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CRITICHE NEGLI USA

Abusi, la stampa liberal "abbandona" Bergoglio

La lettera di complimenti ed elogi del Papa al cardinale Donald Wuerl non è stata presa bene negli Stati Uniti. Durissimi il progressista New York Times, il Washington Post, che non può far parte del complotto conservatore e The Spectator: per tutti i Papa manca il punto, i cattolici sono sconcertati da Wuerl. 

Ecclesia 15_10_2018

La lettera di complimenti ed elogi al cardinale Donald Wuerl, con tutto il resto – dimissioni accettate, dopo tre anni ma resta comunque, come Amministratore della diocesi, e continua a far parte della Congregazione per i Vescovi – non è stata presa bene, negli Stati Uniti. Anche se difficilmente l’eco di questo scontento raggiungerà mai il pubblico italiano, ieri è accaduto un fatto significativo. Il New York Times, uno dei giornali più progressisti, filo-Clinton, filo-Obama, anti-Trump e filo-Bergoglio del panorama internazionale, ha dedicato un commento dell’Editorial Board alla vicenda Wuerl. Ora l’Editorial Board rappresenta le opinioni del giornale, del suo direttore e dell’editore. “È separato dalle notizie e dalla sezione delle opinioni”, spiega il NYT.

“Il Papa manca il punto”, è scritto nel commento”. Cita il Grand Jury Report della Pennsylvania per dire che Wuerl a Pittsburgh “era immerso in una cultura clericale che nascondeva crimini di pedofilia sotto eufemismi”, conduceva indagini in maniera scandente, nascondeva i casi di abuso alle comunità parrocchiali e non li segnalava alla polizia. E poi c’è stato il caso McCarrick: “la posizione di Wuerl era indebolita dalla sua associazione con il suo predecessore, anche se insisteva di non sapere nulla delle accuse”. 

Alla fine le dimissioni, e la lettera di elogi del Pontefice. Ma, scrive il NYT, “indicando che considera le azioni passate di Wuerl semplicemente come ‘errori’, e permettendogli di restare membro della potente Congregazione per i Vescovi, il papa rinforza l’idea che non capisce il danno straordinario fatto dai chierici che hanno abusato crudelmente e senza vergogna del loro potere su bambini e adulti fiduciosi”.

Il New York Times non è il solo. Anche il Washington Post, un altro importante quotidiano che certamente non fa parte del “complotto” conservatore e di destra sventolato dai propagandisti filo-Bergoglio quando Viganò ha reso pubblica la sua testimonianza si fa eco del disagio, e riporta le dichiarazioni di Josh Shapiro, il Procuratore Generale della Pennsylvania che ha condotto l’inchiesta e firmato il famoso rapporto. Shapiro ha detto che è “inaccettabile” che il card. Wuerl se ne vada in pensione senza nessuna conseguenza apparente. Secondo Shapiro sia il rapporto che i documenti diocesani dimostrano che Wuerl ha gestito e partecipato a una copertura sistematica degli abusi perpetrati dai sacerdoti della sua diocesi.

Su “The Spectator” invece Damian Thompson fa un’analisi più dettagliata della situazione. ”Molti cattolici – scrive – sono sconcertati, per dirla lievemente, dalla lettera del Papa a Wuerl in cui elogia il discusso cardinale in un linguaggio più appropriato a una canonizzazione che a un pensionamento sotto una nuvola”.

Nella lettera il Pontefice parla di nobiltà. “Questo parlare di nobiltà è un esempio classico della sua (del Papa, n.d.r.) determinazione nel difendere i suoi alleati, senza tener conto di quello che hanno fatto o di cui sono accusati”. Ma quello che lo ha condannato è stato lo scandalo McCarrick, “il che rende così stranamente stonata la lettera di papa Francesco”.

Thompson ricorda l’analisi di uno specialista, padre Raymond de Souza, direttore della rivista “Convivium”, secondo cui “Wuerl è dovuto andare perché i suoi stessi preti a Washington ‘pensavano che mentisse’ su ciò che sapeva di McCarrick”. Il che non prova che sapese, anche se Viganò ne è convinto, e lo dice ripetutamente. Ma i suoi preti non gli credevano “Pensavano che mentisse pubblicamente e mentisse anche con loro. Quando l’arcivescovo Viganò scrive che ‘il card. Wuerl mente senza vergogna’…conferma le conclusioni a cui molti preti a Washington sono già giunti”. Commenta Thompson: “Semplicemente non è possibile che il nunzio a Washington, comunicando le restrizioni della Santa Sede sull’arcivescovo McCarrick per condotta sessuale non appropriata non abbia detto al card. Wuerl quello che si stava facendo al suo predecessore, che risiedeva nell’arcidiocesi”. 

Inoltre, accettando le dimissioni di Wuerl, ma tenendolo come Amministratore Apostolico, il Papa dimostra, secondo Thompson, che opera in un modus operandi (che abbiamo già visto, per esempio, in Cile, e nel caso di Dario Edoardo Viganò) siffatto: “1) ignorare le critiche e impugnare le ragioni dei critici; 2) quando questo diventa impossibile, fare una grande show, senza però in realtà fare molto; 3) se necessario, rimuovere una figura di alto profilo, ma non rimuoverla realmente”. De Souza parla di una “cultura clericale della menzogna”, e si chiede quanto possa essere profonda. “Buona domanda – commenta Thompson – ma si può chiedere anche quanto in alto arriva. Donald Wuerl non è il solo vescovo accusato di nascondere ciò ceh sapeva di McCarrick. Lo è anche il Papa”.

E anche il Catholic Herald, pubblicato in Gran Bretagna, nella sua versione cartacea in un editoriale intitolato “Una strana risposta”, e riferito alla lettera aperta del card. Ouellet si chiede chi sapeva, e da quando, e sottolinea che le domande dell’arcivescovo Viganò per ora non hanno avuto una reale risposta. Per Ouellet, il dramma McCarrick era causato dalla mancanza di prove e dall’abilità di McCarrick nel difendersi, scrive il Catholic Herald. Per vIganò, dalle complicità. “Per decidere quale delle due narrazioni sia vera, abbiamo bisogno di un pieno resoconto di chi sapeva, che cosa e quando”. Ma in questo campo, finora ci sono solo vaghe promesse (l’indagine “a tempo debito” del comunicato vaticano) mentre il Pontefice ha negato – sembra – la visita apostolica chiesta dai vertici della Chiesa americana. Le uniche speranze dunque sembrano riposte nelle indagini dei vescovi Usa e nell’iniziativa di un’inchiesta condotta e finanziata dai laici americani, il “Red Hat Report”. Certamente la lettera e le decisioni relative a Wuerl mostrano più riluttanza che volontà pontificia di fare chiarezza.