Vita, famiglia, evangelizzazione
Pastori, figli di Dio, capaci di incontrare e guidare i fedeli. Questo ha chiesto papa Francesco ai vescovi italiani riuniti per l'Assemblea permanente, ma soprattutto uscire dal proprio guscio per testimoniare la propria fede.
Il 19 maggio 2014 Papa Francesco ha aperto i lavori dell'Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, con un discorso dove non sono mancati cenni a temi di attualità - vita, famiglia, economia - ma che, come in altri incontri con vescovi, il Pontefice ha voluto dedicare soprattutto alla sfida dell'evangelizzazione. Ė normale che nelle ore successive all'intervento, a seconda delle preferenze, alcuni media si concentrino sull'appello alla difesa della vita e della famiglia e altri alla solidarietà con gli immigrati e i disoccupati. E tuttavia in qualche modo queste letture corrono il rischio di trascurare l'essenziale.
Il Papa vede una società italiana che in gran parte è molto lontana dalla Chiesa. E vescovi che qualche volta rimangono nel «quieto vivere» o perfino scrutano le mosse del Pontefice leggendole, come fanno tanti giornalisti, in una logica di gruppi e di cordate. Così, però, non si rendono conto della situazione drammatica di un Paese scristianizzato e della pressante necessità di «uscire» per evangelizzarlo. Chi non coglie questo aspetto del discorso - a tratti accorato e perfino impressionante - del Pontefice finisce per capire poco del messaggio di Papa Francesco.
I buoni vescovi, ha detto il Papa, hanno tre caratteristiche.
Primo: sono «pastori di una Chiesa che è comunità del Risorto». Coltivano la fede come «memoria viva di un incontro». Conoscono e fuggono la tentazione del «quieto vivere», della pigrizia che prima rende tristi e poi spinge ad «accomodarsi nella tristezza che lascia insoddisfatti». Sono i vescovi che si fanno assorbire da interminabili riunioni e da piani pastorali, non inutili ma neppure essenziali. «I piani pastorali servono, ma la nostra vita spirituale va allenata al modello di Gesù. Spiritualità è ritorno all'essenziale, la sola cosa veramente necessaria anche quando le situazioni pastorali si fanno difficili»
Secondo: il buon vescovo si sente «figlio di Dio, oltre che pastore», è «disposto a soffrire per la Chiesa» con «un cuore spogliato da ogni interesse mondano, un cuore lontano da ogni mondanità». Dove entra la mondanità spirituale che, come ha spiegato tante volte il Papa, non è l'amore per le ricchezze ma il fare le opere buone solo per l'uomo e non per Dio, lì entrano le divisioni, «la gestione personalistica del tempo, le chiacchiere, le mezze verità, la litania delle lamentele, la durezza di chi giudica senza coinvolgersi. L'accecamento dell'invidia, le consorterie... Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso». Hanno bisogno di pastori che non siano ossessionati da se stessi e non si limitino a predicare «mezze verità» i «parroci, spesso sfiduciati dall'esiguità del "raccolto" rispetto all'impegno riversato». Con loro «non è tempo di fare il bilancio di entrate e uscite, ma di esercitare la pazienza, che è il volto maturo dell'amore».
Terzo tratto del buon vescovo: la capacità di incontrare e guidare i fedeli. «Siate interiormente liberi - ha esortato Papa Francesco -, attenti a imparare la lingua della gente, affiancando le persone lungo le notti delle loro solitudini. Accompagnateli fino a riscaldare loro il cuore». Attenzione, però, il Pontefice invita ad accompagnare i fedeli italiani non con discorsi astratti ma intervenendo sui temi che davvero stanno loro a cuore: vita, famiglia, lavoro. «Testimoniate la centralità della famiglia - ha esortato - contro l'individualismo, promuovete la vita del concepito come quella dell'anziano». Siate vicini a chi è colpito dalla crisi economica, ai «precari, disoccupati, cassintegrati». Fate intendere ai fedeli la necessità cristiana di accogliere i migranti. Il disprezzo per la vita e per la famiglia e l'emarginazione di chi è lasciato indietro dalla crisi derivano entrambi da una cultura materialista che non sa accogliere i più deboli.
Vale anche per la politica internazionale. Francesco chiede ai vescovi di aprirsi ai grandi drammi del nostro tempo, di cui il Papa sta per andare a dare testimonianza in Terrasanta.