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NAPOLI

Via Ipazia, riscrittura femminista della storia

Napoli dedica una via a Ipazia, vittima del “Cristianesimo”. L'insostenibile ideologia di riscrivere la storia in chiave femminista. Le solite falsità storiche, nelle quali De Magistris cade per ignoranza. Ad ucciderla furono degli eretici e il vescovo di Alessandria condannò gli assassini. Il prefetto cristiano si serviva dei suoi consigli.

Cultura 04_04_2019

«Stiamo scrivendo la storia di Napoli anche attraverso la toponomastica e in particolare la toponomastica femminile». Così ha dichiarato il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris dopo aver inaugurato una targa stradale dedicata a Ipazia d’Alessandria, filosofa del V secolo.

Che cosa c’entri la storia di Napoli con quella lì non è chiaro. Sulla targa c’è scritto solo «Via Ipazia d’Alessandria, 370-415 d. C., filosofa-matematica-astronoma. Già Traversa Cesare d’Engenio, Quartiere Montecalvario». In effetti, visto che il femminismo è di gran moda, l’unica donna dell’antichità menzionata nei documenti (un paio, non di più) meritava quel che, di questi tempi, non si nega a nessuno: una strada. Ne hanno, in Italia, anche Lutero (ma non, si badi, Almirante), oltre a Gramsci, Togliatti, Marx, Lenin, perfino Tito.

Apprendiamo che a Napoli esiste anche un Ass. (assessorato? associazione?) alla Toponomastica Femminile (cfr. vesuviolive.it del 21.3.19); forse si occupa delle nuove strade di una città in espansione? Non pare, visto che Ipazia ha usurpato la già Traversa Cesare d’Engenio. Hanno intenzione di rinominare vie e piazze in senso femminista? Boh. Certo, inizialmente otterranno solo di far ammattire i postini. E poi i giovani, i quali si chiederanno: Ipazia? E che è? Forse quella che ha inventato gli scherzi e i giochi?

Infatti, in napoletano i giocattoli si dicono «pazzielli» e scherzare è «pazziamme». Ora, qui la cosa ci interessa solo perché, come titola vesuvio.it, Ipazia fu «trucidata dai cristiani». Tranquilli, non ci lanceremo in una storia di Ipazia: abbiamo dedicato a suo tempo un’intera puntata de «Il Kattolico» sul mensile «Il Timone», al quale rimandiamo. Dovete sapere che per secoli e secoli nessuno seppe niente di Ipazia fino a quando gli Illuministi la riesumarono per usarla come clava contro la Chiesa.

Come, un secolo dopo, fu fatto per Giordano Bruno. Questo ha un monumento in Roma, quella deve accontentarsi di un ex traversa a Napoli. Infatti, l’unica cosa che ha interessato (indovinate chi) di questi personaggi è la fine tragica per mano di cristiani. Si contano sulle dita di una mano quelli che possono dire qualcosa dell’opera di Giordano Bruno. Su nessuna mano l’opera di Ipazia, che non lasciò niente di scritto. Passata la temperie dell’Illuminismo bisognò attendere il Femminismo perché Ipazia venisse riesumata una seconda volta. Fu dieci anni fa, col film Agorà del regista Alejandro Amenabar, che diede il ruolo di Ipazia all’attrice Rachel Weisz.

Bella donna, ma ingannevole: Ipazia aveva una sessantina d’anni quando fu uccisa, e nel V secolo un donna di tale età probabilmente non aveva più neanche i denti. Quelli che la uccisero erano, sì, cristiani, ma della setta dei Parabolani, che facevano politica tramite un cristianesimo solo ideologico. E in ciò erano in buona compagnia, in quanto ad Alessandria, in quel tempo, era costume darsele di santa ragione tra ebrei, cristiani e pagani.

E parliamo di massacri e pure di sacrifici umani. Ipazia aveva anche discepoli cristiani, uno dei quali, Sinesio, divenne addirittura vescovo, ed è a lui che dobbiamo l’informazione che nel V secolo esistette una filosofa femmina. Il cristiano Oreste, prefetto di Alessandria, ricorreva spesso ai suoi consigli. E i fanatici Parabolani (in odore di eresia, tra l’altro), non potendo prendersela (per motivi politici) col consigliato, diedero addosso alla consigliera, ritenuta suggeritrice delle posizioni politiche di Oreste.

Non erano lontani dal vero, dal momento che Ipazia, da buona filosofa antica, come Pitagora e Platone riteneva che i filosofi dovessero davvero essere i consiglieri dei governanti. Ma il linciaggio non era certamente nelle corde del cristianesimo, tant’è che il vescovo di Alessandria, san Cirillo, condannò gli assassini. Il clima, tuttavia, era talmente arroventato che Oreste lasciò la città e non tornò più. «In un periodo in cui dominavano fanatismo, ripudio della cultura e della scienza in nome della crescente religione cristiana», scrive vesuviolive.it. Oggi, invece, viviamo in un periodo in cui dominano fanatismo, ripudio della cultura e della scienza in nome dei crescenti politicamente corretto ed ecologismo.