Verdi e pedofili, si allarga lo scandalo in Germania
Nuove rivelazioni sullo scandalo che negli anni '80 coinvolse il partito dei Grünen, i Verdi tedeschi. Diversi tra i fondatori del partito praticavano la pedofilia nelle comuni che dirigevano, ma anche la promuovevano politicamente.
Succede spesso, all’interno dei patri confini. Soprattutto quando un tema “scandaloso” tocca o riguarda direttamente ambienti vicini alla cultura dominante, al “mainstream”: scoppia uno scandalo, se ne fa qualche titolo eclatante (quando va bene), poi tutto tace. Così sta avvenendo a proposito della squallida vicenda che vede coinvolti ex dirigenti del partito dei Grünen (i Verdi tedeschi), dichiaratisi negli anni Ottanta apertamente a favore della pedofilia, o rivelatati addirittura praticanti essi stessi.
L’antefatto risale al marzo scorso, quando qualcuno si è accorto di quanto scritto dall’ex leader sessantottino Daniel Cohn-Bendit (oggi europarlamentare verde) a proposito dei suoi flirt con ragazzini al tempo in cui era insegnante (il libro è del 1975 e i suoi compagni di partito si sono affrettati a corrergli in soccorso dicendo che lui è un solo “provocatore”, che nel libro non si capisce se si tratta di realtà o finzione narrativa, ecc. ecc.). A maggio è scoppiato poi lo scandalo in Germania.
Fondato nel 1980, nei primi anni della propria esistenza il partito dei Grünen venne frequentato da aperti sostenitori della “liberazione sessuale” dei bambini. Personaggi appartenenti alla comune cosiddetta degli “indiani di città” che come tali parteciparono ad alcune assemblee di partito, caratterizzandosi con “iniziative a difesa dei diritti dei bambini”, cioè promuovendo apertamente la pedofilia. Eckhard Stratmann-Mertens, uno dei fondatori del partito (ne è uscito nel 1999) già tempo fa si era espresso sul tema in maniera critica: “I nostri congressi erano in parte frequentati da adulti che non esitavano a sbaciucchiarsi in pubblico con adolescenti. Era una cosa vomitevole. Nel corso di quei primi anni, nel nome di un falsa liberalità, non si intervenne: tutto ciò che veniva inteso come liberazione sessuale andava permesso”. Oggi l’ex leader verde esprime un giudizio ancor più severo: “Avremmo dovuto cacciarli via prima”. L’influenza dei pedofili sul partito raggiunse il culmine nel 1985, quando nel programma elettorale dei Grünen nel Land Nord-Rhein Westfalen tra i vari punti riuscirono a imporre “l’abolizione dell’intero diritto penale in materia sessuale”. E quelle elezioni il partito le ricorda bene, perché passarono alla storia come quelle della debacle.
Dal maggio scorso, dopo che, scandalizzati, gli attuali vertici del partito, hanno deciso di nominare un “esperto” per far luce su quelle vecchie storie, invece che ridimensionarsi, lo scandalo va allargandosi. Insieme alle vittime che iniziano a raccontare emergono nomi e cognomi di pedofili e pederasti. Le ultime rivelazioni in un lungo articolo del 27 luglio a firma Freia Peters, su “Welt am Sonntag”. A parlare Matthias Griese, oggi 46 anni, che tra il 1979 e il 1985 (quando entrò aveva dodici anni) ha vissuto con sua madre in una comunità alternativa a Kamp-Lintfort, una cittadina del Basso Reno. Una realtà appartenente alla comunità Emmaus, ispirata dunque ai principi dell’Abbé Pierre. “Eravamo in 25, di cui dieci bambini, l’edificio si trovava in mezzo a un bosco. Vivevamo in maniere del tutto libera, senza alcun tipo di limite”, dice oggi Griese. “All’esterno risultavamo una comunità che seguiva gli insegnamenti dell’Abbé Pierre, ma quando mi capitò di portarvi compagni di scuola questi subirono palpeggiamenti. Da quel momento fu chiaro che lì vivevano dei pedofili.”
“Mia madre ogni tanto cercava di dissuaderli, ma non era sufficiente”, aggiunge, “tanto più che a un certo punto mi sono rassegnato e cercai di ottenere in cambio il più possibile. Mi piacevano i dolci, le sigarette, i giornali porno, qualche soldo. Se si stava al gioco si poteva ricevere tutto questo. Oggi si parlerebbe di prostituzione.” E che cosa c’entravano i Grünen con quella comunità? C’entravano perché il responsabile a Kamp-Lintfort era allora Hermann Meer (nel frattempo deceduto), un architetto che dal 1980 fu nel direttivo del partito del Nord-Rhein Westfalen. A raccontare a “Welt am Sonntag” chi fosse Meer è un altro ex bambino di quella comunità, Anselm Rörig (anche lui lì per cinque anni insieme a madre e fratelli): “Meer dichiarava pubblicamente la propria pedofilia. Non c’era nulla di segreto, anzi, piuttosto faceva opera di proselitismo, sostenendo che anche i filosofi greci avevano rapporti sessuali con i loro giovanissimi allievi.” Altro personaggio emerso, oltre a Meer, è Moritz H., un simpatizzante della Rote Armée Fraktion che, ricercato dalla polizia, si era rifugiato nella comunità e la cui pedofilia era ben nota alle autorità.
In attesa dei “chiarimenti” voluti dal partito, oltre al dolore di chi adulto oggi non può dimenticare i soprusi subiti da bambino, resta emblematica una considerazione di Eva Quistorp, una cofondatrice dei Grünen, particolarmente impegnata negli anni Ottanta nel movimento di liberazione della donna: “C’era allora una linea chiara: no ai nazisti, no alla destra. Non fu abbastanza chiara invece la linea nei confronti degli estremisti di sinistra e dei pedofili”.