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IL DIBATTITO NEGLI USA

Aborto, l'Onu abusa del principio di uguaglianza

Il portavoce del Segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha detto che i diritti sessuali e riproduttivi sono alla base dell’uguaglianza delle donne. Ma ciò non giustifica che, in nome dell’uguaglianza, debba essere consentito anche alle donne di uccidere. In vista del pronunciamento della Corte Suprema Usa il fronte pro-choice è nel panico. 

Vita e bioetica 26_05_2022

La bozza della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti volta a ribaltare la sentenza Roe vs Wade che legittimò l’aborto procurato in tutti gli Usa sta provocando reazioni scomposte non solo negli Stati Uniti, ma anche altrove.

Il 3 maggio scorso si è svolta la quotidiana conferenza stampa tenuta da Farhan Haq, portavoce del Segretario generale dell’ONU, António Guterres. Venuto il momento delle domande un giornalista chiede: “La Corte Suprema degli Stati Uniti dovrebbe ribaltare Roe v. Wade. Il Segretario Generale ha un commento al riguardo?”. Haq risponde che non vuole entrare nel merito della decisione della Corte Suprema, ma tiene a ricordare il pensiero di Guterres sull’aborto, definito in modo eufemistico come salute e diritti sessuali e riproduttivi: «Per quanto riguarda la posizione del Segretario generale, come sapete, Il Segretario generale ritiene da tempo che la salute e i diritti sessuali e riproduttivi siano alla base delle scelte, della responsabilizzazione e dell’uguaglianza delle donne e delle ragazze nel mondo. Il mondo sarebbe il primo a perderci se il 50% della sua popolazione [cioè le donne] non vi avesse accesso [all’aborto]». Haq ha poi aggiunto che il Segretario generale ha affermato più volte che si sta assistendo un «rigetto globale» dei «diritti delle donne, inclusi i diritti riproduttivi e i servizi sanitari essenziali». Da ciò si può concludere che Guterres sia nettamente contrario all’orientamento pro-life della Corte suprema USA.

Dunque, per bocca del suo portavoce, abbiamo avuto conferma che il Segretario generale dell’ONU, sedicente cattolico, è a favore dell’aborto. Non solo, ma l’aborto è alla base della capacità di scelta delle donne – di qualsiasi scelta – del loro essere persone responsabili e fonda l’uguaglianza uomo-donna. Tralasciamo l’affermazione iperbolica che poter optare per l’aborto permette di compiere qualsiasi scelta possibile perché evidentemente affermazione frutto della strategia comunicativa nota come “parole in libertà”, ossia parole senza senso. Dichiarare poi che poter abortire rende le donne responsabili può avere un solo significato: le rende colpevoli di aver abortito.

Concentriamoci invece su un’altra affermazione, altrettanto strabiliante: uccidere il proprio bambino permetterebbe alle donne di essere uguali agli uomini. Vero è che vi sono uomini che uccidono i propri figli (ma comunque in numero assai minore delle donne che uccidono la propria prole tramite l’aborto) però non si capisce perché la gara all’uguaglianza tra donne e uomini dovrebbe essere ingaggiata sul piano del male morale e non del bene. Che le donne cerchino di essere uguali agli uomini nel fare il bene, non nella possibilità di uccidere.

Le parole del portavoce implicano necessariamente queste nostre riflessioni, sebbene il suo intento fosse altro, cioè Haq voleva dire: come gli uomini possono scegliere, così alle donne deve essere permesso di accedere ad uno spettro di scelte esistenziali altrettanto ampio. Questo principio è condivisibile, ma a nessuno, uomo o donna che sia, è permesso di scegliere il male. La libertà autentica si coniuga solo con il bene. Dunque la scelta abortiva dovrebbe essere sempre vietata e, se gli uomini ammazzano, ciò non giustifica che, in nome dell’uguaglianza, debba essere consentito anche alle donne di uccidere. Pare lapalissiano ricordarlo.

Detto tutto ciò è interessante notare che i leader abortisti di tutto il mondo si stanno appellando ai più disparati motivi e  principi per osteggiare il prossimo pronunciamento della Corte Suprema. L’altro giorno abbiamo visto che la vice presidente USA Kamala Harris ha affermato che l’aborto sarebbe tutelato dal diritto alla privacy, ossia lo Stato non potrebbe fermare la mano omicida della madre perché sarebbe un’invasione indebita nella vita privata della donna. Ora invece si chiama in causa il principio di uguaglianza che vedrebbe nell’aborto addirittura il suo fondamento. L’impressione generale è che il fronte pro-choice sia nel panico o, accecato dalla rabbia, non ragioni più lucidamente, tentando di cercare a destra e a manca qualsiasi pretesto, foss’anche il più strampalato, per fermare un eventuale tsunami che, se partisse dagli Usa, potrebbe travolgere il mondo intero.