Addio assistenzialismo: il Governo svolta sulle famiglie
Al di là della portata del contributo economico, l'aumento dell'assegno unico per le famiglie numerose, raggiunto in extremis dal ministro Roccella, rappresenta una svolta nell'ambito delle politiche per il rilancio della natalità: non più assistenzialismo ma politiche strutturali: «Per la prima volta siamo andati senza il cappello in mano. Così le famiglie numerose diventano un modello da perseguire. Ora la revisione dell'Isee e un Piano Nazionale di Rilancio della Natalità». Parla Caltabiano dell'ANFN.
600 euro in più all’anno. Potrebbe sembrare una mancia o un regalo di Natale. In realtà è un segnale di svolta che il Governo fa non solo per le famiglie numerose con 4 o più figli, ma un messaggio preciso che va nell’ottica del contrasto al calo demografico che attanaglia il Paese.
Tra gli emendamenti presentati dall’esecutivo alla manovra di bilancio 2023 è previsto un incremento del 50% dell’integrazione all’assegno unico previsto per queste famiglie, che passa quindi (su base annua) da 1.200 euro a 1.800 euro, con decorrenza dal 1° gennaio 2023.
La promessa del ministro della Famiglia e della Natalità Eugenia Roccella viene mantenuta: per la prima volta un governo repubblicano riconosce alle famiglie numerose una progressività di aiuto che finora gli era stata negata e soprattutto afferma un principio sacrosanto e rivoluzionario: le famiglie numerose hanno la precedenza negli aiuti di Stato perché sono loro le prime che incorrono nella povertà.
«É un segnale di svolta – conferma alla Bussola Alfredo Caltabiano (in foto), neo presidente dell’Associazione Famiglie Numerose che finalmente può parlare di politiche famigliari e natalità non dalla posizione di Cenerentola della politica -, è evidente lo sforzo che hanno fatto la ministra Roccella e il suo staff. Con lei abbiamo avuto un incontro cordiale in cui per la prima volta ci siamo sentiti a casa nostra e senza stare col cappello in mano a chiedere: parlava la nostra stessa lingua, aveva ben presente le esigenze e soprattutto gli obiettivi che si vogliono raggiungere con un piano organico di politiche famigliari».
La decisione di rendere strutturale l’aumento del 50% per le famiglie numerose è frutto, dunque, di un preciso impegno preso dalla Roccella dopo che i tecnici del MEF avevano “sbianchettato” la misura a favore di una più generica provvidenza per le famiglie con 3 o più figli ma sotto i 3 anni. Utile, certamente, ma non decisiva per dare una svolta in senso natalista al Paese, che si ottiene soltanto se si lancia il messaggio che più figli si ha, maggiore è l’impegno che lo Stato deve corrispondere. Non per generosità o per assistenzialismo, ma perché lo Stato riconosce alle famiglie numerose che quello dei figli è un investimento che serve in termini fiscali, di welfare e di contribuzione previdenziale soprattutto allo Stato. La misura va in questo senso: aumentarla fino a raggiungere le cifre di Paesi come Francia, Ungheria, Germania e Polonia è solo questione di tempo.
Intanto, Caltabiano si dice più che soddisfatto: «Quello che stiamo cercando di comunicare è l’importanza di un cambio di passo nei confronti delle famiglie numerose. La realtà di oggi ci consegna una fotografia drammatica, che è frutto della totale mancanza di politiche per la famiglia in questo Paese: le famiglie numerose sono la cartina di tornasole sull’indice di povertà: l’indice delle famiglie con 5 o più componenti (quindi 3 figli) è passato dal 3,8 al 25%. Il 25% vive sotto la soglia di povertà, immaginate quelle con 4 o più figli. Progressivamente ogni anno le famiglie con più figli si impoveriscono tanto che possiamo affermare senza tema di smentita che la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà in Italia dopo la perdita del lavoro del capo famiglia».
Il secondo dato emblematico è una statistica dell’Eurostat che fa il confronto delle famiglie per numero di componenti in Europa. Ebbene: la media di famiglie con 4 e più figli in Europa è del 2,5%, cioè su 100 famiglie, 2,5 hanno 4 o più figli. La Finlandia ha un 5,4%, la Francia 3,8, l’Italia è clamorosamente all’ultimo posto con lo 0,6 % e nel 2012, era all’1,4, quindi le famiglie numerose sono come i panda.
Che fare? «Noi vorremmo cambiare: le famiglie con 3 o più figli devono essere valorizzate fino a diventare un modello, restituendo loro equità, mostrando anche la bellezza del vivere in una famiglia numerosa perché le relazioni sono più custodite. E soprattutto che, facendole diventare un modello, possano anche essere un obiettivo a cui tendere per tenere alto l’indice di natalità».
La misura che la Roccella è riuscita a introdurre in extremis, destinando più risorse, è legata dunque, per la prima volta, anche se con numeri esigui, a una visione strutturale e non più assistenziale e va salutata con questo anticipo di simpatia pur nella difficile congiuntura economica del Paese. «Un investimento strutturale», conclude Caltabiano che auspica, infine, che ora il Governo prosegua con i prossimi passi: «Abbiamo lanciato l’idea di un PNRN, un Piano Nazionale di Rilancio della Natalità e poi la revisione dell’Isee che tenga insieme la riforma fiscale e quella dell’assegno unico che devono essere contestuali».