A 125 anni dalla canonizzazione Santa Rita attende Leone XIV
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La «perla preziosa dell'Umbria» fu iscritta nell'albo dei santi da Leone XIII il 24 maggio 1900. E il primo Papa agostiniano potrebbe presto recarsi dalla santa più invocata del suo ordine.

Dopo la visita a Genazzano, compiuta appena due giorni dopo l’elezione, c’è chi attende Leone XIV in un altro luogo simbolo della spiritualità agostiniana: Cascia. L'ultima volta vi andò l'anno scorso da cardinale, ma ora la cittadina umbra vorrebbe rivederlo da Papa. Magari, a sorpresa, proprio oggi, data in cui ricorrono esattamente 125 anni dalla canonizzazione di Santa Rita. Un auspicio di cui si è fatto portavoce il rettore del santuario, padre Giustino Casciano, che ad Agensir ha dichiarato: «Sabato 24 maggio celebreremo il 125° anniversario della canonizzazione di Santa Rita da parte di Leone XIII. Speriamo, con tutto il cuore, che Papa Leone XIV possa venire proprio in quell’occasione. Sarebbe un evento straordinario per tutta la comunità di Cascia, che attende con trepidazione la visita del primo pontefice agostiniano della storia. Un gesto simbolico che rafforzerebbe ulteriormente il legame tra il Papa e le sue radici agostiniane, un segno di vicinanza alla terra di Santa Rita e alla devozione che ogni anno richiama migliaia di pellegrini da tutto il mondo».
A Margherita Lotti, poi nota universalmente come Rita, si rivolge chiunque, vuoi per le molteplici situazioni della sua vita – sposa, madre, vedova, monaca, mistica – vuoi per la molteplicità di miracoli che sin dalla morte ne accompagnarono la fama di santità. La devozione alla santa di Cascia travalica i secoli e anche gli oceani, la provenienza geografica e sociale, ma soprattutto gli ostacoli: se la maggior parte dei santi è “specializzata” in questo o quel bisogno particolare, la “santa degli impossibili” condivide il patrocinio delle cause più disperate e delle grazie più insperate addirittura con San Giuseppe e con San Giuda Taddeo, apostolo e parente del Signore (naturalmente da non confondere con l’altro Giuda, l’Iscariota). Pare che le si possa chiedere qualsiasi cosa... purché difficile, anzi impossibile.
Una venerazione tale da spingere a Cascia ai primi del Novecento una benestante ragazza ligure, Maria Teresa Fasce (che sarebbe stata proclamata beata nel 1997). Vincendo le obiezioni della famiglia e delle stesse monache, non solo voleva farsi agostiniana, ma desiderava entrare proprio nel monastero di quella Rita che pochi anni prima era stata iscritta nell’albo dei santi. Ne divenne badessa ed è a lei che si deve il nuovo tempio, terminato nel 1947, pochi mesi dopo la sua morte. La sua opera ormai era compiuta e Cascia, che all’epoca era un borgo semisconosciuto, divenne una sorta di città-reliquiario, quasi un prolungamento della basilica in cui le spoglie mortali di Rita sono esposte alla preghiera dei pellegrini.
Il corpo di Rita è forse la prima testimonianza della sua santità. Non solo perché la fronte reca ancora traccia di quella spina che le rimase impressa per quindici anni, quale risposta visibile del Crocifisso alla sua preghiera di condividerne almeno in parte le sofferenze della Passione. Ma anche perché quel corpo non si poté mai seppellire, venendo fatto oggetto di continua devozione. Deposto in una prima cassa detta “umile”, fu poi traslato in quella detta “solenne” la cui decorazione già ne attesta la precoce e ininterrotta fama di santità. Sul coperchio vi è raffigurata Rita distesa e accanto al capo un cartiglio ne riassume l’esperienza mistica, concludendo «et non te parve ancor essere munda che XV anni la spina patisti per andare alla vita più jocunda». A quel corpo già venivano attribuite grazie e guarigioni testimoniate pure dal coevo Codex miraculorum, prima fonte del culto tributato alla “beata Rita”.
La beatificazione ufficiale giunse con il pontificato di Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, che era stato vescovo di Spoleto e pertanto conosceva bene Cascia e Rita. L’impulso decisivo venne dal cardinale Fausto Poli, nativo di Usigni, a poca distanza da Cascia. Il processo durò poche settimane e la beatificazione solenne fu celebrata a Roma il 16 luglio 1628. La devozione a Rita si diffuse specialmente nei luoghi in cui era presente l’Ordine agostiniano, e nel secolo successivo giunse fino alla casa regnante del Portogallo: sulla parete esterna del monastero è tuttora visibile l’epigrafe, datata 1750, «a Giovanni V, re del Portogallo, generosissimo benefattore», che ne aveva finanziato l’ampliamento in segno di gratitudine per una guarigione da un tumore al volto attribuita alla beata.
Per la canonizzazione si dovette invece attendere il Papa di Carpineto Romano che non aveva mai dimenticato il legame tra la sua famiglia e l’Ordine di Sant’Agostino. E in Umbria si era svolta una tappa rilevante della vita ecclesiastica di Gioacchino Pecci, il futuro Leone XIII, che era stato delegato apostolico a Spoleto e poi arcivescovo di Perugia. Il processo rimasto in sospeso ebbe inizio nel 1887. Tre i miracoli presi in esame: la guarigione, avvenuta nel 1850, di Elisabetta Bergamini, una bambina di Terni che rischiava di perdere la vista; quella di una suora di Cascia, Chiara Isabella Garofalo, costretta a letto da quattro anni e guarita all’improvviso dopo aver udito una voce che la invitava ad alzarsi; e quella di Cosimo Pellegrini, un sarto settantenne di Conversano, che all’epoca del processo si affidò a Rita, afflitto da gravi disturbi all’apparato digerente che lo avevano condotto in fin di vita. E fu la stessa Rita, in sogno, a restituirgli la guarigione. L’inchiesta fu condotta dal vescovo di Conversano, mons. Casimiro Gènnari (poi cardinale) che si adoperò per giungere alla canonizzazione.
Il 24 maggio fu uno dei giorni più significativi dell’anno giubilare 1900, quando Leone XIII canonizzò Giovanni Battista de La Salle e Rita da Cascia, definendo quest’ultima «perla preziosa dell’Umbria» – e il suo stesso nome in latino, margarita, significa appunto «perla». L’evento fu così rievocato un secolo dopo da San Giovanni Paolo II: «Rita da Cascia fu la prima donna ad essere canonizzata nel Grande Giubileo dell'inizio del secolo ventesimo, il 24 maggio 1900. Nel decretarne la santità, il mio Predecessore Leone XIII osservò che ella piacque a Cristo, tanto che la volle insignire con il sigillo della sua carità e della sua passione».
Oggi come nel 1900 siamo nel mezzo di un anno giubilare e sul soglio di Pietro siede un altro Papa di nome Leone. L’uno era legato a vario titolo all’Ordine di Sant’Agostino, l’altro – l’attuale – ne è membro, ne è stato a capo, e ha manifestato le proprie “radici” religiose sin dalla prima apparizione sulla loggia di San Pietro. Ce n’è abbastanza per pronosticare (se non oggi, a breve termine) una visita di Leone XIV dalla più celebre e più invocata dei santi agostiniani.
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Il primo agostiniano sul soglio di Pietro ha voluto chiamarsi come il pontefice della Rerum novarum, che dalla natia Carpineto era legato all'Ordine di Sant'Agostino. Un vincolo che riaffiora nella scelta di Leone XIV.
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- LA CASA DI SANTA RITA, LA CARITÀ CHE NASCE DALLA PREGHIERA, di A. Tarallo