Xi-Putin, un'amicizia che ridisegna il mondo
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La visita a Mosca del presidente cinese mette in evidenza il crescente coinvolgimento internazionale nel conflitto e il fatto che Putin sia tutt'altro che isolato. Nel frattempo gli incidenti militari si moltiplicano e si allontana qualsiasi possibilità di un negoziato.
La visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping mette in evidenza due elementi importanti della crisi ucraina. Anzitutto il coinvolgimento crescente delle potenze mondiali: se da una parte questo potrebbe far sperare in maggiori pressioni per una fine del conflitto, visto che l'instabilità creatasi è vista con preoccupazione soprattutto dai paesi emergenti, dall’altra mette in evidenza la pericolosità della situazione, destinata a crescere man mano che la guerra si protrae senza previsione di un qualsivoglia sbocco risolutivo.
Da notare, fra l’altro, che contemporaneamente alla presenza di Xi a Mosca è arrivato a Kiev per una visita a sorpresa il premier giapponese Fumio Kishida, che ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. È la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale che un leader giapponese va in visita a un paese in guerra, e già questo dice l’importanza che viene data in Asia a quanto sta accadendo in Europa.
Ma soprattutto le reazioni più importanti al vertice russo-cinese sono venute dagli Stati Uniti, che hanno dimostrato – nel caso qualcuno ancora non lo avesse capito – che la partita si gioca soprattutto tra Mosca e Washington con Kiev a fare da pedina. Dall’amministrazione Biden è infatti arrivato subito un “no” preventivo a qualsiasi cessate il fuoco che non preveda come precondizione il ritiro dei militari russi dai territori finora occupati.
La Cina in effetti tiene a riproporre il suo piano di pace in 12 punti che in realtà è solo l’enunciazione di princìpi generali su cui è facile convenire, a parte la richiesta di un cessate il fuoco immediato che congeli la situazione sul campo. Ma il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha detto che questo «sarebbe un modo di sostenere l’accettazione delle conquiste russe». Al contrario, il presidente russo Vladimir Putin ha detto di considerare il piano cinese un punto di partenza, non prendendo neanche in considerazione la possibilità del ritiro delle truppe. E dunque avanti con la guerra, che tutti sembrano concordi nel ritenere che durerà a lungo.
Un secondo elemento da sottolineare è il fatto che la Russia non è affatto isolata, come avrebbero voluto le cancellerie occidentali. La cordialità e l’ostentato sostegno pubblico di Xi a Putin, fino ad auspicarne la rielezione a presidente russo nelle elezioni del 2024, dicono anche di quanto irrilevante sia stata la recente incriminazione di Putin da parte della Corte Penale Internazionale. Di più: Xi ha invitato Putin a ricambiare la visita a Pechino e nel frattempo i due hanno firmato una serie di accordi economici che per Mosca sono un aiuto a bilanciare le perdite dovute alle sanzioni occidentali.
Anche se nel documento congiunto finale Cina e Russia ci tengono a chiarire che la loro non è un’alleanza politico-militare, il segnale di vicinanza di Pechino a Mosca è inequivocabile, tanto che a Washington si continua a temere, se non proprio sospettare, un aiuto militare cinese alla Russia. E se anche non ci fosse ancora, nessuno può garantire che un inasprimento della guerra non spinga la Cina a questo passo. In questo senso non è una buona notizia l’annuncio di ieri del governo britannico di fornire all’Ucraina munizioni anticarro all’uranio impoverito, cosa che ha provocato una furiosa reazione da parte del governo russo: Putin, con Xi a fianco, ha detto che la Russia «reagirà» e il ministro della Difesa Sergej Shoigu ha detto che con queste dichiarazioni del Regno Unito lo scontro nucleare è «a un passo».
In ogni caso non c’è solo l’«amicizia» cinese a sostenere Putin. La visita a Mosca di Xi Jinping ha coinciso, sempre nella capitale russa, con la Conferenza parlamentare Russia-Africa. Vale a dire che a Mosca c’erano anche i rappresentanti di 40 stati africani su 54, paesi giovani e ricchi di risorse evidentemente sganciatesi dall’influenza europea e americana. Mosca ha annunciato per loro il condono del debito per 20 miliardi di dollari e la promessa che se a maggio non verrà rinnovato l’accordo che permette l’esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero, la Russia darà comunque gratuitamente il suo grano ai paesi africani che ne hanno bisogno.
Insomma, anche se la stampa occidentale spinge a pensare il contrario, il mondo è già multipolare. E se gli Stati Uniti rimangono ancora la prima potenza mondiale e si preparano a fronteggiare la concorrenza cinese, l’Europa deve fare i conti con una crescente emarginazione politica ed economica, a cui contribuisce ulteriormente l’incapacità di una iniziativa autonoma sulla guerra in Ucraina.
L’insieme di tutti questi fattori fa ritenere che, a meno di colpi di scena, la possibilità di una soluzione negoziata al conflitto ucraino sia purtroppo lontanissima; che Stati Uniti e Russia preferiscano il muro contro muro con “contatti” militari sempre più ravvicinati, come dimostrano negli ultimi giorni il caso del drone americano abbattuto e ieri i due bombardieri americani intercettati sul Mare Baltico; che, in questo clima, cresce anche la possibilità di incidenti che possano scatenare una pericolosa escalation.