Xylella, l'ecologismo non è la cura ma parte del problema
In Puglia dilaga il batterio della Xylella Fastidiosa, che sta uccidendo gli ulivi. Ormai è un'emergenza europea. Perché tanti ritardi nella lotta di una malattia individuata nel Salento già nel 2013? Perché gli ecologisti protestano e denunciano complotti. E la magistratura ferma tutto, per anni.
Brutte notizie dalla Puglia. Dilaga il batterio della Xylella Fastidiosa, che sta uccidendo gli ulivi. Non solo il Salento ne è colpito, ma inizia ad essere contaminato anche il Nord della Puglia. Ed è allarme in tutta Europa, per una malattia delle piante che non si può curare, ma solo isolare, con metodi drastici e dolorosi quale lo sradicamento delle piante e la creazione di aree di contenimento. La diagnosi, nel Salento, risale al 2013. Perché in questi cinque anni non è stato fatto abbastanza per contenere il contagio? La risposta è multipla, ma almeno una causa ha dell’incredibile: sono soprattutto gruppi ecologisti e alter-mondialisti che hanno fermato la lotta alla malattia. E la magistratura non è stata affatto di aiuto.
Le ultime notizie sono molto allarmanti. L’area più colpita è in provincia di Lecce, a cui si aggiungono le due zone di contenimento e cuscinetto, in tutto 17mila ettari, nelle campagne di Taranto e Brindisi. Nel monitoraggio 2016-2017 gli ulivi infetti erano meno di 900. L’ultimo aggiornamento dei dati, inviato dalla Regione al ministero delle Politiche Agricole, parla di 3277 piante risultate positive alla Xylella. Più del triplo, dunque. Come ha avuto origine la malattia, nota nel continente americano, ma mai palesatasi in Europa? La causa potrebbe risalire all’importazione di piante ornamentali dal Sud America. Così almeno si può dedurre dagli indizi più evidenti: il batterio individuato nel Salento appartiene a un ceppo presente nel Costa Rica e la prima area colpita è ricca di vivaisti di piante di importazione. Perché è stata combattuta così lentamente, tanto da non arrestare il contagio, che avviene tramite insetti, dunque è a corto raggio?
L’Ue non ha reagito bene alla politica italiana. Siamo nel mirino di Bruxelles da almeno tre anni. La prima procedura d’infrazione europea era stata aperta nel dicembre 2015, relativa ai ritardi nell’applicazione della decisione della Commissione 789/2015, con cui si disponeva di rimuovere tutte le piante ospiti, anche se ‘portatrici sane’ o solo sospettate di essere infette. L’Ue aveva poi stabilito la necessità di creare una zona cuscinetto, a nord della zona infetta nel Salento. Nel giugno del 2016, vista la mancanza di progressi, era partita la seconda procedura d’infrazione europea. Nonostante tutto, fino alla fine del 2017 l’intervento contro la malattia è stato insufficiente.
Un primo piano d’intervento era stato predisposto dalla Regione Puglia nel 2015, e affidato al comandante della guardia forestale regionale Giuseppe Silletti. Il piano è stato però bloccato, dopo le proteste di olivicoltori e ambientalisti, prima da numerosi interventi del Tar e poi dalla Procura di Lecce che ha messo sotto sequestro tutte le aree interessate dall’infezione individuate dal piano Silletti. Non solo: lo stesso comandante della guardia forestale è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Lecce, assieme ad altre nove persone. Alla vigilia di Natale del 2015, rassegnava le dimissioni. Il sequestro è stato prorogato, di sei mesi in sei mesi, fino a tutto il 2017, per proseguire nelle indagini. E’ soprattutto questo il motivo della lentezza nella reazione italiana contro il dilagare della malattia. Ma di cosa erano accusati i dieci indagati? Perché il sequestro? Su cosa si indagava?
E qui inizia il bello. La denuncia è partita da un’associazione agricola ecologista in difesa degli ulivi e contro il loro sradicamento. Secondo la denuncia, la Xylella sarebbe stata introdotta in Italia nel 2010 dai ricercatori dell’Istituto Agronomo Mediterraneo (Iam) di Bari, durante una sessione di studi sull’individuazione e la lotta alla Xylella. L’accusa è smentita da prove solide: il ceppo introdotto in quella sessione di studi riguardava le viti e non gli ulivi, anche fosse sfuggito dal laboratorio non sarebbe arrivato a contaminare il Salento, a 200 km di distanza da Bari. Di fatto, chi studiava il batterio è stato accusato di averlo diffuso. Non solo, un movimento civico con testimonial d’eccezione, quali la comica Sabina Guzzanti, il cantante Nandu Popu, il gruppo dei Negramaro, Al Bano e tanti altri, ha iniziato la protesta contro lo sradicamento degli ulivi, attirando una grande attenzione mediatica nazionale. La tesi diffusa soprattutto da Sabina Guzzanti e da Nandu Popu ha dell’incredibile: la Xylella sarebbe frutto di una cospirazione internazionale ordita dalla multinazionale Monsanto, per distruggere gli uliveti in Puglia e soppiantarli con ulivi Ogm creati in Israele. La “pistola fumante”? L’esistenza di un laboratorio in Brasile di proprietà della Monsanto chiamato Alellyx, anagramma di Xylella. In realtà si chiama così perché è il laboratorio che ha sequenziato il genoma del batterio: anche qui, chi studia una cura della malattia viene accusato della sua diffusione. Inoltre non è mai stata dimostrata l’esistenza di ulivi Ogm in Israele.
Tuttavia questo teorema ha avuto uno straordinario successo, come tanti altri in Italia che riguardano la paura della scienza e sono di incentivo a promuovere un’agricoltura pre-tecnologica. La magistratura ha preso sul serio queste tesi. La politica locale, a partire dal governatore Michele Emiliano, le ha prese sul serio. Il Movimento 5 Stelle, attualmente il primo partito in Italia, ha fatto propria questa battaglia. E intanto la Xylella si diffonde, contagia il resto della Puglia, mette a rischio aree di una bellezza unica come la Piana degli Ulivi, si spinge verso Nord, diventa un pericolo europeo.