Vermont come New York: aborto fino al nono mese
"Nessuna autorità statale o locale potrà perseguire un individuo per avere indotto o eseguito oppure tentato di indurre o di eseguire l’aborto [nel corpo] di quell’individuo". Con un tratto di penna, il legislatore dello Stato del Vermont (nordest degli Stati Uniti) ha cancellato il diritto di vita di tutti i nascituri fino al nono mese di gravidanza.
Lo Stato del Vermont ha detto sì alla peggior legge sull’aborto di tutti gli Stati Uniti, della loro storia e dunque della storia umana. Lo ha fatto mercoledì 20 febbraio, di sera, ora locale, approvando, nel modo più democratico possibile, visto che in democrazia si vota anche su tabù come l’intangibilità della vita umana innocente, la proposta di legge H57.
Che sia la legge peggiore lo dice la legge stessa: «Questo disegno di legge propone di riconoscere come diritto fondamentale la libertà di scelta riproduttiva e di vietare a qualsiasi entità pubblica di interferire o di limitare il diritto di un individuo a porre termine alla propria gravidanza». Non lo si può tradurre letteralmente perché in italiano diventerebbe cacofonico, ma il testo originale è ancora più cinico e metallico: parla di «[…] the right of an individual to terminate the individual’s pregnancy», «[…] il diritto di un individuo a terminare la gravidanza di quell’individuo». La medesima noncuranza con cui spegniamo il televisore alla sera, nascosta dietro il paravento del “faccio quel che mi pare”, burocratizzata come una delle molte pratiche che ogni dì passa il convento di Auschwitz dall’impiego di quel verbo, to terminate, che, pur esatto a rigor di semantica, evoca però scenari da incubi di fantascienza distopica dove la freddezza meccanica prende il posto dell’umanità premendo un pulsante per uccidere facile facile. Forse è così che i liberal sono costretti a drogarsi per non vomitarsi l’anima addosso quando mettono per iscritto e poi votano leggi che, come questa, polverizzano la vita di un bambino piccolissimo che ignaro e felice cresce dento il ventre della propria madre pensando di stare nel posto più sicuro del mondo.
Questa del Vermont è la legge peggiore degli Stati Uniti perché è peggiore della legge varata dallo Stato di New York che già era la legge peggiore di tutte. Approvata il 22 gennaio scorso ‒ nell’anniversario esatto della legalizzazione dell’aborto a livello federale nel 1973 ‒, la legge dello Stato di New York mantiene infatti almeno formalmente il limite dell’aborto alla 24esima settimana benché introduca la liceità ferale di andare oltre nei casi in cui la salute della madre sia a rischio. Tutti sanno che è solo il modo per spalancare le porte all’aborto disinvolto fino al nono mese, ma se non altro c’è un po’ di tattica. Nel Vermont invece no, si va oltre persino le proposte di legge per ampliare l’aborto che, sulla scia di New York, pendono nei parlamenti di Virginia e Rhode Island.
La legge del Vermont non si trincera nemmeno dietro a mezza scusa, non sfoggia neanche un po’ di ipocrisia: lascia campo libero totale a chiunque voglia ammazzare un bambino nella propria pancia in ogni momento e per qualunque ragione. Dice, concisa e secca, la legge: «Nessuna autorità statale o locale potrà perseguire un individuo per avere indotto o eseguito oppure tentato di indurre o di eseguire l’aborto [nel corpo] di quell’individuo». E continua: «Ogni individuo che resti incinta ha il diritto fondamentale di portare a termine una gravidanza, di dare alla luce un bambino o di praticare un aborto». Come scegliere i topping della pizza.
Ora, la legge parla solo di “individuo”. A dar scandalo non è però tanto quel termine in sé, il quale in lingua inglese traduce tranquillamente pure il vocabolo “persona” (person è infatti più raro, ed è soprattutto la lingua francese che, con l’Illuminismo, ha introdotto polemicamente il termine individue contro il ben più diffuso personne). A dare scandalo vero è invece il linguaggio asessuato che la legge usa: non esistono infatti “individui che restano incinta”, ma solo donne che diventano madri (anche se sopprimono il proprio bambino prima ancora di darlo alla luce) per natura, per vocazione e per scelta. La scomparsa della persona si annida lì, dove l’automa senza tratti distintivi prende il posto dell’umano. Forse sempre per non guardarsi in faccia allo specchio al mattino mentre ci si annoda la cravatta e ci si aggiusta il tailleur prima di firmare la condanna a morte di un esercito di innocenti.
Di più, e fino in fondo: «Per la legge del Vermont un uovo fecondato, un embrione o un feto non avranno diritti indipendenti». Fa bene, il testo, a usare il futuro (in realtà l’uso, lì, del modale shall serve a dare l’idea di necessità, di dovere o di una esortazione). Quei diritti la persona li ha infatti intrinsecamente sin dal concepimento ed è solo un’azione violenta che può strapparglieli dall’ordinamento giuridico (ma non dalla sua natura). Si accaniscono sul feto, sull’embrione, arrivano addirittura fino al microscopico uovo fecondato con una pervicacia e con un odio alla vita maggiori di quanto si sia mai visto, e sempre impiegando quell’insopportabile linguaggio algido, fintamente tecnico, come di chi stia facendo del bene nell’annientare un virus. Non li chiamano mai vita, bambini, figli. Per questo la legge del Vermont è la peggiore della storia.
Alcun ente pubblico potrà «proibire a un operatore sanitario, che agisca nell’ambito della licenza del fornitore di assistenza sanitaria, di interrompere o di assistere alla cessazione della gravidanza di un paziente». Osserva correttamente Calvin Freiburger su LifeSiteNews: «Questo linguaggio, che suggerisce che non vi sarà alcuna azione legale per l’aborto fai-da-te, solleva dubbi sul fatto che nel Vermont vi siano adeguate protezioni giuridiche contro l’infanticidio».
Questa pessima legge del Vermont era stata presentata il 22 gennaio, sempre quel giorno, dalle deputate Democratiche Ann Pugh e Maxine Grad. Nel tentativo di arginare quanto più possibile i danni, i Repubblicani hanno presentato dieci diversi emendamenti, ottenendo che su ognuno si votasse singolarmente. Alla fine, però, dopo un lungo dibattimento, il disegno di legge è passato con 104 voti a favore e 40 contrari. Adesso tocca al Senato del Vermont pronunciarsi, un Senato dove i Democratici godono di una maggioranza schiacciante.
In quell’aula siede tra l’altro anche Bernie Sanders, il “Paddy Garcia” della rivoluzione socialista made in USA che ha appena annunciato di ricandidarsi per le presidenziali del 2020. Sanders è il miglior emblema di un Vermont votato al radicalismo spinto e il presidente Donald J. Trump ci ha visto giusto ancora una volta. Nel discorso sullo Stato dell’Unione ha infatti lucidamente descritto i nemici degli Stati Uniti di oggi: aborto e socialismo. Il Vermont gli dà ragione.
Del resto, lì vicino, nel Massachusetts ‒ che, tra l’altro, il 17 maggio 2004 divenne il primo dei 50 Stati dell’Unione nordamericana a legalizzare il “matrimonio” LGBT ‒ il 24 luglio scorso è passata una legge che permetterà sempre a quello Stato di poter praticare l’aborto anche se la legge federale che lo permette in tutto il Paese dal 1973 dovesse venire un giorno abolita; e lo ha fatto cassando una legge a favore della vita antica di 173 anni con il voto unanime del Senato locale e con 138 contro 9 voti della Camera locale. Si chiama tradimento di ogni principio costituzionale, giuridico e morale, tradimento della storia e dell’etica del Paese. Ma i liberal se ne fregiano.