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LA GIORNATA PER LA VITA

Vita, l'oblio della nostra giornata della Memoria

In quanti sanno che oggi è la Giornata per la vita? In pochi, anche perché i vescovi tendono a tacere su aborto, eutanasia, utero in affitto e contraccezione. I nemici della vita sono stati più bravi degli amici della vita. E per un certo mondo cattolico moralità coincide ormai con giustizia sociale. 

Editoriali 03_02_2019

Una buona fetta di persone sa qual è il giorno in cui iniziano i saldi. Una buonissima fetta di persone, anzi: i più, non sa qual è il giorno in cui ogni anno la CEI dedica una giornata intera alla vita, una vita spesso in saldo. Quel giorno cade oggi.

Dicevamo che il popolino ignora l’esistenza di questa giornata, ma così avviene e non di rado anche per il popolino cattolico che  se ne rammenta solo se il sacerdote lo ricorda durante la messa domenicale (se lo ricorda). Una dimenticanza che esprime un disinteresse verso la vita in quanto tale. Ammettiamolo, non siamo più capaci di riconoscere la gravità di atti quali la contraccezione, l’aborto, la fecondazione artificiale e l’eutanasia. Siamo assuefatti al male. Per quale motivo? Cosa è successo nella coscienza collettiva del cattolico della domenica?

Le cause sono più di una, ma forse la principale potrebbe essere la seguente: i nemici della vita sono stati più bravi degli amici della vita. D’altronde Gesù ci ha detto che i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce. La cultura della morte ha avuto il sopravvento trasformando i delitti in diritti. Questo capovolgimento delle verità morali ha interessato anche non pochi cattolici i quali si sono consegnati mani e piedi al nemico senza nemmeno accorgersene ed anzi, a volte, rallegrandosene. Oggi infatti l’appartenenza alla Chiesa cattolica viene sbandierata anche da chi professa dottrine morali in contrasto con la dottrina cattolica. Dunque se aborto e compagnia brutta non sono condotte eticamente riprovevoli, inutile dedicare ad essa una giornata ad hoc. E se ormai pare disdicevole cancellarla, dedichiamola ad altri temi. Tale giornata dunque viene snaturata, svuotata al suo interno ed è usata per altri scopi. Cari volontari prolife, continuate pure a vendere le vostre primule al freddo fuori dalla chiesa, pare che dicano alcuni, ma non disturbate il manovratore.

Paradigmatico in merito a questa torsione di significato della Giornata per la vita, il messaggio della CEI per l’attuale giornata, messaggio che riporta il seguente titolo: “E’ vita, è futuro”. Di aborto ed eutanasia si parla? Si fa un cenno in questo passaggio: “Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale”; e in quest’altro, non prima di aver ricordato che l’aborto è un piaga: “Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine”.

Nessun accenno alla fecondazione artificiale, all’utero in affitto, alla manipolazione degli embrioni. Figuriamoci alla contraccezione. Per il resto il documento si occupa di anziani, ambiente, lavoro, solidarietà tra generazioni e, dato che la Chiesa è diventata una ONG, migranti, tema che ormai è ineludibile anche quando si parla di angeli custodi. Il riferimento ad aborto ed eutanasia appare quindi come l’espletamento di una necessaria formalità burocratica, un dovere di etichetta ecclesiale, una nota a piè di pagina di un libro dedicato a ben altri temi. A tal proposito ve lo figurate un messaggio del Presidente della Repubblica per la Giornata della Memoria che accennasse en passant all’olocausto e si concentrasse invece su lavoro e anziani?

Ora la Giornata per la vita, che dovremmo opportunamente chiamare anche noi Giornata della memoria visto l’oblio collettivo che ha colpito il tema, era nata principalmente come risposta data dai vescovi alla legge 194 che ha legittimato l’aborto procurato nel nostro Paese. Per anziani, ambiente e lavoro dedichiamo pure giornate specifiche. Anzi, evitiamo di farlo, perché ogni giorno è già dedicato a queste tematiche. In breve il messaggio dei vescovi esprime plasticamente la dimenticanza in cui è caduta la percezione collettiva della gravità morale dei principali attacchi alla vita. Stiamo assistendo all’olocausto di milioni di vittime, allo sterminio di generazioni di persone e dunque i vescovi dovrebbero scuotere le coscienze assopite, chiamare alle armi per il combattimento cultura e spirituale, stracciarsi le vesti, indignarsi e suscitare giusta indignazione, piangere e supplicare l’intervento divino e il suo perdono, dovrebbero puntare il dito e, come Fra Cristoforo, ammonire gli spacciatori di morte dicendo loro “Verrà il giorno…” dato che “tutti que' bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo”, dovrebbero esclamare insieme a Caterina da Siena “Oimé, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lengue. Vego che, per lo tacere, el mondo è guasto”. Ed invece cosa succede? Niente, perdiamo tempo ed energie a parlare di “attentati all’integrità e alla salute della ‘casa comune’, che è il nostro pianeta”. L’aereo su cui siamo a bordo sta precipitando e ci preoccupiamo della non perfetta pulizia dell’aereo stesso.

E dunque torniamo a chiederci: cosa sta succedendo? Per un certo mondo cattolico la moralità coincide con la giustizia sociale. E così esclusiva priorità deve essere data al migrante che vuole venire in Italia e non al bambino che vuole venire al mondo; al (giusto) ricordo di milioni di ebrei morti nei forni crematori e non al ricordo di milioni di bambini morti nei grembi materni, novelli forni crematori, che a differenza dei primi continuano a morire in massa. Nella narrazione propria della giustizia sociale mamma e figlio nell’aborto stanno dalla stessa parte: entrambi vittime. E dunque marxianamente non c’è conflitto tra loro due perché entrambi sono perdenti. La colpa sarà del maschio, della società, della mancanza di soldi e dunque del governo.

Ne consegue che la donna che non vuole abortire nonostante le difficoltà diventa una eroina per la vulgata anche cattolica. Ci spiace, ma non uccidere il proprio bambino è un dovere morale di carattere assoluto, non un consiglio supererogatorio, un atto di virtù eccellente, una beatitudine evangelica. E rimane un dovere morale anche se le circostanze ci remano contro: non sempre il bene è facile da compiersi. Vero è che ogni volta che compiamo del male, noi stessi diventiamo vittime di quel male. Però passiamo dalla parte del torto nel nostro compito educativo se non ricordiamo mai che la donna è colei che dà mandato al medico di abortire e quindi, insieme a lui, responsabile della morte del piccolo. Vogliamo che le cose cambino (ma molti cattolici in realtà non lo vogliono)? “Occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno” ci ammoniva Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae (58). Queste vittime silenziose non hanno più avvocati e il coraggio si è dato alla macchia sostituito dal compromesso.

Ce ne rendiamo conto. Discorsi troppo duri – perché è la realtà dell’aborto ad essere dura – troppo ecclesiasticamente scorretti – perché la verità ad essere spesso scomoda – non solo per finire in un messaggio per la vita, ma per essere letti senza disapprovazione. Meglio lasciarsi cullare dolcemente sulle onde dell’accoglienza del diverso e della custodia della casa comune fino alla prossima Giornata per la vita.

Nel Lamento di Didone del compositore Henry Purcell il soprano canta: “Ricordati di me, ma dimentica il mio destino”. Ecco noi oggi, domenica 3 febbraio, ricordiamoci di tutti i bambini non nati, ma anche del loro crudele destino.