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IL CASO PLANNED PARENTHOOD

Accusano la multinazionale degli aborti: arrestati

Il tribunale di Huston, in Texas, ha incriminato alcuni pro-life e scagionato dalle accuse l’organizzazione abortista Planned Parenthood. In un video girato da una organizzazione pro-life, si accusava la multinazionale degli aborti di aver venduto i feti abortiti a laboratori di ricerca. Planned Parenthood è finanziata dal governo. 

Esteri 27_01_2016
Manifestazione contro Planned Parenthood

Un ladro ruba a casa vostra. Sporgete denuncia e per tutta risposta le forze dell’ordine arrestano voi per furto. È quello che accaduto – ma in scala assai maggiore – in Texas, dove lunedì scorso un tribunale di Huston ha incriminato alcuni pro-life e scagionato dalle accuse l’organizzazione abortista Planned Parenthood Federation (Ippf). 

La vicenda, molto nota negli States, ha visto nel luglio del 2015 due membri del Center for Medical Progress, una istituzione pro-life, incontrare sotto copertura la dottoressa Deborah Nucatola, Senior Director del servizio medico dell’Ippf. L’incontro è stato filmato di nascosto dai due e reso pubblico l’estate scorsa. Nel video la dottoressa Nucatola non fa mistero nel rivelare che i feti abortiti nei loro laboratori sono fatti a pezzi al fine di venderne alcune parti. «Molte persone cercano cuori, fegato e polmoni e molte vogliono anche gli arti inferiori», spiega la Nucatola, «non so cosa possono farne, io credo per i muscoli». Ovviamente ogni parte del bambino ha un suo prezzo da listino. L’aborto è dunque diventato un business.

Il fattaccio è finito da tempo sotto la lente di ingrandimento del Congresso e del Comitato per l’Energia e il Commercio della Camera, dato che la compravendita di parti del corpo umano è vietato negli States. Cecile Richards, ceo di Planned Parenthood, puntò il dito contro il Center for Medical Progress accusandolo di aver manomesso i video e dunque di comportarsi «in modo fraudolento e non etico». Il secondo fronte sui cui si è articolata la difesa di Ippf è stato quello di spiegare che il centro sviluppa solo alcune linee di ricerca su tessuti fetali donati gratuitamente, impegno scientifico che ovviamente ha dei costi, ma anche grandi benefici dato che la ricerca è indirizzata a «curare bimbi malati”», ha spiegato senza un filo di ipocrisia la Richards.

Sul tavolo si gioca una partita milionaria. L’Ippf è una macchina da guerra abortiva da 1,3 miliardi di dollari e il 41% delle sue entrate viene dallo Zio Sam. Ecco allora accendersi nelle aule dove si fa politica lo scontro tra Repubblicani e il presidente Obama. I primi a chiedere che il governo non finanzi più Ippf, il secondo a ribattere che porrà il veto presidenziale a qualsiasi legge che voglia tagliare fondi alla Salute.Sì la salute, perché Ippf si presenta come organizzazione che tutela la «salute sessuale e riproduttiva», cioè contraccezione e aborto. Quindi, in campo c’è una multinazionale potentissima appoggiata dall’uomo più influente della Terra e il piccolo Davide, alias il Center for Medical Progress il quale ha preso il coraggio a due mani ed ha denunciato Ippf in molti Stati. 

In Texas, come accennavamo, gli è andata davvero male. Non solo Ippf è stata prosciolta da ogni accusa, ma David Daleiden e Sandra Merritt, i principali responsabili del videoreportage, sono stati accusati di aver falsificato il video e il solo Daleiden di aver diffuso notizie non veritiere su Ippf. Il procuratore Devon Anderson, che aveva deciso di procedere contro Ippf, ha dichiarato che «dobbiamo muoverci laddove le prove ci portano. Tutte le prove scoperte nel corso di questa indagine sono state presentate al gran giurì. Io rispetto la sua decisione su questo difficile caso». Il governatore del Texas, Greg Abbott, ha rincarato la dose: «Lo Stato del Texas continuerà a proteggere la vita e continuerò a sostenere la legislazione che vieta la vendita o l’alienazione di tessuto fetale».

La sfida del Center for Medical Progress pare che debba finire nei peggiori dei modi. Infatti, le vertenze giudiziarie sul caso Ippf sono state presentate in undici Stati. Nove di questi hanno rimandato a casa Ippf con tanto di scuse e altri due – Lousiana e Arizona – stanno ancora studiando le carte. Forse più letale dell’attività abortiva e lucrosa messa in piedi da Ippf è quella dei giudici. Queste sentenze di rigetto e quella in particolare del Texas dove l’accusatore finisce per diventare l’accusato avranno un effetto di deterrenza enorme sulle buone intenzioni del mondo pro-life americano. Chi si azzarderà più a trascinare in giudizio le cliniche abortive se si rischia la galera o multe salatissime? Chi avrà più il coraggio anche solo di indagare sul malaffare di queste organizzazioni? Seppur forti di prove inoppugnabili come quelle video, nulla potrà contro un verdetto già scritto da giudici abortisti.