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VERSO IL SINODO

Vescovi ridotti a postini, è ora che si sveglino

Il caso del documento della Chiesa francese inviato al Sinodo con richieste “liberal” non condivise dai vescovi, è segno della rassegnazione degli stessi vescovi il cui ruolo è svilito anche dall’autoritarismo di questo pontificato. Eppure, proprio in nome del Concilio i vescovi dovrebbero rialzare la testa.
- VIDEO: Vescovi, svegliatevi

Editoriali 23_06_2022

Che i vescovi si sveglino, prima che sia troppo tardi. Mentre il Papa non fa altro che parlare di sinodalità, il ruolo dei vescovi si sta sempre più riducendo a quello di portalettere; mentre Francesco si agita per puntare il dito contro quelli che non vogliono attuare il Vaticano II, i vescovi permettono che sia il medesimo a calpestare l’insegnamento del Concilio sulla figura del vescovo. In particolare, il § 27 della Lumen gentium ricorda che in virtù della loro potestà «propria, ordinaria e immediata», non «devono essere considerati vicari dei romani Pontefici, perché sono rivestiti di autorità propria e con tutta verità sono detti “sovrintendenti” delle popolazioni che governano».

In perfetta sintonia con questo quadro di perdita progressiva dell’autentica autorità episcopale, è la notizia che viene dalla Francia. La fonte è il caporedattore e vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guénois, il quale, il 15 giugno, riferisce la notizia esplosiva del tentativo dei vescovi francesi di provocare un big bang nella Chiesa, votando il documento di sintesi delle proposte raccolte dalla base (circa 150.000 persone) in vista dei lavori centrali del Sinodo sulla sinodalità.

Leggendo il documento di sintesi (vedi qui), i confini tra la Chiesa francese e quella tedesca si fanno sempre meno netti: richiesta di rendere più frequenti le celebrazioni della Parola, in quanto permetterebbero «di dare più ampia accoglienza a tutte le persone, indipendentemente dall’accesso al sacramento eucaristico» ed inoltre offrirebbero «la possibilità ai laici – uomini e donne – di poter commentare la Scrittura e la forma della preghiera può essere più libera e spontanea» (punto 1). Poi, richiesta che le donne possano essere ordinate diaconesse, tenere delle omelie durante la Messe, e accedere anche all’ordine sacerdotale (2.3), ristabilendo così un equilibrio tra uomini e donne nella Chiesa. Ancora, nelle risposte pervenute «viene frequentemente auspicato che il celibato dei sacerdoti sia rimesso alla loro libera scelta, di modo che l’ordinazione sacerdotale e il matrimonio risultino compatibili» (2.2).

Due giorni dopo, il vaticanista di Le Figaro chiarisce (qui l’originale, e qui la traduzione in italiano) che in realtà i vescovi non hanno votato i contenuti del documento, ma l’autorizzazione di trasmetterlo a Roma. Secondo la ricostruzione di Guénois, alcuni presuli avrebbero infatti espresso l’impossibilità di votare il documento, a causa di alcuni contenuti irricevibili; e così si sarebbe trovato il compromesso di votare solamente per la trasmissione di questo testo alla Santa Sede. L’equivoco è nato dal fatto che alla sollecitazione di tre interrogazioni da parte di Le Figaro, la direzione dell’episcopato francese confermava che «il testo della raccolta era stato votato» dai vescovi. Morale della favola: il testo viene recepito e trasmesso così com’è a Roma, riducendo i vescovi a dei postini in talare.

Non è chiaro quale logica segua la strategia del Sinodo sulla sinodalità, se quella del Signore che istituisce l’episcopato, nella successione apostolica, per ammaestrare le genti, o quella delle agenzie per le proiezioni di voto.  Non è difficile intuire che si farà come per i sondaggi sulla Messa antica nel mondo: alcune lamentele verranno trasformate nel sentire comune del popolo di Dio e dell’episcopato, a cui Roma non potrà non corrispondere... D’altra parte, la storia lo insegna: le rivoluzioni si fanno sempre in nome del popolo.

Strategie romane a parte, a lasciare perplessi è che i vescovi francesi accettino di riunirsi semplicemente per decretare con voto la trasmissione di una sintesi zeppa di gravi problemi a Roma. Nessun intervento sulla pericolosità di questi contenuti, nessun sussulto di dignità che li porti a raddrizzare questa piega, sapendo che di quella porzione di fedeli che auspica l’abolizione del celibato e il diaconato femminile sono loro i primi e diretti responsabili.

L’autoritarismo di papa Francesco e di una certa parte della Curia sta probabilmente fiaccando anche l’episcopato di sana dottrina. L’incredibile ingerenza di Roma nella diocesi di Frejus-Toulone (vedi qui), che ha ibernato le ordinazioni diaconali e sacerdotali a pochi giorni dalla data prevista, ha portato persino il già menzionato Jean-Marie Guénois a denunciare una deriva nella Chiesa cattolica verso un’«autorità autoritaria» (qui), che ha creato un clima di costante tensione e paura tra chi partecipa al governo della Chiesa, soprattutto se a stretto contatto con il Papa. Il quale governa in pieno stile sudamericano, che, nel caso della diocesi di Mons. Rey, come sottolinea Guénois, significa fare degli ostaggi (le dieci vittime che, fino a poco fa, erano degli ordinandi) per tenere in pugno il vescovo; il tutto senza alcun atto ufficiale e senza che si siano date delle reali spiegazioni del gesto clamoroso. Questa decisione, spiega il giornalista francese, è «il segno di una deriva autoritaria inquietante. E contraddizione con lo spirito sinodale particolarmente propugnato quest’anno, quando Roma prepara un Sinodo sulla sinodalità che vuole infondere più democrazia e partecipazione nella Chiesa».

Un’altra iniziativa lo dimostra, questa volta su suggerimento dei “cani da caccia” degli ordini religiosi minimamente vitali, il Prefetto Joao Braz de Aviz e il Segretario José Rodriguez Carballo del neo battezzato Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La continua “purificazione” degli istituti religiosi ha portato molti dei loro membri a non rinnovare i voti o chiedere l’esclaustrazione, confidando nell’accoglienza da parte di alcuni vescovi, i quali, per permettere loro di poter continuare a vivere la loro vita comune, riconoscevano a queste piccole neo formazioni lo status giuridico di Associazione pubblica di fedeli. Il can. 312, tutt’ora vigente - nonostante il Rescriptum del 15 giugno scorso - applicando l’insegnamento di Lumen Gentium sulla reale autorità del vescovo, gli riconosceva l’autorità di erigere, nel territorio di propria competenza, associazioni pubbliche di fedeli. Invece il Papa, che di continuo si lamenta della non applicazione del Vaticano II, ha deciso di limitare l’autorità episcopale, subordinando l’erezione di queste associazioni ad una licenza scritta del duo Braz de Aviz- Carballo. Una vera e propria caccia all’uomo, che ha l’obiettivo di impedire una regolarizzazione di quei religiosi che non hanno accettato il drastico metodo di purificazione della Congregazione.

I vescovi evidentemente avvertono che l’ambito di loro competenza è sempre più invaso dall’arbitrio del Papa della sinodalità. Ma non è una buona ragione per accettare questi chiari di luna senza battere ciglio.