Agosto 1943, la resistenza sull'Etna prima della Resistenza
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Nell'agosto del 1943, durante la battaglia della piana di Catania, quando l'Italia era ancora alleata ufficialmente con la Germania, paesi sulle pendici dell'Etna si ribellarono alla brutalità dei nazisti. Fu la prima resistenza, prima ancora dell'armistizio e dell'inizio della Resistenza partigiana.
Agosto 1943. Meno di un mese dopo lo sbarco (il 10 luglio) delle truppe anglo-americane sulle coste meridionali e orientali della Sicilia si manifesta sulle pendici dell’Etna la prima resistenza di civili alla prepotenza violenta dei militari tedeschi. Ufficialmente ancora alleati di guerra dell’Italia, ma c’è stato il “25 luglio”: a Roma il Consiglio nazionale fascista sfiducia Mussolini, il re Vittorio Emanuele III rovescia il regime fascista, fa arrestare Mussolini e nomina primo ministro il generale Badoglio. Sul fronte di guerra si dissolve la forza militare italiana, emblematico è l’abbandono della munitissima base navale di Augusta e la fuga disordinata dei suoi marinai, la Piana di Catania diviene teatro di una battaglia memorabile, tra carri armati tedeschi e alleati, durata parecchi giorni e notti, da me seguita dalle pendici del vulcano.
E sulle pendici dell’Etna ci saranno: il 3 agosto la prima rivolta di numerosi cittadini di Mascalucia, a nord di Catania, con la morte di alcuni civili italiani e soldati italiani e tedeschi; lo stesso giorno, a distanza di poche ore, la prima cattura di 13 ostaggi nella piazza principale della vicina Pedara, in rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco compiuta da un abitante derubato del suo mulo, e la reazione armata di un centinaio di cittadini con in testa addirittura il Podestà; infine il 12 agosto la spavalda incursione di un reparto tedesco nella cittadina di Castiglione di Sicilia, con sparatorie e cattura di ostaggi, 16 dei quali vengono uccisi. Anche in altre località alle pendici dell’Etna (nei territori di Belpasso, Nicolosi, Tremestieri, Valverde) vi sono reazioni individuali di civili alle angherie dei militari tedeschi.
Ho ricostruito questi eventi di ottanta anni fa nel libro I fatti del 1943 di Pedara e Mascalucia e la Resistenza nella zona etnea edito da I.L.A. Palma, Palermo, nel 1977. È certamente servito a numerose altre inchieste di vari autori. Il 12 novembre scorso si è svolta una cerimonia ufficiale nel Teatro Bellini di Catania, protagonista il Prefetto che ha consegnato al Sindaco di Mascalucia la Medaglia d’argento al merito civile e a quelli di Belpasso, Nicolosi, Pedara, Tremestieri e Valverde medaglie di bronzo, sempre al merito civile.
L’armistizio, atto giuridico di diritto internazionale, firmato a Cassibile il 3 settembre 1943 e diramato cinque giorni dopo (l’8 settembre), affermava la resa incondizionata dell’Italia che si disimpegnava dall’alleanza militare con la Germania nazista e segnava la cobelligeranza con le Nazioni Unite e alleate. Era di fatto l’inizio della Resistenza partigiana e della Guerra di liberazione. La “resistenza etnea” fu un insieme di “atti di abnegazione” che avvennero in un territorio circoscritto “teatro, durante i giorni della ritirata dell’esercito tedesco dalla Sicilia, nell’estate del 1943, di episodi particolarmente efferati, in cui le truppe naziste fecero scempio di ogni forma di legalità, determinando vittime e saccheggi. A fronte di tanta violenza, la popolazione dei sei comuni etnei mostrava uno spirito resistenziale, opponendosi alle razzie delle truppe naziste e pagandone le conseguenze con un significativo tributo di vite umane”.
Il Comune di Pedara nell’80.mo anniversario degli eventi del 1943, il 4 agosto, ha promosso una cerimonia per l’apposizione sul proprio Gonfalone della medaglia, che in tanti avrebbero gradito d’argento, come quella di Mascalucia, soprattutto per la concomitanza degli eventi e la loro rilevanza storica. Mentre Castiglione di Sicilia, sulle pendici orientali del vulcano, cittadina che prima in assoluto ebbe nel 1943 degli ostaggi civili uccisi dai soldati tedeschi – i loro 16 nomi sono ricordati da una lapide apposta sulla facciata del palazzo municipale – li commemorerà, come ogni anno, il 12 agosto (domani, per chi legge), in concomitanza con la festa della Madonna della Catena, sua patrona. E il Parroco non farà mancare una Messa di suffragio. Anche se il Comune oggi è senza Sindaco, perché commissariato, esiste una delibera degli anni scorsi che ha fatto di questa data una ricorrenza memorabile. Ed anche se non poche persone hanno mosso critiche alla ricostruzione ufficiale dei fatti del 1943 per aver ignorato l’esistenza di Castiglione, tacendo addirittura della medaglia di bronzo al valor civile conferita al Comune fin dall’estate del 2002.
Di tutto questo si sa ben poco. Si sa tutto invece, e da sempre, della cittadina di Boves, piccolo comune della provincia di Cuneo, teatro il 19 settembre 1943 di una rappresaglia nazista e insignita delle due onorificenze più alte: la Medaglia d’oro al valor militare e la Medaglia d’oro al valor civile. Quel giorno – undici giorni dopo l’armistizio – mentre una Divisione delle SS occupava il paese (dunque all’inizio della Resistenza), i partigiani catturarono due militari tedeschi. I nazisti in una trattativa con il parroco don Giuseppe Bernardi assicurarono che avrebbero risparmiato il paese in cambio dei due ostaggi e della salma di un soldato caduto in battaglia. Don Bernardi, accompagnato da un parrocchiano, salì in montagna, convinse i partigiani e tornò in paese per consegnare gli ostaggi e il caduto. Ma tradendo l’accordo, le SS incendiarono le case uccidendo 25 civili, fra cui il parroco e il suo vice don Mario Ghibaudo di 23 anni, proprio mentre aiutava vecchi e bambini a fuggire e stava impartendo l’assoluzione ad un anziano. I due sacerdoti sono stati beatificati nell’ottobre scorso. Tra il 1943 e il 1944, Boves fu teatro di rastrellamenti delle SS con un totale di 59 morti, tra civili e partigiani.
Per l’ultima Festa della Liberazione, il 25 aprile scorso, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato - era la nona volta - a Boves, e prima a Cuneo e a Borgo San Dalmazzo, in quanto “luoghi scelti con cura, simboli della Resistenza e della Liberazione” come è stato sottolineato da un giornale. Nel 2022, per il 25 aprile, si era recato ad Acerra, presso Napoli, dove tra l'1 e il 3 ottobre 1943 (meno di un mese dopo l’armistizio) i soldati nazisti uccisero 88 ostaggi. “Una strage di innocenti quasi dimenticata” ha detto, ma ricordata dalla medaglia d’oro al merito civile. Nel discorso celebrativo egli ha ricordato fra l’altro come “documenti e narrazioni orali presentano una realtà che contrasta nettamente con l’immagine attendista che taluno ha superficialmente ritenuto di attribuire al Mezzogiorno” e come “l’opera di vendetta e di intimidazione verso la sua popolazione… fu il risultato della strategia della «terra bruciata» operata dai tedeschi con requisizioni, saccheggi e devastazione del territorio, cui gli abitanti risposero con una diffusa resistenza”.
Ora non dovrebbe essere più dimenticato Frate Arcangelo, dell’eremo di sant’Anna, presso Valverde, che fu ucciso dai soldati nazisti. Né il podestà di Pedara Gaetano Scandurra, che era stato, nel primo Dopoguerra, seguace del socialista de Felice e poi era stato esponente del potere fascista: non esitò un istante a porsi in testa a un centinaio di cittadini (alcuni armati, altri dopo essersi impossessati di due moschetti e alcune pistole nella Caserma dei Carabinieri) che si mossero verso il plotone tedesco attestato nella piazzetta vicina alla chiesa di san Biagio. Lo scontro non si verificò perché tutti seppero mantenere i nervi saldi. Tornarono pure illesi a Pedara, dopo giorni di cattività, presso Zafferana Etnea, i 13 ostaggi catturati dai militari tedeschi nella piazza principale del paese (“i primi in assoluto della resistenza italiana ai nazisti”) anche per le preghiere insistenti nelle chiese del paese e “per l’intervento di monsignor Francesco Pennisi, pedarese, allora rettore del Seminario arcivescovile di Catania”, poi primo vescovo di Ragusa.