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PAESE PERDUTO

Afghanistan, la più umiliante sconfitta di Usa e Nato

I Talebani stanno conquistando tutte le principali città dell'Afghanistan e la caduta di Kabul è prossima. La Nato non ha neppure completato il ritiro. Per conquistare Saigon, almeno, i nordvietnamiti avevano dovuto combattere due anni. Questa è la più grave umiliazione dell'Occidente.

Esteri 14_08_2021
Talebani a Ghazni

Una disfatta senza precedenti nella storia, che ridicolizza gli Stati Uniti e la NATO, incapaci di difendere l’alleato afgano e il cui operato, compiuto negli ultimi anni, per rendere i militari di Kabul autonomi nel gestire le operazioni belliche contro i talebani si rivela del tutto inadeguato.

Prosegue infatti senza sosta l'avanzata dei talebani che in una settimana hanno assunto il controllo di 18 capoluoghi di provincia su 34 e probabilmente del 95% del territorio e ora trema a che Kabul dove stanno confluendo migliaia di profughi da tutte le regioni occupate dagli insorti.

Un’avanzata così rapida da indurre a sospettare che tra i miliziani vi siano anche numerosi militari pachistani, non solo perché Islamabad e i suoi servizi segreti militari sono stati “fondatori” e sostenitori del movimento degli ”studenti coranici”, ma anche perché i pakistani si mischierebbero facilmente tra le milizie jihadiste afgane, poiché l’etnia pashtun a cui fa riferimento il movimento talebano è massicciamente presente anche oltre il confine.

Nelle ultime ore, come riportato dall’agenzia di stampa tedesca DPA, gli insorti hanno espugnato le principali città delle province di Logar (Pul-i-alam,ad appena 80 km da Kabul), Uruzgan (Tirinkot), Zabul (Qalat) e Ghor (Chaghcharan). In queste ultime tre regioni i talebani hanno preso il controllo del centro delle città e degli edifici governativi incontrando una minima resistenza mentre nell’Ovest un tempo presidiato dai militari italiani, dopo Herat sembra sia caduta anche Qal-i-Now, capoluogo della provincia di Badghis.

Il 12 agosto erano cadute Herat, Kandahar, culla del movimento talebano, poi Lashkar Gah, capoluogo della turbolenta provincia meridionale di Helmand. Da nord verso sud, gli insorti hanno conquistato anche Faizabad (capoluogo della provincia di Badakhshan), Kunduz (nell'omonima provincia), Taloqan (Takhar), Sheberghan (Jowzjan), Sar-e-Pul (omonima provincia), Aybak (Samangan), Pul-i-Khumri (Baghlan), Ghazni (omonima provincia), Farah (omonima provincia), la già citata Qal -i-Naw (Badghis) e Zaranj (Nimruz).

L’intelligence americano, che due giorni or sono aveva stimato che Kabul sarebbe potuta cadere in mani talebane in uno o tre mesi, ora prevede il tracollo entro pochi giorni e infatti Washington ha varato un’operazione militare per evacuare al più presto l’ambasciata e ii civili rimasti nella capitale (5mila solo quelli statunitensi) mentre Danimarca, Svizzera e Norvegia chiudono temporaneamente le sedi diplomatiche e la Germania ridurrà lo staff "al minimo assoluto”. Una fuga da Kabul che, a differenza di quella da Saigon del 1975, potrà avvenire solo per via aerea considerato che l’Afghanistan non ha sbocco al mare. Tremila marines arriveranno a Kabul nelle prossime ore con 600 militari britannici e un numero imprecisato di canadesi per proteggere l’aeroporto e attuare un ponte aereo. Sul piano politico e militare il disastro è totale e fa impallidire anche alcuni precedenti “illustri”.

Dopo gli accordi di Parigi con cui nel gennaio 1973 gli USA negoziarono il ritiro dal Vietnam, le truppe sudvietnamite continuarono a combattere per oltre due anni, fino alla caduta di Saigon nell’aprile 1975. Quando nel febbraio 1989 l’Armata Rossa si ritirò dall’Afghanistan, il governo filo-sovietico del presidente Najibullah restò al potere per oltre tre anni, fino al 17 aprile 1992, quando i mujhaiddin presero la capitale. Oggi invece le truppe governative addestrate e armate da americani e alleati sono crollate ancor prima che gli statunitensi completassero il ritiro delle ultime forze rimaste in Afghanistan, previsto per fine agosto.

Se la situazione non fosse tragica ci sarebbe da sorridere nel registrare le reazioni di USA e NATO. Quest’ultima ha tenuto ieri una riunione d'emergenza in cui il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha rinnovato l’appoggio al governo del presidente Ashraf Ghanì, che però ormai controlla solo la capitale. Solo due giorni or sono la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, aveva dichiarato che l'esercito afgano "ha tutto quello che serve" per rispondere all'offensiva dei talebani: “il nostro punto di vista è che le forze di difesa hanno l'equipaggiamento, i numeri e l'addestramento per reagire" agli attacchi. Un punto di vista evidentemente errato a giudicare dalle spettacolari vittorie talebane: poche ore prima il presidente Joe Biden aveva detto di non rimpiangere “la decisione di ritirare le nostre truppe dall'Afghanistan” perché “i leader afghani devono ora mettersi insieme e lottare per sé stessi e per il loro Paese".

Frase infelice a cui ha risposto il capogruppo repubblicano al Senato di Washington, Mitch McConnell.  "Le decisioni del presidente Biden ci stanno portando ad una replica peggiore dell'umiliante caduta di Saigon nel 1975. Il presidente Biden sta scoprendo che il modo migliore di finire una guerra è perderla. Al-Qaeda e i talebani possono celebrare il ventesimo anniversario dell'11 settembre bruciando la nostra ambasciata a Kabul". Con la magnanimità che si addice ai vincitori il portavoce talebano Zabihullah Mujahid ha annunciato "un'amnistia generale" per chi abbia collaborato "con gli occupanti o sia parte dell'amministrazione di Kabul", promettendo che i diplomatici e il personale delle sedi estere non correranno rischi.

Molte città del resto sono state espugnate con combattimenti limitati che hanno visto i talebani offrire alle guarnigioni governative assediate tregue e permessi per ritirarsi e lasciare il campo di battaglia o in altri casi permettendo ai soldati che gettavano le armi di tornare alle loro case. A salvare l’onore dell’esercito afgano provvedono i reparti di forze speciali, commandos addestrati dalle migliori unità alleate (inclusi gli incursori italiani) che combattono tenacemente battaglie senza speranza, nella consapevolezza che solitamente i talebani non fanno prigionieri quando mettono le mani sugli uomini delle unità d’èlite e dei servizi d’intelligence (NDS).

Una testimonianza diretta su questi soldati afgani che continuano a combattere l’ha offerta ieri un articolo di Fausto Biloslavo che sul Giornale ha intervistato via WhattsApp un tenente che ha frequentato l'accademia militare di Modena e che stava combattendo a Ghazni.

«Noi non cediamo le armi. Siamo i commandos e combattiamo fino alla morte. Come può sentire stanno sparando, ma continuiamo a resistere a Ghazni» riferiva il giovane ufficiale. «La città è caduta e il governatore è fuggito. Noi combattiamo da due giorni per evacuare i poliziotti ed i funzionari governativi rimasti» racconta il coraggioso ufficiale. I talebani sono vicini e si sentono le raffiche di mitra. I corpi speciali sono asserragliati in una caserma e hanno chiesto l'appoggio aereo. Il governatore, Mohammad Dawood Laghmani, è stato arrestato con l'accusa di essersi accordato sotto banco con i talebani. «La situazione è bruttissima - spiega l'ufficiale - Non è possibile sganciarci via terra. Attenderemo l'arrivo degli elicotteri». 

La sua famiglia è nel mirino. «I talebani hanno occupato il mio villaggio e bruciato la nostra casa - racconta con un velo di tristezza .Ho perso 8 parenti compresi due fratelli, uno decapitato. E sono stati ammazzati pure i nipotini piccoli».

L'ultimo caduto è il cugino, anche lui militare, seguito fino sotto casa e freddato a Kabul. «Danno la caccia agli ufficiali dei corpi speciali - racconta - Vogliono eliminarci perché siamo quelli che intervengono dappertutto». Da Ghazni ci manda un video dei talebani di fronte alle sue posizioni: «Sono ben armati e appoggiati dal Pakistan. Nelle loro fila ci sono diversi pachistani».

Brandelli di eroismo in una disfatta infamante per le forze militari afghane ma che non risparmia dalla vergogna gli Usa e la Nato, fuggiti a gambe levate lasciando campo libero ai talebani.