Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ESPERIMENTI IN DIOCESI

A "messa" senza il prete: Ferrara, provincia d'Amazzonia

La diocesi di Ferrara annuncia che, visto il numero decrescente dei sacerdoti, alla Messa domenicale si potranno sostituire altri tipi di celebrazioni. Così, al criterio, da sempre usato dalla Chiesa, dell'impossibilità di partecipare alla Messa, si sta sotituendo quello della comodità, comunicando ai fedeli che la celebrazione dell’Eucaristia è fondamentale ma non tanto da richiedere un viaggio di una decina di minuti. Una mossa che anticipa l'esito del prossimo sinodo sull'Amazzonia?

Ecclesia 18_11_2018

«Da anni stiamo assistendo alla continua diminuzione di vocazioni e, conseguentemente, di presbiteri che possano presiedere l’Eucaristia. Si è cercato di fare fronte a questa oggettiva difficoltà cercando di rivedere il numero di Messe celebrate in ogni chiesa per assicurare a tutte le comunità almeno una Messa festiva. Vediamo che, purtroppo, questa strada non è più sufficiente. Siamo chiamati, quindi, ad operare nuove scelte che permettano ai fedeli di radunarsi alla domenica per lodare il Signore, ascoltare la sua Parola di salvezza e dare la possibilità di accostarsi alla Comunione». Visto l’approssimarsi del Sinodo sull’Amazzonia, pensavamo si trattasse di una presa di posizione del vescovo della diocesi brasiliana di Manaus. Poveracci: una media di più di 500 km quadrati e quasi diecimila battezzati per sacerdote. O magari della diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk, zona Siberia: oltre 52.000 km quadrati e 13.000 anime per sacerdote!

E invece no. Stiamo parlando dell’ “esotica” diocesi di Ferrara e della decisione del suo Vescovo. Precisiamo subito che – pare – la decisione di mons. Perego sia stata presa in concerto con gli altri confratelli vescovi della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna. Attenuante o aggravante? Decidete voi. Fatto sta che la lettera dello scorso 28 giugno, firmata dal direttore dell’Ufficio liturgico diocesano di Ferrara, nonché segretario personale del Vescovo, don Giacomo Granzotto, inviata ai sacerdoti della diocesi e accompagnata da due schemi celebrativi della Parola di Dio, lancia l’allarme di una inarrestabile moria di preti, che costringerebbe a strategie liturgiche alternative, celebrazioni previste dal can. 1248 § 2 e che, si precisa, «non intendono sostituire o intaccare la centralità dell’Eucaristia, il primo giorno in cui Cristo Signore è risorto».

Ma la realtà è davvero questa? Non basta non voler intaccare la centralità dell’Eucaristia a parole; bisogna anche capire se le scelte che si fanno traducono effettivamente questo principio. Torniamo in Siberia: se la celebrazione eucaristica a me più vicina fosse a 200 km di distanza, o magari il sacerdote fosse in grado di raggiungere un luogo più vicino una volta ogni morte di Papa, in effetti, procurare che ci siano celebrazioni della Parola in un raggio più abbordabile, è certamente comprensibile; ci troviamo di fronte ad una impossibilità pratica e non vi è rischio di comunicare ai fedeli uno svilimento del valore dell’Eucaristia. Se mi trovassi in Amazzonia e dovessi percorrere 40 km a piedi per raggiungere un centro Messa, è chiaro che risulterebbe opportuno prevedere altre celebrazioni non eucaristiche.

Ma a Ferrara? 169 parrocchie per 167 sacerdoti: dati suscettibili di correzione, ma praticamente una parrocchia a testa. Ipotizziamo una situazione catastrofica, e cioè che di questi 169 preti solo 100 godano di discreta salute e siano perciò in grado di celebrare la S. Messa. Visto che di domenica si può binare, e che il sabato sera c’è la Messa prefestiva, questi 100 sacerdoti potrebbero assicurare 300 SS. Messe per 169 parrocchie. Non male. Apriamo scenari apocalittici: supponiamo che l’unica Messa domenicale della diocesi sia celebrata a Ferrara città. Sapete quanto impiegherebbe in auto un residente a Goro, estremo est della diocesi per raggiungerla? Un’ora. E dall’“estremo” Nord, da Berra, per esempio? Quaranta minuti! Dunque, praticamente noi stiamo comunicando ai fedeli che la celebrazione dell’Eucaristia è fondamentale, essenziale, bla bla bla, al punto tale che… non vi deve dare l’incomodo di fare un viaggio di una decina di minuti. Sì, perché stante la situazione reale, se nella mia parrocchia non c’è la S. Messa, probabilmente, in circa 10 minuti riuscirò a raggiungere un posto dove la Messa viene celebrata. A Ferrara non c’è nemmeno l’alibi delle zone appenniniche…

L’articolo del Codice di diritto canonico, riportato nella lettera, spiega che «se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa IMPOSSIBILE la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro». Secondo voi, si può ritenere impossibile lo spostamento di qualche chilometro, posto che mediamente i trasporti non avvengono più a piedi o a dorso d’asino, per raggiungere una chiesa dove si celebra l’Eucaristia?

Nell’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis, § 75, Benedetto XVI ricordava che «il Sinodo ha raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in una delle chiese della Diocesi in cui è garantita la presenza del sacerdote, anche quando ciò richiede un certo sacrificio. Là dove, invece, le grandi distanze rendono praticamente impossibile la partecipazione all'Eucaristia domenicale, è importante che le comunità cristiane si radunino ugualmente per lodare il Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato». Il criterio è sempre quello dell’impossibilità reale, non del disagio o della scomodità. Nella lettera non si ricorda che la mancata partecipazione alla celebrazione dell’Eucaristia nelle domeniche e negli altri giorni di precetto, quando se ne ha la possibilità, è obbligatoria e che perciò, in questi casi, le celebrazioni della Parola di Dio non permettono di adempiere il precetto festivo.

È in effetti singolare che nella lettera si richiami la Presentazione del Direttorio Celebrazioni domenicali in assenza di presbitero, del 1988, secondo la quale occorre «assicurare, nel migliore dei modi e in ogni situazione, la celebrazione cristiana della domenica, senza dimenticare che la Messa rimane la celebrazione propria, pur riconoscendo la presenza di elementi importanti, anche quando la Messa non si può celebrare», ma non si riporti invece il n.18 dello stesso documento: «Quando in alcuni luoghi non è possibile celebrare la Messa di domenica, si consideri anzitutto se i fedeli non possano recarsi alla chiesa di un luogo più vicino per partecipare alla celebrazione del mistero eucaristico. La soluzione è da raccomandare anche ai nostri giorni, anzi, per quanto possibile, da conservarsi; ciò tuttavia richiede che i fedeli siano rettamente istruiti sul senso pieno dell’assemblea domenicale e si adeguino di buon animo alle nuove situazioni».

Istruiti i fedeli e magari istruiti anche i sacerdoti e i vescovi: è tutt’altro che raro vedere concelebrazioni eucaristiche domenicali, che manifestano meravigliosamente la comunione del presbiterio, eccetera, eccetera, salvo poi trovare parrocchie senza preti. O magari preti senza parrocchia, per il mancato adattamento al new style liturgico.