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SANTITÀ

Agnese Grazi, la “pura discepola” di san Paolo della Croce

La vita della nobile Agnese cambia grazie all’incontro con il fondatore dei Passionisti che trova nell’intera famiglia Grazi un sostegno prezioso per l’ordine nascente. L’epistolario tra i due testimonia un’amicizia che nasce e conduce nell’Amore di Dio, con «il cuore sempre rivolto al Paradiso».

Ecclesia 19_10_2022
paolodellacroce

«In questo palazzo della nobile famiglia Grazi san Paolo della Croce trovò la prima casa di benefattori della sua Congregazione e la pura discepola nota per santità di vita Agnese Grazi». Questa iscrizione compare sulla facciata di un palazzo di Orbetello, comune vicino Grosseto, in Toscana. Tre righe che nascondono un mondo, una storia di amicizia e fede: una storia di santità. In questa iscrizione compaiono due nomi: quello di san Paolo della Croce e di Agnese Grazi. Ma chi era questa donna? Qual è la sua biografia? E perché viene chiamata «pura discepola» del celebre santo passionista?

Agnese è la figlia primogenita del capitano di guarnigione di Orbetello, Marcantonio Grazi e della nobildonna Maria Monica Girolama Borsoni.  Nasce con parto gemellare (suo fratello si chiama Vincenzo) il 28 gennaio del 1703. La madre muore quando Agnese ha dodici anni, nel 1715; la ragazza cresce in un ambiente familiare cattolico: un altro fratello, Giacomo, diventerà sacerdote;   il padre è iscritto alla Confraternita locale – di cui diverrà anche Priore nel 1721 – intitolata a San Giuseppe. Agnese è una ragazza contenta di far parte della buona società; è sì attenta alle pratiche religiose, ma il dialogo con il Signore non rappresenta il fulcro della sua vita. Ma un giorno, tutto cambia: incontra il sacerdote Paolo della Croce, e – grazie a lui – incontra Dio nelle profondità dell’anima: il religioso si trova in missione – tra i mesi di settembre e dicembre del 1730 – a Talamone, frazione vicino a Orbetello.

In una testimonianza del processo di canonizzazione del santo, il racconto del primo incontro con Agnese. A parlare è suor Maria Rosalia del Costato di Gesù; una religiosa amica intima della famiglia Grazi e in particolar modo della cognata di Agnese, Maria Giovanna Venturi: «Mi raccontò la signora Maria Giovanna Venturi dei Grazi di Orbetello che stando una volta in un’abitazione di campagna unitamente con donna Agnese Grazi, sua cognata (...), e stando in quelle vicinanze allora a fare le missioni il venerabile padre Paolo, dopo essere stata una notte molto travagliata dal dolore dei denti di cui era solita patire, si portò la mattina in chiesa per ascoltar la predica».

A questo punto, Maria Giovanna, entrata nella chiesa assieme ad Agnese, ascolta queste parole dal religioso passionista: «E tu che ora non puoi soffrire un dolore dei denti come farai a soffrire le pene dell’inferno? Indi ripigliò il filo della predica sua, ma queste parole ferirono talmente il cuore di donna Agnese che, appena finita la predica, se ne andò ai piedi del padre Paolo, e con una straordinaria compunzione fece la confessione generale dopo la quale, colla di lui direzione, si diede a una vita veramente santa e fece sì gran progressi e fu tanto favorita da Dio». La singolarità dell’episodio meritava una sì lunga citazione. Un incontro, un incrocio di parole, uno sguardo fra i due, e Agnese rimane subito colpita dalle parole di quel sacerdote che entrano dritte nel suo cuore e la portano a una revisione completa della sua vita: è lo straordinario miracolo di come Dio riesca a penetrare nell’animo di ogni uomo servendosi dei Suoi ministri.            

Da quel primo loro incontro, nasce così un’amicizia non solo tra il santo e Agnese, ma con l’intera famiglia Grazi che diverrà sostegno, in molti momenti, per il santo religioso e per il nascente ordine dei Passionisti. Testimonianza concreta di ciò sarà la messa a disposizione della casa dei Grazi per sopperire alle necessità della piccola comunità dell’Argentario, primo nucleo dell’ordine religioso di san Paolo della Croce; tra l’altro, sarà lo stesso santo, colpito da una malattia, ad essere ospite della famiglia.

Agnese e Paolo, sorella e fratello che s’incontrano; Paolo e Agnese, padre e figlia che vivono della stessa comune paternità, quella del Signore. Da quel giorno del 1730, cominciano a  incontrarsi più volte; e quando non possono farlo personalmente, le lettere – se ne contano circa centosessantacinque – divengono un valido strumento per l’incontro delle loro anime. Sono lettere che testimoniano non solo il dialogo mistico fra i due, ma anche l’attenzione del religioso passionista di fronte a quella che fu per Agnese una vera e propria Croce da portare, per tutta la vita: una malattia incurabile che la condurrà alla morte nel  giugno 1774, a soli quarantuno anni: «O quanto sono preziosi quei dolori di ossa, e di nervi! O quanto bisogna  tenerli cari! Dissi di non guardar in faccia ai suoi dolori, e di non  fissarli con il pensiero: voglio dire che con la parte superiore del suo spirito, che già si sa che la parte inferiore non puole a meno, che non li  senta, se no non sarebbero dolori; e ciò lo dico affine non perda di vista il  Sommo Bene, ma starsene su la Croce come una Vittima d’Amore, tutta  unita al dolce Gesù, e tutta bruciata, e consumata dal fuoco dell’infinita Sua Carità».

Nei momenti di dubbio o di prova nel cammino spirituale di Agnese, san Paolo della Croce non esita a incoraggiare la sua amica, cercando di tenere il baricentro fisso in Dio: «Tenga il suo cuore quieto, e contento, senza  lasciarlo turbare mai; e se s’attacca qualche polvere al suo spirito d’imperfezioni, non si turbi, ma la bruci, e consumi subito col fuoco  dell’amor di Dio, umiliandosi, e dolcemente pentendosi, ma d’un  pentimento umile, forte, e cordiale, e poi seguiti a stare in pace».

Le parole del santo partono dall’Amore per Dio, e si articolano, tutte, nell’Amore, affinché il Tutto sia ricondotto a questo oceano d’immenso Amore del Signore per l’umanità: «Lasciate  che quella poca cenere del nostro nulla si abissi, si perda, si consumi (dirò  così) tutta in quell’abisso d’infinita bontà del nostro Dio, ed ivi liquefatta d’amore faccia festa continua, con cantici amorosi, con sacre compiacenze,  con sonni d’amore, con sacro silenzio, tutta assorbita in quel mare  immenso d’amore, ed in questo mare nuoti bene a fondo che troverà un altro gran mare delle pene di Gesù e dei dolori di Maria santissima, e questo mare scaturisce da quell’immenso mare dell’amore di Dio. Oh, che gran cosa è mai questa!». È pura poesia: la prosa diventa lirica.

Al centro della loro amicizia c’è l’Eucaristia, il sommo Bene, la fonte prima dell’esistenza: «Tenga sempre il suo cuore preparato a ricevere Gesù: l’inviti spesso a  venire con ardenti desideri, ma quello le raccomando sì è di tenere il cuore  in pace, senza perturbazione, se si voltasse il mondo sotto sopra si  mantenga la pace del cuore; niuno ci puole separare da Dio se non il  peccato, questo non si vuole, manteniamo il cuore sempre rivolto al  Paradiso».