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VESCOVI

A Fermo la Chiesa si auto-silenzia

Domenica scorsa il vescovo di Fermo ha chiesto di sostituire l’omelia con il silenzio, in seguito all’omicidio di Civitanova Marche. Ma di fronte ai drammi la Chiesa può e deve parlare, altrimenti invece della voce dello Spirito risuonerà quella dei giornali. E a Sanremo ha parlato.

Editoriali 03_08_2022

A seguito dei tragici fatti di Civitanova Marche il vescovo di Fermo ha stabilito che domenica scorsa in tutte le chiese durante la Messa il sacerdote celebrante si astenesse dall’omelia, sostituita da un breve momento di silenzio per indurre alla riflessione. Questa scelta ha suscitato valutazioni diverse in diocesi, tra chi ha ricordato che in alcune occasioni il silenzio è più eloquente di mille parole e chi, invece, ha osservato che l’annuncio della Parola di Dio non può fermarsi davanti a questi eventi, ma li deve illuminare con la sua luce. Il vescovo ha voluto dare un segno, sottolineare la gravità del fatto, richiamare su di esso l’attenzione e, per questi obiettivi, ha forse pensato che fosse meglio fare qualcosa di inusuale, di contrario alla prassi abituale, proprio per rimarcare l’eccezionalità (negativa in questo caso) del fatto accaduto.  Se tutto continua come prima – deve aver pensato il vescovo di Fermo insieme ai suoi consiglieri in curia – la gente finisce per non fare mente locale. Forse, dietro la sua decisione, c’è anche la convinzione che rinunciare all’omelia domenicale non sia alla fine un gran danno e, sostituendola con la riflessione silenziosa, non si rinuncia a granché e si può ottenere molto.

Può essere utile confrontare questa decisione del vescovo di Fermo con quella presa da un altro vescovo nei giorni scorsi. Mi riferisco al vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons, Suetta, il quale ha promosso all’Ariston il film Unplanned che parla dell’aborto, invitando i suoi confratelli e i giovani ad assistervi. All’Ariston era tutto esaurito. Anche l’aborto è un grave misfatto e non ha nulla da invidiare al delitto consumato a Civitanova Marche. Sul tema, il vescovo Suetta ha parlato, sostenendo che la legge 194 che permette l’aborto procurato nel nostro Paese va abolita. E poi ha dato vita a questa iniziativa dell’Ariston, in sé molto eloquente, di richiamo mediatico, certamente più sonora di una omelia durante una Messa domenicale. Da un lato, davanti ad una tragedia umana e sociale, si decide che è meglio che la Chiesa non parli e che si lasci parlare il silenzio, dall’altro una Chiesa che parla, anzi che grida. Da una parte il silenziatore, dall’altra il megafono.

Un altro paragone viene alla mente, ispirato dalla decisione del vescovo di Fermo. Mi riferisco al silenzio della Chiesa durante il Covid e, in particolare, alla chiusura delle chiese, con la sospensione delle Messe, dell’Eucarestia e, naturalmente, delle omelie. Si tratta di situazioni diverse. Però anche in quel caso la Chiesa scelse il silenzio e, così facendo, ha fatto pensare di essere una Chiesa inutile, una Chiesa che al proprio posto fa parlare i fatti della storia, buone o cattive che siano, chiedendo ai propri fedeli di farsi da essi interrogare, in silenzio. La Chiesa del silenzio.

La Chiesa del silenzio era costretta ad essere tale dai regimi totalitari che le impedivano di parlare. So benissimo che il paragone con i fatti di Fermo non regge. Però da molti segni stiamo capendo che anche nelle cosiddette società libere, emerge una Chiesa del silenzio, non costretta ad esserlo ma che lo è per scelta. È vero che nelle chiese della diocesi di Fermo il Vangelo è risuonato comunque domenica scorsa, nonostante il vuoto dell’omelia, ed è vero che l’Eucarestia ha diffuso le proprie grazie. Però la Chiesa dovrebbe dire una parola al mondo, magari una parola in più oltre l’omelia piuttosto che una parola in meno.

Perché non entrare nella vita sociale, purtroppo a seguito di fatti drammatici ma senza strumentalizzarli, per annunciare una parola di giustizia? Perché non riprendere alcune luci della Dottrina sociale della Chiesa e diffonderle in queste occasioni drammatiche? Perché non iniziare qui un percorso formativo cristiano con i giovani, qualcosa che vada oltre la fiaccolata che spesso si fa in queste occasioni, e che dica quello che il silenzio non potrà mai dire. Il silenzio non parla mai da solo. Il silenzio, da solo, è vuoto. Per far parlare il silenzio bisogna proporre delle verità, educare a delle categorie interpretative della vita, fornire una concettualità che poi, nel silenzio, potranno essere riprese e fatte maturare. Ma a quel punto il silenzio non sarà più tale, sarà assenza di suoni ma non assenza di parole.

Se la Chiesa non parla, a parlare saranno solo i fatti o i giornali. Oggi molti pensano che “bisogna lasciar parlare lo Spirito” e ritengono che la Chiesa debba prima di tutto ascoltare le risonanze dello Spirito nei fatti di vita. Ma lo Spirito non è un venticello che ci parla nel silenzio. Se il nostro cuore e la nostra mente sono vuoti, lo Spirito non può parlarci. Lo Spirito non è nemmeno un fluido che promana dagli eventi della storia e magicamente ci fa capire chissà cosa. Tutti i fatti, compresi quelli tragici, in sé sono solo fatti. E poi lo Spirito parla prima di tutto nella Chiesa. Nelle omelie non sempre, a dire il vero, ma nella Chiesa sì e quindi anche la Chiesa deve parlare. E non solo a Fermo.