A Strasburgo salta la liberalizzazione della prostituzione
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Sospeso il voto, previsto ieri, su una risoluzione volta a raccomandare la normalizzazione dello sfruttamento sessuale. Un colpo di scena che rappresenta una vittoria per tutte le donne schiavizzate.
Colpo di scena a Strasburgo, rinviata la Risoluzione per liberalizzare la prostituzione: la si riscriverà tra sei mesi con altri relatori meno "partigiani". Ieri 3 ottobre, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (PACE) avrebbe dovuto votare una Risoluzione dal titolo Proteggere i diritti umani e migliorare la vita delle lavoratrici del sesso e delle vittime di sfruttamento sessuale (Doc. 16044 ). Si tratta di un documento non vincolante per gli Stati, che raccomanda la depenalizzazione e la normalizzazione della prostituzione. Reem Alsalem, Relatrice speciale sulla violenza contro le donne e le ragazze dell’ONU, ha rilasciato nei giorni scorsi una dichiarazione ufficiale durissima e molto ben argomentata contro il testo del Rapporto e della Risoluzione, invitando il Consiglio d'Europa a respingerli perché «pericoloso per le donne».
Ebbene, con un colpo di scena ad inizio del dibattito pomeridiano, che dà ragione delle preoccupazioni espresse non solo da Reem Alsalem e dall’European Center for Law and Justice di Gregor Puppink e da molte altre associazioni di aiuto alle donne vittime della tratta, oltre che alle decine di migliaia di firmatari della petizione di CitinzenGo, la presidente della Commissione “Eguaglianza e non discriminazione”, la “popolare” ucraina Mariia Mezentseva-Fedorenko, ha proposto di riportare la Risoluzione in Commissione, di non procedere alle votazioni e annunciato di voler chiedere stamane una proroga di altri sei mesi per ulteriori approfondimenti sul testo e per individuare un nuovo relatore.
L’Assemblea parlamentare ha accolto le richieste della Fedorenko e dunque tutto verrà rivisto e, molto probabilmente, cambiato nel testo in aula il prossimo aprile 2025. Una vittoria per tutte le donne schiavizzate e oggetto di violenze, mercanteggiamento e costrette a “vendere” intimità e dignità personali.
La risoluzione che ieri era alla attenzione dei membri del Consiglio d'Europa è in contrasto con le decisioni intraprese da altre due istituzioni europee: il Parlamento europeo, che ha adottato un Risoluzione abolizionista il 14 settembre 2023 e la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che ha emesso una sentenza dello stesso tono il 25 luglio 2024. Il caso era stato deferito da 56 associazioni che chiedevano la condanna del modello che penalizzava i clienti in Francia. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto quella denuncia, consentendo alla Francia di mantenere il suo modello abolizionista e infliggendo una battuta d'arresto alla lobby della prostituzione. Tra esse la “Open Society Foundation” (OSF) del nostro conoscente Soros che definisce «lavoratore del sesso» una persona che guadagna denaro in cambio di servizi sessuali o erotici consensuali, e preferisce il termine «lavoro sessuale» a «prostituzione» perché trova quest'ultimo «umiliante e stigmatizzante».
Il rapporto che accompagnava la Risoluzione includeva una critica a tutto campo alla visione abolizionista, usando per molti aspetti gli stessi argomenti e linguaggi del documento di OSF, mentre la depenalizzazione della prostituzione veniva applaudita. Tra le relazioni e i documenti dell’ONU erano scelti solo i più consoni alla visione mercantile della “vendita corporale”, così il recente Rapporto abolizionista Prostituzione e violenza contro le donne e le ragazze, pubblicato da Reem Alsalem, Relatrice Speciale dell'ONU sulla violenza contro le donne e le ragazze e presentato al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite nel luglio scorso, non viene nemmeno menzionato, a differenza di quello della sua collega Tlaleng Mofokeng, Relatrice Speciale dell'ONU sul diritto alla salute, a favore della depenalizzazione totale della prostituzione, che nel marzo 2024 ha pubblicato una Guida sui Diritti Umani delle Lavoratrici del Sesso. Inoltre, i documenti della PACE, censuravano la Risoluzione del 14 settembre 2023 sulla regolamentazione della prostituzione nell'Unione europea, in cui si trovano dati eloquenti: «in media, il 70 % delle persone che si prostituiscono nell'UE sono donne migranti… La tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale rimane di gran lunga la forma di tratta di esseri umani più diffusa nell'UE, dato che il 51 % delle vittime della tratta di esseri umani nell'UE è vittima della tratta a fini di sfruttamento sessuale».
D'altra parte, «secondo l'OSCE, la tratta a scopo di sfruttamento sessuale genera quasi 100 miliardi di dollari all'anno, costituiti principalmente da denaro pagato dagli uomini per fare sesso con le donne vittime della tratta». Inoltre, nei casi che non riguardano la tratta di esseri umani, una persona che si prostituisce è quantomeno spinta o costretta a farlo da circostanze particolari, come la povertà, le violenze o le minacce, ma sempre perché risponde alla richiesta di un terzo. Una palese violazione della dignità umana, confermata anche nel preambolo della “Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione della tratta di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui” del 1949 e tuttora in vigore.
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