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RAI E PROPAGANDA

Xinjiang, il problema è il genocidio. Non il caldo

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Fa notizia lo Xinjiang, Cina occidentale, in cui le temperature hanno raggiunto 52 gradi. E la Rai dedica a quella regione un servizio che pare uno spot turistico. Ma qualcuno si è accorto che nello Xinjiang è in corso il genocidio degli uiguri?

Esteri 22_07_2023
Xinjiang, centro di detenzione

In Italia fa caldo. In Cina, a quanto risulta, anche di più. Per questo ha fatto notizia lo Xinjiang, regione autonoma nella Cina occidentale, in cui le temperature hanno raggiunto anche i 52 gradi. Lo Xinjiang ha un territorio desertico, è nel pieno del continente euroasiatico, quindi… ma di questa regione non si parla solo per il caldo.

La Rai, nel suo servizio sul caldo dello Xinjiang, andato in onda il 19 luglio (lo trovate qui al minuto 27:30), a firma del corrispondente in Cina Marco Clementi, è riuscita a realizzare un’opera che è a metà strada fra la sensibilizzazione al cambiamento climatico, il costume e la promozione turistica. Si mostrano le bellezze naturali della regione, come i locali si sono attrezzati per accogliere i turisti e proteggerli dal grande caldo, quanto ci si può divertire e quanto sono originali questi cinesi che hanno costruito un “castello di ghiaccio” in pieno deserto, dove si trova anche “un Cremlino di ghiaccio”. I cinesi intervistati sono tutti entusiasti, ringraziano (il governo, ndr) per aver escogitato vari metodi per proteggerli dal sol leone.

Sarebbe un servizio divertente, se non fosse ambientato proprio nello Xinjiang, terra in cui i cinesi stanno praticando sistematicamente una politica di genocidio culturale, ai danni delle popolazioni autoctone, soprattutto i turcofoni uiguri.

Un dissidente, presidente del Consiglio mondiale uiguro, Dolkun Isa, in febbraio è passato proprio dal nostro Paese, per presentare in Senato il libro La trappola cinese, con la prefazione di Giulio Terzi (senatore FdI, ex ministro degli Esteri). Ecco la sua testimonianza in pillole: “La popolazione uigura versa in una condizione terribile. Ad oggi si contano 3 milioni di persone, uiguri e kazaki, che soffrono nei campi di concentramento. Un milione di bambini vive separato dalle famiglie. Il Partito Comunista cinese prende di mira tutto ciò che ci rende unici. Cultura, religione, tradizione, sono sradicate sistematicamente. Le nostre donne subiscono stupri e sterilizzazioni forzate. E tutto ciò avviene nel XXI Secolo”.

Una strategia cinese consiste nell’isolare completamente la regione, per non far trapelare alcuna notizia. “Non sappiamo cosa accade nei campi di concentramento, perché è impossibile avere informazioni. E non solo è difficile capire cosa accada al loro interno, perché il regime cinese ha trasformato tutta la regione in una sorta di carcere a cielo aperto. Anche io ho perso ogni contatto con la mia famiglia fin dal 2017”.

Un’altra strategia consiste nel creare un’immagine completamente falsa dello Xinjiang. Ad esempio sostenendo che i campi di concentramento e di rieducazione siano delle "scuole di avviamento professionale". E che la persecuzione sistematica delle minoranze sia unicamente una guerra contro il terrorismo islamico. La BBC, che ha svelato i documenti della polizia in cui si trovano le prove della persecuzione degli uiguri, nel 2019 aveva girato un servizio in un campo di rieducazione con immagini autorizzate, quindi molto edulcorate. Il commento, comunque, era tutt’altro che ingenuo, i giornalisti hanno fatto di tutto per andare dietro la facciata che il regime voleva mostrare al mondo.

Per la Rai, invece, ancora nel 2023, il principale problema dello Xinjiang è il caldo eccessivo. Ma almeno è secco.