Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sacra Famiglia a cura di Ermes Dovico

ANNIVERSARIO

Zolli, il rabbino capo che si arrese a Cristo

Settant’anni fa, a guerra non ancora finita, il 13 febbraio 1945, l’ex rabbino-capo di Roma, Israel Zolli, con la moglie, chiese i di essere ammesso nella Chiesa cattolica dopo una conversione che aveva una radice lontana, ma avvenne grazie alla clamorosa visione di Gesù Cristo, in Sinagoga. Questa la straordinaria storia.

Ecclesia 13_02_2015
Israel Eugenio Zolli

Nella “Città santa” occupata durante la Seconda guerra mondiale dai tedeschi, alla lista che lo storico Renzo De Felice (1929-1996) ha stilato degli ebrei salvati dalla carità di Pio XII (ben 4.447 persone che, fra il 1943 e il ’45, trovarono asilo e protezione negli istituti religiosi di Roma e in case private dell’organizzazione clandestina cattolica facente direttamente capo al Vaticano - cfr. Storia degli ebrei in Italia sotto il fascismo, 4a ed., G. Einaudi, Torino 1988-), va aggiunto anche Israel Zolli (1881-1956).

Giusto settant’anni fa, a guerra non ancora finita, il 13 febbraio 1945, l’ex rabbino-capo di Roma (1940-1944), con la moglie, chiese, infatti, di essere ammesso nella Chiesa cattolica dopo una conversione che aveva una radice lontana, ma avvenne grazie alla clamorosa visione di Gesù Cristo, in Sinagoga, mentre celebrava la festa dell’espiazione-Yom Kippur nel settembre del 1944. D’allora Zolli cambiò il proprio nome da Israel in Eugenio, in onore di papa Pacelli. Il motivo? Il tributo di riconoscenza a Pio XII che l’aveva prima accolto a braccia aperte e, poi, aiutato anche materialmente, insieme a tanti altri ebrei allora perseguitati dai nazisti.

Fu Don Roberto Ronca (1901-1977), allora rettore del Seminario romano Lateranense (1933-1948), ad aiutare Zolli, su ordine di papa Pacelli, per fronteggiare prima le pressioni del mondo ebraico dirette a farlo recedere dalla decisione di convertirsi e, poi, una volta confermata, a resistere all’impoverimento, suo e della sua famiglia, conseguente all’espropriazione dei beni e redditi imposto con il ritiro dall’incarico di rabbino-capo di Roma. Come ho dimostrato ricorrendo a documenti inediti nel mio libro Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del Dopoguerra. La figura e l’opera di mons. Roberto Ronca (D’Ettoris Editori, Crotone 2008, pp. 244), l’atteggiamento di vicinanza e carità dimostrato da don Ronca verso Zolli è testimoniato e incontrovertibile.

Forse anche per questo, come ha rilevato Vittorio Messori, negli ultimi settant’anni su Eugenio Zolli «è sceso il silenzio» (Corriere della Sera, 4 novembre 2010). Zolli, a partire dal 13 febbraio 1945, fu letteralmente “ostracizzato” dai dirigenti della comunità ebraica di Roma, che gli intimarono subito di lasciare l’abitazione che aveva nel ghetto di Roma. Egli richiese, ma non ricevette alcuna comprensione e solidarietà dai suoi ex correligionari nonostante le difficoltà di sostentamento che dovette affrontare con la propria famiglia.

Quando Israel e la moglie Emma Majonica (che aggiunse al suo quello di Maria, in onore della Madre di Dio) furono battezzati il 13 febbraio 1945 da mons. Luigi Traglia, vicegerente di Roma, fu grazie all’interessamento di don Ronca che l’ex rabbino poté letteralmente sopravvivere. D’allora si scatenò nei suoi confronti una damnatio memoriae talmente efficace che il racconto della sua conversione, originariamente scritto in italiano nel 1954, poté allora uscire solo negli Stati Uniti ed è stato pubblicato in Italia cinquant’anni dopo [cfr. Eugenio Zolli, Prima dell’alba. Autobiografia autorizzata, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2004]. La famiglia Zolli (i due anziani coniugi, insieme alla figlia Myriam), caddero nel 1944 sul lastrico perché Israel fu privato, con decorrenza immediata, di tutte le fonti di reddito di cui precedentemente godeva, non solo in relazione al servizio religioso, ma anche a quello “professionale” prestato in qualità di direttore del Collegio Rabbinico di Roma.

Si rendeva dunque necessaria una richiesta rivolta da mons. Ronca ad Alcide De Gasperi nel febbraio 1945, di «[…] appoggiare, se possibile, o favorire il desiderio dell’ex-Rabbino Zolli di divenire Professore di Ebraico moderno nella nostra R. Università» (cfr. Archivio Ronca “H”. Tale lettera, fino al 2008 rimasta inedita, è indirizzata “A Sua Eccellenza On. Alcide De Gasperi, Ministro per gli Affari Esteri”, e reca come intestazione: “Roma, 14 febbraio 1945”).

L’incarico nell’Università statale italiana a Zolli non costituiva affatto una richiesta peregrina da parte del futuro vescovo di Pompei (Ronca fu nominato da Pio XII Prelato della Città mariana nel 1948). Tale designazione, motivata evidentemente da ragioni innanzitutto di solidarietà umana e cristiana, avrebbe anzi dato lustro all’accademia nazionale se si fosse guardato non solo al precedente curriculum di docenze dell’ex rabbino (che aveva insegnato, fra l’altro, Ebraico e lingue semitiche antiche presso l’Università di Padova dal 1918 al 1938), ma anche alla quantità e qualità delle sue pubblicazioni, fra cui Israele: studi storico-religiosi (Istituto delle edizioni accademiche, Udine 1935) e Il Nazareno (Istituto delle Edizioni Accademiche, Udine 1938). Non è un caso, quindi, se contemporaneamente gli furono affidati, dal 1946 al 1955, anche gli insegnamenti di Lingua e letteratura ebraica post-biblica e Lingua e letteratura aramaica post-biblica dall’Istituto Biblico Pontificio di Roma.

Alcuni giorni dopo il suo battesimo Israel, divenuto “Eugenio”, trovò temporaneo alloggio presso l’Università Gregoriana grazie all’allora rettore, il gesuita Paolo Dezza (1901-1999). Tramite il futuro cardinale, presumibilmente, venne interessato don Ronca ad attivarsi in favore di Zolli presso De Gasperi. In seguito all’intervento dello statista trentino l’università La Sapienza affidò nel 1946 all’ex Rabbino di Roma le cattedre di Epigrafia e antichità semitiche e quella di Ebraico e lingue semitiche all’interno della facoltà di Lettere. Stando alla testimonianza di padre Dezza, nel 1944 alcuni ebrei americani giunsero appositamente a Roma per offrire a Zolli «[…] qualsiasi somma desiderasse» per tornare sui suoi passi [Paolo Dezza S.J., Eugenio Zolli: da Gran Rabbino a testimone di Cristo (1881-1956), in La Civiltà Cattolica, quad. 3136, anno 132, Roma 21 febbraio 1981, (pp. 340-349) p. 344]. 

In seguito furono esponenti del protestantesimo ad avvicinarlo promettendogli del denaro se, con i suoi studi biblici, avesse dimostrato l’inconsistenza nella Sacra Scrittura del Primato petrino [cfr. Judith Cabaud, Il rabbino che si arrese a Cristo. La storia di Eugenio Zolli, rabbino capo a Roma durante la seconda guerra mondiale, Prefazione di Vittorio Messori, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2002, p. 97]. A tutte queste “generose” profferte l’ex rabbino si negò ma la sera del Battesimo, Zolli non aveva neppure di che cenare, tanto che il celebrante monsignor Traglia gli diede, per le esigenze immediate sue e della famiglia, cinquanta lire a titolo di elemosina. A questi protagonisti dimenticati, si deve che Zolli, da gran rabbino, è ancora oggi testimone di Cristo.