Visita a Grottaferrata, cercando Cristo Re
L’immagine di Cristo Re spesso è assimilata a quella del Cristo Pantocrator, e se ne possono ammirare celebri e magnifici esempi in molte chiese dell’Italia meridionale.
Papa Pio XI istituì nel 1925 la festa di Cristo Re, inserendola nel calendario liturgico nell’ultima domenica di ottobre. Nel nuovo calendario generale romano venne posticipata alla domenica precedente l’inizio dell’Avvento, e quest’anno cade il 20 di novembre.
Con questa solennità si riconosce e si proclama la regalità di Cristo, regalità che si manifesta non come potere materiale ma sulle anime dei fedeli. Se la solennità liturgica è recente, l’iconografia di Cristo Re ha modelli antichissimi: la prima manifestazione è probabilmente quella che si evince da un sarcofago frammentario del III sec., conservato al Museo Nazionale Romano, dove Cristo assume il volto di un uomo maturo, possente, barbato e dai folti capelli, una trasposizione cristiana dell’iconografia di Giove. Questo tipo di immagine si afferma dall’età teodosiana, quando la religione cristiana diventa la religione ufficiale dell’Impero, ed ha un grandissimo sviluppo in ambito bizantino.
In terra italiana l’immagine di Cristo Re spesso è assimilata a quella del Cristo Pantocrator, e se ne possono ammirare celebri e magnifici esempi in molte chiese dell’Italia meridionale, come nel il Duomo di Cefalù e nel Duomo di Monreale, in Sicilia. Restando più fedeli al tema iconografico delle origini possiamo recarci vicino a Roma, presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata (Corso del Popolo 128.Tel. 06.945.93.09).
Il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata, più noto come Abbazia di San Nilo, è una fondazione antichissima: risale al 1004, quando San Nilo da Rossano guidò fino alle porte di Roma un gruppo di monaci provenienti dalla Calabria. Dopo la morte di Nilo fu il discepolo prediletto San Bartolomeo a continuare l’opera del fondatore, consolidando la comunità. Ancor oggi i seguaci di San Nilo e San Bartolomeo vivono e operano nella prestigiosa abbazia, che rappresenta la congregazione d’Italia dei Monaci Basiliani, l’istituzione creata dalla Chiesa Cattolica per riunire i monasteri di rito greco presenti nell’Italia meridionale.
L’abbazia di San Nilo è attualmente l’ultimo dei monasteri di fondazione bizantina presenti in terra italiana ed essendo nato cinquant’anni prima dello scisma che divise la chiesa Cattolica da quella Ortodossa rappresenta un fondamentale elemento di unione tra le due confessioni.
Dal punto di vista artistico l’antichità dell’abbazia già è fonte di estremo interesse; la sua architettura, oggi restaurata filologicamente, presenta caratteristiche simili a quelle delle più importanti chiese romaniche della capitale: pareti murarie in cotto chiaro, un elegante campanile alleggerito da trifore a tutto sesto sorrette da colonnine in marmo bianco, un monumentale nartece architravato che introduce allo spazio sacro all’interno della chiesa.
Tra le tante opere di pregio conservate nell’abbazia, dall’età medievale all’età barocca, torniamo al tema iniziale: l’iconografia di Cristo Re. Un immagine regale di Cristo, Signore dell’Universo, è visibile nell’endonartece, sopra il portale d’ingresso alla chiesa. Si tratta di un mosaico risalente all’XI sec., dove Cristo, con accanto la Vergine, Giovanni e un monaco, siede su di un trono riccamente decorato; con la mano sinistra regge il Vangelo di Giovanni – aperto su di un versetto che recita “io sono la porta, chi per me passerà sarà salvo” - e con la destra benedice i fedeli. La sua posa evoca la solennità delle raffigurazioni degli imperatori romano-bizantini in trono, mentre il suo volto, maturo e con barba e capelli folti, richiama, come detto sopra, le antiche rappresentazioni di Giove. Veste i colori che diventeranno simbolo della duplice natura di Cristo, il rosso e il blu, e il rosso corrisponde anche al colore riservato ad esprimere la regalità.
PAPILLON
A GROTTAFERRATA
CONSIGLIA
Per gli acquisti golosi:
Sosta imperdibile a Vitorchiano, dove le monache Trappiste (via Stazione, 23 - tel. 0761370017) producono strepitose e pregiate marmellate seguendo la regola benedettina dell’ora et labora, senza utilizzare altri ingredienti che frutta e zucchero: più che di agricoltura biologica si può parlare di agricoltura sacra. Altra tappa imperdibile alla Pasticceria V.M. (piazza Umberto I, 31 - tel. 0776510617) di Alvito, dove Paola Macioce e Virginia Pica proseguono la tradizione di famiglia, proponendo il Torrone di pasta reale ducato di Alvito, rinomato anche oltre i confini nazionali e facente parte di una tradizione secolare, e il meglio della pasticceria italiana.
Per i vini:
È cantina di caratura internazionale, Picchioni (via Colle Picchione, 46 - loc. Frattocchie - tel. 0693546329) che produce il Vassallo (già Vigna del Vassallo), probabilmente il più pregevole rosso del Lazio fin dagli anni ’80, voluto dalla simpatia e tenacia di Paola di Mauro e di suo figlio Armando.
Per mangiare:
La tavola sarà La briciola di Adriana (via G. D'Annunzio, 12 - tel. 069459338) di Grottaferrata (Roma) dove in una affascinante trattoria, gusterete funghi porcini, provenienti da Rocca di Papa o insalata con pecorino. Poi di primo “girelle” di pasta gratinate ai porcini o farfalle con sugo di pomodori verdi. Di secondo, abbacchio alla cacciatora disossato, tegamino con aliciotti e indivia, filetto ai porcini. A chiudere millefoglie, oppure semifreddo di liquirizia e menta.
Per dormire:
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