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PAOLO IL CALDO

Volkswagen, amare lezioni da una truffa

Tre lezioni da apprendere dalla truffa di Volkswagen: mai fidarsi del venditore, mai fidarsi di quel governo che protegge il venditore, uniformare le leggi sull'ambiente. Le conseguenze più gravi, a parte quelle economiche, saranno nel crollo di fiducia nei confronti dell'industria automobilistica.

Paolo il caldo 25_09_2015
Volkswagen

Qualunque tipo di combustione, ed in particolare quella che avviene in motori a combustione interna, determina l’espulsione, e conseguente immissione in atmosfera, di sostanze inquinanti, alcune delle quali (ossidi di azoto – NOx; ossidi di zolfo – SO2 e SO3; ossido di carbonio – CO; composti organici volatili – COV; idrocarburi aromatici; etc.) pericolose per la salute e la vita dell’uomo; al superamento di determinate concentrazioni esse infatti possono dar luogo a patologie come tumori, disturbi del sistema immunitario, asma.

Con l’aumento delle attività industriali e delle circolazione di mezzi di trasporto, i livelli di inquinanti presenti nell’atmosfera, specialmente dei centri urbani, aveva raggiunto livelli inaccettabili; si tratta di un fenomeno che è stato reso molto meno grave da una serie di normative susseguitesi dagli anni ’70, ma che però potrebbe essere eliminato solo col divieto di utilizzare motori a combustione interna, il che – per motivi sia tecnologici che economici – non è possibile. Oggi e domani questo fenomeno non è evitabile: dopodomani chissà.

In considerazione dello stato delle cose, varie entità istituzionali competenti in materia (federazioni, unioni di stati, stati, regioni) cominciarono a stabilire dei limiti entro i quali tali emissioni dovevano essere contenute. La articolazione dei valori di tali limiti a seconda dell’ente che emanava la norma ha determinato la presenza di limiti diversi, anche in riferimento alle stesse sostanze. Per quanto riguarda gli autoveicoli, normalmente l’autorizzazione alla circolazione viene determinata in sede di omologazione, previa verifica del rispetto dei limiti ammessi; o in adesione alla dichiarazione prodotta dal produttore.

Ora, è successo che l’EPA, che è una Agenzia del Governo americano, esattamente come la CIA e la DEA, ed è quindi indipendente nello svolgimento delle sue attività, non certo come collocazione istituzionale, contrariamente a quanto affermato da alcuni sprovveduti, si è accorta che alcuni produttori – almeno la Volkswagen – fornivano false dichiarazioni, appoggiandone la veridicità sui dati provenienti da una componente “bugiarda” del motore, al fine di migliorare il rapporto consumo/prestazioni dichiarato per i propri veicoli. È seguito un bailamme mediatico e politico, che diventerà presto anche giudiziario per le numerosissime richieste di risarcimenti che si prevedono.

Quali insegnamenti discendono da questa storia? Diversi, credo io. Innanzitutto, che la fiducia riposta nel venditore è in genere mal riposta (popolare: “Oste, è bono er vino?”), poiché troppo spesso l’interesse materiale fa premio sull’onestà; poi, che questo vale anche per gli Stati ritenuti più seri, come la Germania, se è vero che il governo di Berlino – come sembra – fosse al corrente della faccenda, e quindi complice degli imbroglioni. Terzo: che la difesa dell’ambiente e la legislazione ambientale trovano un grave punto di debolezza nella frammentazione delle competenze; i regolatori devono avere la più estesa competenza possibile, dato che problemi e soluzioni sono ovunque identici. Se i limiti imposti negli USA fossero stati uguali a quelli europei, sarebbe stato molto più probabile vedere la magagna della Volkswagen emergere prima di quanto non sia effettivamente avvenuto.

Ma dall’accaduto derivano anche conseguenze più gravi, dal punto di vista economico e da quello più generale dei rapporti tra i soggetti sociali. Per quanto riguarda l’impatto economico, che qualcuno arriva a stimare anche 100 miliardi di euro, è chiaro che ricadrà sul sistema economico tedesco, e in particolare sulla Volkswagen e sulle aziende controllate; ma quello che preoccupa di più sono le conseguenze sul rapporto di fiducia tra la gente e l’industria, sul discredito e la diffidenza che questa accumulerà. 

Volkswagen non ha commesso un errore: ha perpetrato una truffa, dichiarando il falso e sostenendone la veridicità finché le è stato possibile. È giusto che paghi in contanti e in discredito. E le nostre autorità dovrebbero darsi da fare perché siano sventati episodi del genere nel nostro futuro.