Viaggio nei locali che aprono: una serata normale è una sfida
In una Milano ancora blindata, vetrine belle illuminate, ma strade vuote in modo spettrale, qua e là si animano i locali che hanno aderito alla protesta “Io apro”. Reportage dai ristoranti che hanno deciso di fare una serata normale, rispettando regole e coprifuoco e che proprio per questo rischiano di essere puniti con multe salate e revoca della licenza. E i poliziotti arrivano, puntuali.
“Dentro c’è una protesta civile, ma io sono qui tranquilla”, ci spiega una signora che è di fronte a un locale di Città Studi, Milano, a fumare una sigaretta. Anche dentro il locale, a dire il vero, l’atmosfera è tranquilla, come alla fine di una normale giornata lavorativa, con la gente ai tavoli che ordina la cena o solo da bere, tutti con la mascherina. Ma è proprio questa (quasi) normalità che costituisce una sfida. In una Milano ancora blindata, vetrine belle illuminate, ma strade vuote in modo spettrale, qua e là si animano i locali che hanno aderito alla protesta “Io apro”.
Le stime su quanti abbiano aderito in tutta la penisola sono ancora vaghe. Decine di migliaia hanno tirato dritto e aperto, nonostante i divieti dei Dpcm, la prospettiva di essere multati e di vedersi la licenza sospesa. In ogni caso, le regole vengono rispettate (mascherina, distanziamento, sanificazione), l’ingresso è contingentato, le mascherine obbligatorie. E si chiude entro le 22 per rispettare il coprifuoco. La paura è tanta, nonostante tutto. A Milano abbiamo visitato alcuni locali. Il primo, un’osteria del Nord della città (zona viale Monza) avrebbe dovuto aprire, ma ha ricevuto talmente tante prenotazioni che il proprietario ha vacillato: troppa gente, quindi troppa attenzione e allora ha preferito ritirarsi dalla protesta. Il locale che abbiamo visitato in Città Studi era invece pieno e aperto.
Incontriamo Chiara Pazzaglia, dell’associazione Partite Iva Milano e Monza Brianza. “Stiamo rischiando una multa noi avventori, così come rischia il proprietario del locale. E’ una dimostrazione di grande coraggio e di amore per la libertà. Siamo qui per dire, non che il virus non esiste, siamo qua per dire che si può far lavorare queste attività in sicurezza, rispettando le regole, come mascherine, gel e distanziamento”. Il rischio è forte: “C’è una prima sanzione pecuniaria ai gestori, mentre la seconda sanzione è il ritiro della licenza. Infatti, oggi, molti dei miei iscritti, avendo già preso una multa, non hanno potuto aderire all’iniziativa perché non volevano perdere completamente la possibilità di fare questo mestiere”. Lo scopo della protesta è dimostrativo: “Quel che speriamo è che le autorità si rendano conto che si può riaprire e che la gente ha bisogno di questo. E soprattutto ne hanno bisogno ristoratori e partite Iva, che sono alla canna del gas. O sopravvivono le loro attività, o finiranno disoccupati loro e i loro dipendenti”.
Dalla parte opposta della città, il ristorante Molo 13 è aperto, ma solo simbolicamente. I tavoli sono apparecchiati, i camerieri sono tutti presenti e in “divisa”, c’è anche un po’ di gente, ma nessuno mangia. Fabio Lazzari, maitre, ci spiega che: “abbiamo aderito a una forma diversa di protesta per evitare ai clienti la multa”. E cosa rischiate voi, come locale? “Noi rischiamo dai 400 ai 3000 euro di multa e dai 5 ai 30 giorni di sospensione della licenza del locale. I clienti che vengono trovati a mangiare all’interno di un ristorante pagano una multa di 400 euro, scontata a 280 se la pagano entro cinque giorni”. Il locale non ha ricevuto la visita della polizia e non riaprirà oggi. “Speriamo comunque che questo sia un segnale. E’ fondamentale che ci lascino un minimo spiraglio di libertà di lavoro. Almeno un lento ritorno alla normalità”. Ma la Lombardia torna ad essere una zona rossa, secondo il nuovo Dpcm… “Sì, per loro siamo inesistenti. Già siamo una categoria sacrificabile e divisa, se si pensa che le associazioni di categoria erano contrarie alla protesta. Poi, non si sa sulla base di quali dati scientifici, siamo considerati i principali untori di questa pandemia”.
Un altro locale prestigioso che ieri sera ha aperto solo simbolicamente fino alle 20,30 è il Don Lisander, in via Manzoni, a due passi dal Teatro alla Scala. Ma oggi apriranno anche non simbolicamente, con clienti e menù servito ai tavoli. “Oggi ci siamo limitati a un’apertura simbolica, senza servire ai tavoli. Non abbiamo fatto a tempo a procurarci la materia prima per preparare i menu – ci rispondono - Ma domani (oggi, per chi legge, ndr) apriamo regolarmente, a pranzo e a cena. Se non stiamo tutti uniti, la dimostrazione sarà inutile e l’avranno vinta loro” Non avete avuto controlli dalla polizia? “Oggi no, per domani ce li aspettiamo. D’altronde le forze dell’ordine fanno il loro mestiere, li rispettiamo. Quelli che conosciamo sono dispiaciuti di sanzionarci. Sono perfettamente al corrente della situazione, sanno che siamo tutti in condizioni disperate, ormai”.
La polizia, per quanto dispiaciuta, è però molto presente. Due agenti in borghese fanno il loro ingresso in un locale, proprio mentre stiamo intervistando il proprietario. “Abbiamo lavorato, abbiamo aperto, per domani vedremo come andranno le cose. Qui sono arrivati i poliziotti. Abbiamo aderito a questa iniziativa perché siamo stanchi di tutto quello che ci stanno facendo. Abbiamo perso tantissimo, dobbiamo cercare di recuperare qualcosa, anche perché lo Stato non ci aiuta. Dobbiamo mangiare, i dipendenti devono lavorare e qui non ci dicono nulla di chiaro: un giorno è rosso, un giorno è giallo, un altro è bianco e non si capisce più niente”. Subito dopo la fine della nostra intervista, i poliziotti prendono le generalità del proprietario.