Aborto e gender, Benedetto e Francesco inconciliabili
Il libro di memorie di monsignor Gänswein, che ricorda gli appunti di papa Ratzinger alle affermazioni di papa Francesco su aborto, contraccezione e omosessualità, conferma la diversa prospettiva dottrinale e pastorale del Papa regnante rispetto all’emerito.
Nel recentissimo Nient’altro che la verità, libro in cui il giornalista Saverio Gaeta raccoglie la testimonianza di mons. Georg Gänswein segretario di Benedetto XVI, vi sono alcuni passaggi che confermano come il Papa emerito, relativamente a tematiche eticamente sensibili, fosse in piena sintonia con il Magistero della Chiesa e in significativa distonia con il magistero di Papa Francesco, seppur quest’ultima fosse presentata con estremo garbo e rispetto per il pontefice regnante.
Ad esempio Gänswein racconta che Papa Francesco, successivamente alla pubblicazione della sua lunga intervista a La Civilità Cattolica rilasciata nell’agosto del 2013, chiese un giudizio sulla stessa a Benedetto XVI. Quest’ultimo così rispose: “In realtà sono d’accordo con tutto quanto lei ha detto, ma in due punti vorrei aggiungere un aspetto complementare. Il primo punto concerne i problemi legati all’aborto e all’uso dei metodi contraccettivi. Il secondo punto concerne il problema dell’omosessualità” (p. 245).
Il primo punto riguardava il seguente passaggio dell’intervista di Francesco: «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione» (pp. 463-464). E’ noto che papa Francesco percepisce queste tematiche come una spina nel fianco perché creano divisione a motivo della dottrina della Chiesa che è chiarissima su questi aspetti. Meglio quindi non parlarne o, dovendo trattarne, trasformarle da problemi morali in questioni di giustizia sociale (aiuto alle donne con gravidanze indesiderate, accoglienza delle persone omosessuali, educazione all’affettività per le coppie sposate, etc.).
Benedetto XVI, tenuto conto del suo giudizio su queste tematiche (valga la sola citazione del Catechismo della Chiesa Cattolica di cui fu principale artefice), volutamente non prese di petto Francesco, ma scelse più opportunamente la strada, potremmo dire, pedagogica. In merito ad aborto e contraccezione richiamò l’attenzione di Francesco sul fondamento teologico, più che morale o sociale, ricordando che le battaglie intraprese da Giovanni Paolo II a favore della vita erano battaglie prima di tutto a difesa del Creatore della vita, quindi a difesa di Dio (cfr. pp. 245-246).
Sull’omosessualità il Papa Emerito lodò la volontà di Francesco di trovare un “equilibrio tra il rispetto della persona, l’amore pastorale e la dottrina della fede” (p. 246). Però Benedetto volle “aggiungere un aspetto che risulta dai problemi della propaganda pubblica su questo punto. La filosofia del gender che qui è in gioco ci insegna che è la singola persona stessa che si fa uomo o donna. L’essere uomo o donna non è più una realtà della natura che ci precede. L’uomo è un prodotto di se stesso. […] Si tratta di una radicale negazione del Creatore e di una manipolazione dell’essere nella quale solo l’uomo è padrone di se stesso. In questa propaganda non ci si interessa per niente del bene delle persone omosessuali, ma di una voluta manipolazione dell’essere e una radicale negazione del Creatore. Io so che molte persone omosessuali con queste manipolazioni non sono d’accordo e sentono che il problema della loro vita diventa un pretesto per una guerra ideologica. Perciò, la resistenza forte e pubblica contro questa pressione è necessaria” (pp. 246-247).
In sintesi Benedetto XVI bacchettò Francesco non volendo però dare l’impressione di bacchettarlo. Ciò che per Francesco era secondario e che risultava critico a motivo del giudizio netto della dottrina, per Benedetto era essenziale ed era questione che trovava la sua soluzione sul piano dottrinale e quindi pastorale, una pastorale che è l’applicazione dei principi indicati dalla dottrina e non ne è la fonte, come invece indicano gli scritti e i discorsi di Papa Francesco.
Il libro, dunque, conferma ormai un dato di fatto: l’orientamento dottrinale e pastorale di Benedetto non solo era differente da quello di Francesco, ma antitetico su più aspetti, al netto della dovuta riverenza che il primo promise al secondo una volta divenuto Papa emerito. Ne è prova, sempre in ambito morale, la reazione di Benedetto alla notizia che Francesco non volle mai rispondere ai famosi dubia dei cardinali Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner che riguardavano, alla fine, l’esistenza o meno dei mala in se, ossia l’esistenza o meno di azioni sempre intrinsecamente malvagie. Ricorda il suo segretario: “Benedetto restò soltanto umanamente sorpreso per l’assenza di qualsiasi cenno di replica da parte del Pontefice, nonostante Francesco normalmente si mostrasse disponibile a incontrare e a parlare con chiunque” (p. 283).
Sullo stesso tema, che in positivo è quello dei principi non negoziabili (espressione coniata dallo stesso Papa Benedetto), Gänswein rammenta lo stupore del Papa emerito quando Francesco in un’intervista al Corriere della Sera dichiarò che non comprendeva la natura di simili principi (da lui definiti valori): “il 5 marzo 2014 Benedetto lesse sul «Corriere della Sera» l’intervista di Ferruccio De Bortoli a Papa Francesco e si chiese cosa il Pontefice non avesse compreso quando, rispondendo alla domanda sui «valori non negoziabili soprattutto in bioetica e nella morale sessuale», aveva dichiarato: «I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili». Senza permettersi di esprimere un giudizio, a livello personale il Papa emerito intese però quell’affermazione come un cambiamento di rotta e una velata critica nei riguardi del precedente comportamento di Giovanni Paolo II e suo, come se volesse dire che si può negoziare su tutto” (p. 294).
La lettura del libro di Gänswein conferma quindi che la prospettiva morale e teologica tra i due papi era e rimane insanabile. L’umiltà e la devozione mostrata da Benedetto verso Francesco non deve quindi trarre in inganno perché, anche regnante Francesco, il Papa emerito, quando ebbe occasione di pronunciarsi su alcune tematiche, assunse posizioni che oggettivamente non sono conciliabili con le prospettive di fondo del magistero di Francesco.