Zuppi il politico e un Natale che può fare a meno di Gesù
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Nella classica intervista natalizia al Corriere della Sera il presidente dei vescovi italiani spazia su tutti i temi politici del momento, e non cita neanche una volta Gesù, nemmeno rispondendo a una domanda diretta sul Natale.
Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato una intervista di Marco Ascione al cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente dei vescovi d’ Italia. L’aspetto che colpisce di più della lunga intervista (due pagine) è molto particolare e merita di essere sottolineato per primo: il nome di Gesù Cristo non compare mai. Dall’intervista emerge un Natale senza Bambino Gesù. Qualcuno può dire che è lo stile di papa di Francesco che continua, dato che Leone XIV, invece, non dimentica mai di parlare di Cristo e ha benedetto in piazza San Pietro le statuine del Bambino di Betlemme. Può essere così, dato che la cosa non è nuova per Zuppi, il quale sembra avere una propensione più volte manifestata a parlare in modo “laico”.
Nel colloquio con il giornalista, il cardinale tocca molti temi strettamente politici, dalla guerra in Ucraina a Trump, dal riarmo europeo al “modello Albania”, dalla legislazione sul fine vita all’autonomia differenziata. Parlando di questi argomenti si può anche capire, sforzandosi un po’, che si eviti di parlare di Cristo, ma alla domanda diretta con cui termina l’intervista, no: «Cosa racconta il Natale a un non credente?». Davanti allo spunto dell’intervistatore il cardinale ridimensiona l’annuncio e afferma che «il Natale ci riporta all’essenziale, all’umiltà, alla vera grandezza della vita e a riconoscerla in ogni persona. Natale aiuta a vedere la bellezza e la fragilità della nostra condizione, libera dall’idea terribile di forza e di esibizione di sé». Riconduce l’incarnazione del Verbo ad una dimensione solo umana.
Si dirà: ma la domanda si riferiva al non credente, cioè a chi appunto si ferma al piano umano senza andare oltre. Ma è proprio qui il nocciolo: al non credente la Chiesa annuncia l’Evento in cui credere, senza il quale anche gli aspetti umani non reggono e non soddisfano lo stesso non-credente. Se, davanti al non credente, la Chiesa rinuncia ad annunciare il Verbo incarnato nel Bambinello, non rispetta il suo interlocutore, il quale da essa non vuole sentire quanto sa dirsi da sé. Né si può sostenere che un giornale come il Corriere della Sera è laico e quindi sulle sue pagine si deve parlare solo in modo laico, per rispetto della laicità. Questa viene rispettata quando non la si abbandona a se stessa, quando le si prospetta altro da sé, qualcosa che essa non riesce nemmeno a ipotizzare, pur attendendola senza saperlo.
Tutte le precedenti domande dell’intervista erano, come si diceva, di carattere strettamente politico e anche le risposte del cardinale si sono collocate su quel piano. Tanto è vero che, se l’intervistato fosse stato un capo politico, da questa intervista si sarebbe potuto trarre il quadro pressoché completo della sua linea politica. Questo ipotetico uomo politico vuole la pace in Ucraina anche a costo di costose rinunce: «La pace deve essere giusta. Ma la pace giusta è sempre un compromesso che declina principi e realtà»; desidera allargare le maglie dell’accoglienza degli immigrati e potenziare l’integrazione anziché porre sbarramenti all’ingresso: «Aiutare i migranti qui in Italia, ma aiutarli a non partire offrendo strumenti per non lasciarla»; è decisamente europeista, intende continuare ad investire nell’Unione Europea, voltando le spalle alle tante critiche che in questo momento le vengono lanciate; è decisamente a favore del riarmo dell’Unione ed assegna a questo riarmo la valenza di un presupposto per la sicurezza e, quindi, per la pace: «La UE avrebbe bisogno di un efficace coordinamento unitario, premessa ad un esercito europeo. Un riarmo proporzionato ai reali rischi della sicurezza»; boccia l’autonomia differenziata: «Zaia mi ha rappresentato con intelligenza la sua posizione. Ci siamo capiti, ma non mi ha convinto»; desidera che sia approvata la legge sul fine vita: «il nostro auspicio è che il legislatore segua il solco delle sentenze della Corte costituzionale»; è a favore del riconoscimento e della integrazione della galassia omosessualista. Nell’insieme si tratta, come si vede, di un posizionamento politico laico su problematiche laiche che si sarebbe trovato a proprio agio anche nelle parole non di un cardinale ma di un intervistato laico.
Entrando nello specifico di alcune domande più collegate con la dimensione ecclesiale, l’intervista conferma alcune discutibili prese di posizione del presidente della CEI, sulle quali, purtroppo, quasi nessun vescovo si è sentito di porre almeno qualche punto interrogativo. Sostenere una legge che ammetta il suicidio assistito, anche se per il momento solo in alcuni casi, è assolutamente contrario alla morale naturale e agli insegnamenti della Chiesa. Eppure, Zuppi continua su questa strada. Affermare che la secolarizzazione è irreversibile e comunque positiva, posizione confermata in questa intervista, è un discorso avventato e pericoloso. Insistere nel tenere insieme i principi non negoziabili e il pluralismo democratico («lo Stato non può non tenere conto dei diversi punti di vista, ma sulle questioni antropologiche non può neppure fare a meno della pienezza della persona umana») non fa arrivare da nessuna parte.
Insomma, il solito Zuppi.
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