Voce dal sen fuggita: gli errori di Borrelli e Azzolina
Le parole possono a volte fare più male delle pietre. Ha fatto male ai cittadini e ai mercati la dichiarazione di Borrelli (Protezione Civile), secondo cui noi potremmo tornare a vivere solo nella seconda metà di maggio. Ha fatto male a studenti e insegnanti l'anticipo del decreto della Azzolina (Istruzione) sul fatto che tutti verranno promossi.
-“DATECI LA MESSA”. INDOVINA CHI SALE IN CATTEDRA? di Andrea Zambrano
Le parole possono a volte fare più male delle pietre. Annunci sbagliati sono in grado di innescare reazioni incontrollate con effetti devastanti sulla società e sarebbe bene che i rappresentanti delle istituzioni misurassero davvero le loro esternazioni, soprattutto in periodi come questo. Ne abbiamo avuto la riprova due giorni fa, quando il Capo del Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli ha pronosticato un prolungamento della quarantena fino a metà maggio. Le sue frasi sembravano molto chiare: «Passeremo anche il primo maggio in casa. La seconda fase, quella della lenta ripresa e della convivenza con il virus, inizierà a metà maggio».
Per gli italiani, già tappati in casa più o meno da un mese, è stata una doccia gelata, il crollo delle speranze di poter iniziare a rivedere la luce dopo la Pasquetta di clausura che li attende. Le smentite di rito, arrivate subito dopo, non sono bastate a placare gli animi esasperati di milioni di persone, che sognano il ritorno alla normalità, sia pure con tutte le cautele del caso. Tutti o quasi danno per scontato il prolungamento delle accortezze sin qui praticate negli spostamenti e negli incontri, vale a dire l’obbligo di distanziamento e l’uso di mascherine e guanti, ma nessuno reagirebbe bene se oggi venisse a sapere con certezza che bisognerà continuare a vivere così per un altro mese e mezzo. Senza dimenticare gli effetti davvero deleteri che parole come quelle del capo della Protezione civile producono sul mondo delle aziende, che non vedono l’ora di riaprire, sia pur impegnandosi a rispettare le norme igienico-sanitarie, e sui mercati finanziari, esposti più che mai alle oscillazioni nelle quotazioni di titoli alquanto volatili. Se ne sono accorti il premier e alcuni suoi fedelissimi, a quanto pare irritati dall’improvvida uscita di Borrelli, che nelle ore successive a quel tragico proclama ha corretto il tiro ribadendo che «l’unica data certa finora è quella del 13 aprile». Anche perché è il governo che assume determinazioni sul punto, a partire dalle valutazioni fornite dagli esperti (epidemiologi, virologi), che monitorano costantemente la fatidica curva dei contagi.
Non si è trattato dell’unica esternazione fuori luogo delle ultime ore. Neppure il Ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che starebbe per assumere pieni poteri mediante decreto, sia pur limitatamente alla gestione dell’attuale anno scolastico, si sta contenendo negli annunci. Fin dalla fase dell’emanazione per decreto delle prime misure di contenimento, rumors attendibili riferivano di frizioni tra il Ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina e altri esponenti della maggioranza. Già in un’occasione, agli inizi di marzo, fu lei a pretendere di anticipare la notizia della chiusura delle scuole, che venne poco dopo ufficializzata dal premier in una delle sue comunicazioni serali. Di sicuro non ha avuto una bella idea il Ministro nell’annunciare, con due mesi e mezzo di anticipo, la promozione generalizzata di tutti gli studenti e lo svolgimento degli esami di maturità on line, senza scritti e con una semplice prova orale. Un messaggio altamente diseducativo e demotivante verso l’intera comunità scolastica. Offensivo nei confronti del corpo docente, che tanto si sta prodigando nella didattica a distanza; demotivante nei riguardi di quegli studenti che si stanno impegnando duramente, e non senza disagi di natura tecnologica, per seguire le lezioni telematiche. Qualcuno sente profumo di sei politico, di sessantotto e di appiattimento delle valutazioni, proprio in una fase storica che richiede valorizzazione delle competenze e delle eccellenze per rilanciare il Paese anche sul versante della formazione delle nuove leve.
E poi, come fanno notare alcuni addetti ai lavori, promuovere tutti senza valutare le conoscenze e le competenze minime significherà scaricare sul prossimo anno scolastico le lacune che gli studenti stanno accumulando in questi mesi. La didattica digitale in molte realtà, soprattutto al sud, non garantisce il diritto allo studio. Sia per il digital divide, collegato alla scarsa cultura della Rete, sia per le carenze di infrastrutture. Non si può far finta di nulla e alzare le mani in segno di resa, trasmettendo alla comunità studentesca un messaggio fuorviante e cioè che l’istruzione sia solo uno degli elementi della crescita della persona e non uno dei principali.
Quelli di Borrelli e Azzolina sono solo due degli innumerevoli casi di cattiva comunicazione che stiamo vivendo in questa fase di emergenza. Sarebbe opportuno un riallineamento dei flussi di comunicazione istituzionale e una centralizzazione degli annunci che vanno a impattare maggiormente sulle abitudini e sulla programmazione di vita di persone e imprese.