Virgilio. Il nuovo Omero
Come arriva a Roma la conoscenza di Omero? Attraverso la traduzione dell’Odissea ad opera di Livio Andronico. Il poeta predilige l’Odissea all’Iliade, perché la storia di Odisseo è analoga a quella di Enea ed è ambientata in gran parte in mare. Il poema, infine, valorizza la famiglia e la fedeltà della donna, temi particolarmente cari al mondo romano di quel tempo.
In greco «épos» significa «parola», «poesia». Da quel termine deriva l’epica, il primo genere letterario che si sviluppa a Roma e che conserverà sempre tra i latini un ruolo fondamentale, proprio perché narra le gesta di un eroe che rappresenta spirito e valori di un popolo. Il genere trova particolare diffusione ed espressione in quei momenti della storia romana in cui è più forte e consolidato lo spirito nazionale.
Anche in Grecia il genere epico è stato il primo a diffondersi con i poemi Iliade e Odissea attribuiti dalla tradizione ad Omero (IX-VIII secolo a. C.). In maniera significativa la letteratura greca si conclude proprio con un altro poema epico del V secolo d. C., le Dionisiache di Nonno di Panopoli.
Come arriva a Roma la conoscenza di Omero? Attraverso la traduzione dell’Odissea ad opera di Livio Andronico, un greco romanizzato, che compone l’Odusia in versi saturni (il verso nazionale romano). Il poeta predilige l’Odissea all’Iliade, perché la storia di Odisseo è analoga a quella di Enea (eroe romano per eccellenza) ed è ambientata in gran parte in mare (e nel terzo secolo Roma sta ottenendo la supremazia in mare a discapito della rivale Cartagine). Il poema, infine, valorizza la famiglia e la fedeltà della donna, temi particolarmente cari al mondo romano di quel tempo. Certo, la traduzione si presenta un’operazione molto complicata soprattutto per la paupertas linguae latinae (la povertà della lingua latina) del terzo secolo a. C. quando il popolo romano è ancora rozzo, grezzo, costituito da allevatori, da agricoltori, da combattenti. Solo tra il II e il I secolo a. C., grazie a circoli letterari come quello degli Scipioni e a intellettuali come Cicerone, avverrà la commistione tra la cultura romana e quella greca che porterà ad esiti fecondi come l’apogeo della letteratura latina dall’età cesariana a quella dell’età dei Flavi: due secoli d’oro, in cui splende l’età aurea latina, quella augustea.
L’Odusia è, però, ancora un poema greco, non per lingua, ma per argomenti. Solo con Nevio nasce l’epica nazionale romana composta in versi saturni come l’Odusia di Livio Andronico. Se Livio Andronico ha cantato il mito ancorato alla materia greca e omerica, Nevio si fa promotore dell’epos nazionale radicandolo non più solo al mito, ma anche alla storia. Se Livio Andronico ha scelto la traduzione dell’Odissea, Nevio si richiama all’Iliade per la scelta dell’argomento militare e per la figura di Enea e all’Odissea per il viaggio dell’eroe troiano. La vicenda storica è la prima guerra punica, lo scontro epocale che sancisce il passaggio del dominio sui mari dai Cartaginesi ai Romani. Nasce così il Bellum poenicum, un carmen continuum che racconta sia la vicenda leggendaria della fuga di Enea dalla città di Troia sia la storia reale della prima guerra punica. Non è certo se la storia sia presentata da Nevio secondo una sequenza cronologica oppure se le vicende di Enea e compagni siano state inserite come antefatti attraverso una digressione. Troppo pochi sono i versi rimasti sul pio Enea per poter ricostruire con fedeltà le vicende di un personaggio devoto alla famiglia e alla patria.
l poema più importante della letteratura latina prima dell’Eneide non è l’Odusia, né tantomeno il Bellum poenicum, ma gli Annales di Ennio, considerato pater linguae latinae. Fu lui a trasferire a Roma l’esametro tipico della poesia greca, fu sempre lui a favorire l’ingresso a Roma della cultura greca, fu lui a creare il primo poema epico in esametri sulla storia di Roma dalle origini. Iliade e Odissea erano composte ciascuna di ventiquattro libri, gli Annales sono costituiti invece da diciotto (divisi in tre esadi). Nel proemio Ennio si presenta come un Omero redivivo: il sommo poeta greco gli è apparso in sogno rivelandogli di essersi reincarnato in lui dopo una serie di trasmigrazioni. Ennio sostiene qui la dottrina filosofica pitagorica che gli permette di dare pieno compimento al progetto di appropriazione del patrimonio culturale greco. In Omero è già presente il sogno, inteso come una sorta di fantasma, un’entità esterna autonoma rispetto alla nostra coscienza che riproduce parzialmente la realtà. Ennio ribalta, però, il rapporto tra anima e corpo già presente in Omero: per il poeta greco il corpo è l’essenza vivente dell’uomo e l’anima ne è una pallida effigie, mentre per Ennio l’anima immortale che trasmigra di corpo in corpo è la vera essenza che rimane. Con gli Annales entrano nella cultura romana nuovi valori come la consapevolezza del prestigio e del coraggio del singolo. La storia e le battaglie non hanno come protagonisti la grande massa informe, le anonime truppe di legionari, bensì personaggi di eccezione provvisti di grandi doti. Nella successiva storiografia liviana (Ab urbe condita) saranno eroi come Orazio Coclite, Muzio Scevola, Lucrezia a rappresentare l’ideale di riferimento per tutta la comunità. Ennio non contraddice certo i valori della tradizione romana: la virtus ovvero il coraggio, la fides cioè la parola data, la fedeltà, la lealtà, o ancora la pietas che è il sentimento di riverenza e ossequio nei confronti della divinità, dei genitori, del comandante. A questi valori si affiancano altri valori provenienti dalla civiltà greca: la cultura, il buon gusto, l’amicizia.
Senza Andronico, Nevio ed Ennio non si può inquadrare la novità dell’Eneide virgiliana che si presenta non come prosecutrice dell’opera enniana, ma come erede latina del maggior poeta greco: Omero. I dodici libri richiamano nella prima esade l’Odissea con i viaggi del protagonista, nella seconda esade l’Iliade con le guerre. Da Omero Virgilio riprende anche le tecniche (i flashback, l’inizio della storia in medias res, ecc.) e molti episodi (pensiamo ai giochi funebri o alla discesa agli Inferi).
L’Eneide intende quindi sostituire gli Annales nella tradizione latina attraverso il perseguimento di due finalità: la celebrazione dell’imperatore contemporaneo e l’esaltazione dei poemi omerici. Molti si sarebbero aspettati la scelta di un poema che celebrasse la contemporaneità, in particolare l’imperatore Augusto che aveva riportato la pace e la tranquillità nello Stato romano ponendo fine alle guerre civili. Virgilio, però, preferisce attingere a miti fondativi della romanità, in particolare ad una leggenda che tra il IV e il II secolo a. C. si è ormai molto diffusa e che ha già trovato spazio nella letteratura: il mito di Enea che esce da Troia in fiamme, portando in spalle il padre Anchise e accompagnando per mano il figlio Ascanio. Enea non ha fondato Roma, ma il piccolo villaggio di Lavinio.
La sua storia, però, appare intimamente connessa con le guerre e le conquiste che lo Stato romano sta realizzando. L’inimicizia di Roma con Cartagine risale alla maledizione che Didone ha scagliato contro Enea, che ha lasciato la regina non per intenti personali, ma per comando degli dei; la vittoria di Roma dimostra che la scelta del pius Enea ha rispettato un volere del fato. La guerra di Troia, d’altra parte, viene vendicata con le conquista della Grecia avvenuta nel 146 a. C.
La storia di Enea permette di celebrare anche Augusto, perché suo figlio Ascanio (detto Iulo) è capostipite della Gens Iulia cui appartiene Augusto.