Zuppi, la bibliolatria e i nuovi poveri dimenticati
Per la Domenica della Parola, il cardinale Zuppi ha fatto un improvvido paragone tra Scritture ed Eucaristia, dimostrandosi un adepto di ciò che il suo predecessore Biffi chiamava bibliolatria. L’attuale arcivescovo di Bologna si è spinto anche alla “pauperolatria”. Ma pare non accorgersi dei nuovi poveri causati dalla stessa Curia.
“Bibliolatria”: così il cardinale Giacomo Biffi definiva una certa moda postconciliare di pensare alla presenza di Dio nella Bibbia, quasi che il Signore fosse presente in un libro di carta come nel tabernacolo. Moda di avere sempre sulla bocca la “parola di Dio”, non nel senso meraviglioso che il monachesimo ha saputo dare a quel “mormorio” che sempre ci tiene uniti al Signore, quanto piuttosto in quel tirar in ballo tutte le volte “la Parola”.
Ad essere più precisi, la “bibliolatria” era per Biffi il quinto di una serie di idoli postconciliari, da lui lucidamente denunciati nel saggio Lamentazione sui tempi presenti, pubblicato nel libro La bella, la bestia e il cavaliere. Saggio di teologia inattuale; con la sua consueta acutezza e bonarietà, il cardinale descriveva queste false divinità sedute nel pantheon dei nostri tempi: la “antropolatria”, ossia di come ormai non si faccia altro che parlare dell’uomo e non di Dio; la “cronolatria”, cioè l’«adorazione dell’attualità», della novità; la “cosmolatria”, la clamorosa “adorazione del mondo”, al quale la Chiesa deve aprirsi per essere salvata e non per salvare; la “schizolatria”, ovvero l’assurda affermazione dell’autonomia di ogni ambito della vita da Cristo e dal Vangelo; e infine lei, la “bibliolatria”.
Biffi spiegava con un semplice esempio i sintomi che rivelano di essere gli idolatri del Libro e, dall’altra parte, le sane reazioni di chi adora solo Cristo Signore: «Un uomo dal semplice cuore cattolico, alla domanda: “Dov’è Gesù?”, risponde in modo del tutto ovvio e naturale: “In cielo alla destra del Padre e in chiesa nel tabernacolo”, senza che gli passi lontanamente per la testa di tirare in campo la Sacra Scrittura. Questo, per lui, è l’indirizzo di una persona reale e concreta». Continuava il cardinale: «Guai se l’interrogazione cominciasse ad avere come risposta: “Si trova nel vangelo di Luca, nel ‘corpus’ giovanneo, nella lettera agli Ebrei”, cominciasse cioè ad avere come risposta l’indicazione di un “luogo” letterario».
L’uomo “dal semplice cuore cattolico” non si sognerebbe mai di mettersi in adorazione della Bibbia, cosa che d’altra parte neppure le norme liturgiche prescrivono; e guarderebbe stralunato a chi gli dicesse che avere nelle mani la Bibbia è come tenere nelle mani l’Eucaristia. O altre amenità teologiche di questo genere.
E invece, ironia della sorte, è proprio il successore del cardinale Biffi alla cattedra della chiesa di Bologna - dopo l’“interregno” di Caffarra - a deviare e diventare a tutti gli effetti un “bibliolatra”: «Nella domenica della Parola ci mettiamo in “adorazione” del Verbum Domini, la parola di quel Corpo che lo completa, perché è tutt’altro che muto. Dovremmo portare la Parola di Dio in processione, proprio come l’Eucarestia. In realtà la vera adorazione è portarla con sé - come i Vangeli che Papa Francesco distribuisce a Piazza San Pietro raccomandandosi di portarli in tasca - leggerla, perché è lampada per i nostri passi, metterla in pratica perché tanti la riconoscano da come noi amiamo». Questo è un passo del messaggio che il cardinale Matteo Zuppi ha indirizzato alla diocesi di Bologna, in occasione della Domenica della Parola. E speriamo che a nessuno venga in mente di mettersi in tasca l’Eucaristia...
Probabilmente Biffi non si sarebbe sorpreso di sapere che queste espressioni sono uscite da un vescovo, anzi da un cardinale. E da chi altri potevano venire? Di certo non dall’uomo “dal semplice cuore cattolico”, che scuote la testa e torna a inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento, ammesso che si trovi ancora nelle chiese. Sì, perché un semplice cattolico coglie che una cosa è la presenza sostanziale di Cristo nell’Eucaristia, alla quale pertanto è dovuta l’adorazione di tutta la persona, e altra la presenza del Signore per mezzo della lettura della Sua parola nel contesto liturgico o personale. Il semplice cattolico coglie questa differenza, non tanto per via di una catechesi (che si spera abbia ricevuto), ma perché educato incessantemente dalla liturgia della Chiesa, che gli chiede di genuflettersi davanti al tabernacolo, ma non davanti all’Evangeliario o alla Bibbia; che porta in processione il Santissimo Sacramento e non - come auspicherebbe Zuppi - un libro; che gli chiede un gesto di adorazione prima di ricevere la Santa Comunione, e non invece prima di ricevere in regalo i Vangeli sinottici.
La “bibliolatria” ha dunque trovato un suo adepto nell’arcivescovo di Bologna. Che dimostra altresì di essere divenuto “antropolatra”, con una sfumatura pauperistica che Biffi non aveva all’epoca intravisto. Scrive infatti Zuppi, sottolineando la coincidenza della Domenica della Parola e la Giornata mondiale dei poveri: «Gesù è venuto ad annunciare il lieto annunzio ai poveri, li proclama beati e si identifica con loro tanto che qualsiasi cosa faremo ai poveri, l’abbiamo fatta a Lui. Corpus Domini nell’Eucarestia e Corpus Pauperum, che dobbiamo conoscere, amare, discernere, venerare proprio come con l’Eucarestia. Che cosa porta metterci in “adorazione” di fronte al povero come facciamo davanti al tabernacolo?». Già che cosa ci porta ad una sciocchezza del genere? Non certo la fede cattolica, ma una “pauperolatria” che, come si diceva, è una sottospecie dell’“antropolatria”, che Biffi così descriveva: «L’uomo sembra divenuto l’unico oggetto dei nostri pensieri, dei nostri interessi, della nostra adorazione». Il fatto che Cristo reputi come fatto a Sé ciò che si compie al più piccolo dei nostri fratelli, non significa che Egli sia sostanzialmente presente nell’uomo e nel povero. La più alta unione tra il Creatore e la Sua creatura, dopo quella ipostatica, è senz’altro la Santissima Vergine; ma mai a nessuno è venuto in mente di adorarla...
Mettere sullo stesso piano l’Eucaristia, la Bibbia e i poveri è uno dei tanti modi per creare confusione o, se vogliamo credere alle buone intenzioni del cardinale, per manifestare la confusione teologica che si ha in testa.
A buon conto, il cardinale farebbe bene ad occuparsi del fiume di nuovi poveri che popolano la sua diocesi e che sono stati causati da associazioni sedicenti cattoliche, da lui bene conosciute e sostenute, nonché dalla stessa Curia, che non hanno esitato a lasciare senza stipendio, e senza nemmeno il gesto di un assegno alimentare, padri e madri di famiglia, persone che vivono solo del proprio stipendio, solo perché non vaccinate (con tre dosi). Chissà se il brano di Mt 25, 40, che è sempre sulla bocca e sulla penna del cardinale, vale anche per i “piccoli” non vaccinati.