolidano la dittatura del relativismo. Sono un “male comune” perché rovesciano i principi naturali della convivenza civile e mettono le mani su quanto è indisponibile.
I loro aspetti negativi non possono venire compensati da nessuna buona idea programmatica su altri argomenti. Di fatto molti cattolici militano in questo fronte o lo appoggiano, pensando che la politica sia laica verso la religione, ma in questo modo negano che essa abbia anche un legame con la ragione. A dire che il matrimonio omosessuale, o l’aborto di Stato, o l’eutanasia sono delle malvagità è proprio la ragione, prima ancora della religione, considerandole prima di tutto delle assurdità. Nella cabina elettorale dovremo aver ben presenti queste cose, perché la negazione dei principi non negoziabili rende la società un inferno. Un inferno è sempre un inferno, anche se voluto dalla maggioranza
Il cosiddetto “terzo polo” di Renzi e Calenda appartiene alla stessa cultura della coalizione di Letta e Bonino e dovrebbe rientrare nella medesima valutazione politica da parte dell’elettore. Infatti, bisogna tenere presente il caso di una coalizione che non dia tanto fiato alla lotta contro i principi non negoziabili per non allarmare gli elettori, ma che provenga dalla stessa cultura di chi li nega e abbia una storia similare alle spalle. Anche in questo caso non merita il voto.
I principi non negoziabili si chiamano “principi” e non sono solo “valori” perché si espandono oltre i loro ambiti specifici e si riflettono su tutta la società. Per esempio, la transizione ecologica così come viene intesa oggi non è accettabile perché dimostra sfiducia nell’uomo, nella procreazione e nella famiglia. La transizione digitale minaccia la vita della persona sottoponendola al controllo di un forte potere politico centrale, utilizzando la tecnologia come fonte e criterio di organizzazione sociale. La perdita di sovranità politica significa accettare di applicare decisioni su temi sensibili decise da poteri sovra-nazionali o globali senza avere la possibilità di controllarli. L’obbligo della frequenza alla scuola materna danneggia la famiglia e fa a pugni col principio di sussidiarietà e la libertà di educazione. Il biennio pandemico è stata una forma di dittatura sanitaria che ha prodotto danni sanitari e non solo. Vanno tenuti quindi presenti i tre principi della vita, della famiglia e della libertà di educazione comprese anche le loro diramazioni.
La coalizione di centrodestra e i nuovi piccoli partiti nati ultimamente, in diversa maniera, o non negano i principi non negoziabili, oppure ne parlano manifestando una volontà di perseguirli, seppure a diversi livelli. In questo caso, il voto dovrebbe tenere presente alcuni altri elementi. I partiti della coalizione non sono tutti uguali quanto ai criteri che abbiamo richiamato, il voto all’uno o all’altro può fare la differenza per convogliare il voto in modo da far emergere un partito di maggioranza relativa con posizioni accettabili sui grandi temi visti sopra, i piccoli partiti possono far disperdere il voto e indirettamente andare a favore della coalizione che si vorrebbe danneggiare. Queste decisioni vanno prese con prudenza.
Alla fine, l’elettore si troverà davanti non solo dei simboli di partito o di coalizione ma anche dei nomi di candidati, molti dei quali, purtroppo, collocati dai partiti nell’uninominale: l’elettore non può scegliere ma deve prendere o lasciare. In questo caso non è lecito scegliere un candidato decisamente non votabile per una fedeltà al voto di partito o di coalizione. In questi casi si rivolga ad altri partiti e, se nessuno dovesse andare bene, moralmente sarebbe meglio votare scheda bianca.