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appello dei ginecologi

Aborto sicuro, la macabra "festa" tra fake news e scienza censurata

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Oggi è la giornata dell'aborto sicuro, ma se c'è una cosa sicura è che l'aborto chimico è più dannoso di quello chirurgico e che tutti gli aborti espongono la donna alla sindrome post abortiva. Cosa che invece gli ultimi interventi politici vorrebbero non solo silenziare, ma ribaltare. I ginecologi cattolici mettono in guardia sulle strategie menzognere utilizzate. 

Vita e bioetica 28_09_2024

Oggi gli abortisti di tutto il mondo celebrano la Giornata Internazionale per l’Aborto Sicuro. L’associazione dei Ginecologi e Ostetrici cattolici italiani (A.I.G.O.C.) in un comunicato stampa si domanda: «Aborto sicuro per chi?». 

Il comunicato mette a fuoco con pregevole sintesi il momento critico che la difesa della vita sta attraversando attualmente a motivo degli attacchi da parte dell’ideologia libertaria. L’A.I.G.O.C. mette sull’avviso in merito ad una particolare deriva: il singolare “diritto” all’aborto che si vuole inserire in qualsiasi carta costituzionale nazionale «sta producendo un nuovo filone di interventi pubblici che tendono ad enfatizzare in senso critico alcuni aspetti normativi contenuti nella L. 194/78 ritenendoli “ostacoli” all’applicazione della stessa legge».  

Insomma il paradosso è il seguente: la spinta abortista si è così accentuata che si fa guerra alla 194 perché non sarebbe sufficientemente abortista. E così non ci deve essere «più la ricerca e la rimozione delle cause che inducono la donna all’aborto, secondo l’art. 2 comma d e l’art. 5 (“l’ingerenza degli antiabortisti nei consultori”); non più i 7 giorni di riflessione precedenti l’IVG, secondo l’art. 5 (“l’attesa forzata”); non più entro le 9 settimane di gravidanza, secondo le linee guida del Ministro della salute nel 2020, ma fino alla 12° per l’aborto farmacologico e non più in regime di ricovero ospedaliero, ma a casa e con la telemedicina; non più medici e personale sanitario che pongano obiezione di coscienza, ai sensi dell’art. 9». In particolare si vorrebbe eliminare l’obiezione di coscienza perché l’aborto verrebbe considerato solo come atto medico. Ma l’A.I.G.O.C. risponde correttamente che «con l’IVG si agisce non solo sul corpo della donna, ma su un altro corpo umano vivente al suo interno […]. Si interrompe pertanto, non lo sviluppo di un’appendice del corpo della donna, bensì il corso della vita umana di un figlio». 

Il comunicato cita poi un report dell’associazione Medici del mondo, supportato anche da esponenti del M5S, il quale indica un significativo rischio di «ripercussioni sulla salute mentale delle donne che non riuscirebbero ad effettuare l’aborto nei tempi e nei modi desiderati a causa di carenze di Consultori pubblici e di medici “non obiettori”». I Ginecologi cattolici rispondono così: «Questi dati non trovano conferma nell’ultima Relazione del Ministero della Salute al Parlamento del 2023». È una vecchia menzogna: le donne non riuscirebbero ad abortire a causa della presenza dei medici obiettori.  

Su un primo versante bisognerebbe rispondere: volesse il Cielo che fossi così. Su altro fronte purtroppo dobbiamo ammettere che la mattanza di Stato continua indisturbata nonostante l’obiezione di coscienza. Scrivevamo nel 2019: «Come è emerso da uno studio del 2012 del Comitato Nazionale di Bioetica, organo consultivo del governo, e come confermato da un’indagine conoscitiva voluta dal Ministero della Salute nel 2016, laddove ci sono più medici obiettori i tempi di attesa all’aborto diminuiscono e viceversa».

Infatti, come annotavamo in un articolo precedente, «I tempi di attesa sono dunque connessi all’organizzazione dell’ospedale e non al numero di obiettori. Inoltre negli anni il numero di medici obiettori è aumentato, ma è rimasto invariato quello dei medici non obiettori. E dato che il numero di aborti chirurgici legali è diminuito, questo ci porta a dire che il carico di lavoro per i medici non obiettori è diminuito anch’esso negli anni».

L’ultima Relazione del Ministero della Salute sullo stato di attuazione della 194, relazione datata 2023 sull’anno 2021, oltre ad informarci che «esistono più punti IVG che punti nascita» (5,3 su 1000 aborti contro 1 su mille nascite), aggiunge che «nel 2021 il carico di lavoro medio settimanale di ogni ginecologo non obiettore continua a diminuire rispetto agli anni precedenti [e che] il numero di IVG psicer ogni ginecologo non obiettore è pari a 0,9 IVG a settimana a livello nazionale» (p. 9). 

Torniamo al comunicato dei Ginecologi cattolici il quale così prosegue: «Vengono anche giudicati inutili e dannosi sulla psiche delle donne gli interventi degli “antiabortisti” nei Consultori e nelle strutture sanitarie pubbliche». Ma prove scientifiche di questo assunto non vengono fornite (anzi, lo studio presentato da Medici del mondo afferma l’opposto). «Restano invece inconfutabili le numerose reviews internazionali con metanalisi  effettuate in questi anni [si rintraccino nel sito le fonti bibliografiche], nelle quali emergono con evidenza le problematiche psichiche nelle donne che hanno abortito, soprattutto a distanza di tempo (9-12 mesi) dall’evento».  

L’ A.I.G.O.C., poi, oltre a ricordare l’aumento dell’assunzione di pillole post-coitali con possibili effetti abortivi «(762.796 confezioni totali di Norlevo ed ellaOne vendute nel 2023)» e la persistenza del fenomeno dell’aborto clandestino (10-13mila aborti ogni anno, secondo un report del 2017), critica giustamente la campagna di disinformazione in merito all’aborto tramite RU486.

Citando la più recente Relazione del Ministero della Salute sulla 194 ricorda che le complicazioni dovute all’assunzione di queste pillole sono «4 volte superiori a quella dell’aborto chirurgico» e che le «statistiche nazionali ed internazionali documentano una mortalità materna di 10 volte superiore per l’aborto farmacologico rispetto a quello chirurgico». Si evidenziano questi dati non certo per suggerire l’aborto chirurgico rispetto a quello chimico, ma per dar prova che l’aborto in pillole non è così sicuro come si vorrebbe dare ad intendere.  

Dunque nella Giornata per l’aborto sicuro si dovrebbe ricordare che le uniche cose sicure sono il fatto che l’aborto chimico è più dannoso di quello chirurgico e che ogni forma di aborto espone alla sindrome post-abortiva. Inoltre, nella prospettiva del nascituro, ogni aborto, sicuro o insicuro che sia, è per lui letale. 

Da dove deriva questa inestinguibile sete di aborto? La risposta dei Ginecologi cattolici: «L’origine di questo “assedio ideologico” alla politica italiana e all’opinione pubblica nasce da un atteggiamento culturale gravemente menzognero. Si vuole far prevalere il principio dell’autodeterminazione della donna […] sul riconoscimento della vita umana degna di rispetto e di accoglienza fin dal suo inizio. […] Il diritto all’autodeterminazione, il mantra del “pensiero unico” moderno, che sottende il “diritto all’aborto”, non riesce più a fermarsi neanche di fronte all’evidenza scientifica, ormai acclarata con tanti strumenti biotecnologici, dell’esistenza di un essere umano, vivo, in pieno sviluppo nell’utero di sua madre».