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DERIVA VACCINISTA

Vescovi col Super Green pass, i sacramenti possono attendere

Non solo Draghi, anche alcune diocesi emarginano chi non si vaccina. A Bergamo divieto di distribuire la comunione per i preti non vaccinati e a Salerno addirittura vengono lasciati senza sacramenti anziani e malati che non sono vaccinati e non possono uscire di casa. Ci sono gli estremi per imbastire un processo canonico, ma comunque in questi casi i preti sono tenuti a disattendere le norme dei loro vescovi, che sono in contrasto con l'ordine sacro.

Ecclesia 10_01_2022

Un paragrafo, evidenziato con il grassetto, nel quale il Vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi “rinnova l’appello alla vaccinazione così come sostenuto da Papa Francesco. Si tratta di una indicazione che richiede di tradursi, come obbligo morale, e per quello che è previsto, di obbligo legale, in comportamenti coerenti, dettati da uno spirito di sintonia ecclesiale e di responsabilità da parte di coloro che rivestono compiti di guida nelle comunità”. E’ questa la nuova trovata dei pastori sanitariamente corretti, come Mons. Beschi, che anticipando persino la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’ultimo diktat del Governo Draghi, si affretta ad incarnare il verbo governativo, quasi fosse un funzionario di Stato, emanando nuove indicazione per le parrocchie (vedi qui).

Indicazioni che si possono riassumere come un obbligo di Super Green Pass praticamente per tutte le persone sopra i 12 anni che intendano partecipare a “eventi occasionali pubblici, aperti alla libera partecipazione […] sia all’aperto che al chiuso, siano formativi o informativi, culturali, musicali, aggregativi, ricreativi”. Stesso obbligo “per servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio (anche bar degli oratori) o in qualsiasi contesto […] sia per il consumo al tavolo sia al banco, all’aperto o al chiuso”, come anche per sagre, spettacoli, incontri anche di catechesi per gli adulti, anche se tenuti in chiesa. Coinvolte anche le attività sportive, inclusi gli spettatori, e i corsi di formazione per adulti. Super GP anche per i sacrestani, i ministri straordinari, i volontari, catechisti e animatori.

Seppellito definitivamente il tampone, via libera ai vaccinati e ai guariti (che tra qualche mese, ovviamente, si estingueranno), che siano infetti o meno. Per ora restano esenti dal super lasciapassare le celebrazioni rituali, le catechesi non per adulti, le riunioni dei consigli e dei gruppi parrocchiali e, bontà loro, “la libera frequentazione degli spazi parrocchiali all’aperto”, ma sempre con la mascherina e rimanendo distanziati. Benvenuti nella chiesa pianificata seconde le regole sanitariamente corrette.

Norme maniacali a parte, indice comunque di una sottomissione irriflessa e supina al potere di turno, la diocesi di Bergamo inaugura ufficialmente lo spostamento dell’asse morale della vaccinazione: da moralmente possibile in alcune circostanze ben precise (Congregazione per la Dottrina della fede), a raccomandata come atto d’amore (Papa Francesco), ed infine ad obbligo morale (un altro Francesco, questa volta Beschi). Che una cooperazione materiale remota al male potesse addirittura divenire obbligatoria non l’avevamo mai sentito; ma è certamente segno che in quel di Bergamo il problema morale delle linee cellulari fetali non è più nemmeno un lontano ricordo.

Scendendo le diocesi dello Stivale, si fanno scoperte ancora più gravi. Mons. Andrea Bellandi, arcivescovo della diocesi di Salerno – Campagna – Acerno, dopo aver richiamato quanti non hanno ancora ricevuto la vaccinazione a “domandarsi in coscienza se una tale scelta sia coerente e rispettosa dei numerosi inviti fatti a favore di esso, in primis dallo stesso Papa Francesco” (vedi qui), si mette sotto i piedi la legge divina, senza farsi un equivalente esame di coscienza.

“Esigo espressamente che l’Eucaristia, durante le celebrazioni, NON VENGA DISTRIBUITA dai sacerdoti, diaconi o ministri straordinari non vaccinati. In caso di assoluta necessità, autorizzo che, per la distribuzione, venga scelta ad actum una persona di fiducia (religiosa o catechista) dotata di avvenuta vaccinazione” (maiuscolo e sottolineatura nel testo).
Che è come dire che il carattere impresso dall’Ordine sacerdotale viene ormai subordinato al “carattere” impresso dal vaccino.

Sulla stessa linea d’onda il suo confratello nell’episcopato, nonché vicino di casa, mons. Giacomo Cirulli, vescovo di Teano-Calvi e Alife-Caiazzo, il quale proibisce “la distribuzione dell’Eucaristia da parte di sacerdoti, Diaconi, religiosi e laici non vaccinati” (vedi qui) e ricorda “che durante la Celebrazione le ostie sull’altare devono essere tenute rigorosamente coperte nei previsti vasi sacri”. Non sia mai che il Signore diventi positivo anche Lui e, dopo aver vinto la morte di Croce, debba infine soccombere dopo tachipirina e vigile attesa.

Anche il carattere impresso dal Battesimo pare ormai irrilevante. Perché per mons. Bellandi i battezzati non vaccinati non sono degni di ricevere la visita di un sacerdote nelle loro case, evidentemente per riceverne il conforto dei sacramenti: “Per quanto riguarda la visita agli anziani e agli ammalati, si abbia molta cautela, valutando i singoli casi e chiedendo l’esplicito consenso dei familiari. In ogni caso è fatto assolutamente divieto di compiere tali visite a coloro che non sono in possesso del green pass rafforzato”.

Questo è il risultato di quando i vescovi danno più credito al telegiornale che alla parola di Dio, obbediscono più docilmente al Governo che al Padre eterno, e confidano maggiormente nei sieri miracolosi che non nei sacramenti e nella preghiera. Mons. Bellandi, in particolare, dovrebbe subire un processo canonico, in quanto sta violando importanti norme canoniche, che discendono dal diritto divino. In particolare, il can. 843 § 1, che vieta ai ministri sacri di “negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano ben disposti e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli”; il can. 911 § 1, secondo il quale “hanno il dovere e il diritto di portare l’Eucaristia sotto forma di Viatico agli infermi, il parroco e i vicari parrocchiali, i cappellani, etc. “; il can. 912, che dispone che “ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione”; il can. 1003 §§ 2-3 che conferisce il “dovere e diritto di amministrare l’unzione degli infermi” a tutti i sacerdoti.

I sacerdoti sono dunque tenuti a disattendere queste norme dei loro vescovi, che appaiono del tutto in contrasto con l’ordine sacro che solo li costituisce “ministri sacri” e li abilita “a pascere il popolo di Dio, adempiendo nella persona di Cristo Capo, ciascuno nel suo grado, le funzioni di insegnare, santificare e governare” (can. 1008).

Dal momento che vaccinati o non vaccinati si ha comunque la possibilità di trasmettere il virus, come anche di infettarsi, decade qualsiasi principio prudenziale che possa dare un minimo di credito a disposizioni di questo tipo. Il sacerdote non ha solo il diritto, ma il dovere di amministrare i sacramenti a quanti, debitamente disposti, glielo chiedono; qualunque omissione in questo ambito, ricade non solo sul vescovo, ma sullo stesso presbitero.

Siamo passati da epoche in cui vescovi, sacerdoti e religiosi si distinguevano per l’eroicità con cui assistevano sacramentalmente gli appestati, i lebbrosi o gli affetti da qualsiasi genere di malattia, esponendosi al rischio di ammalarsi e morire, a quello in cui il prete modello è quello che se ne frega delle anime non vaccinate ed esercita il suo ministero solo se inoculato con un siero, oltretutto realizzato in modo del tutto immorale. Sicuri che questi pastori siano ancora cattolici?