Venezuelani in sciopero della fame, anche in Vaticano
Jose Vicente Garcia e Martin Paz sono due giovani venezuelani in sciopero della fame da oltre 100 ore. Si sono accampati in Vaticano. Vogliono essere ascoltati da Papa Francesco, dopo il mancato incontro con il presidente Maduro. Come migliaia di giovani del loro paese, lottano pacificamente per la libertà.
L’incontro tra il presidente del Venezuela Nicolas Maduro e Papa Francesco è saltato. All’ultimo minuto Maduro ha sospeso l’appuntamento per asseriti problemi di salute (sembra per un’otite). Forse non voleva sentire quello che il pontefice doveva dire sulla violazione dei diritti umani in Venezuela e soprattutto sui prigionieri politici. Ad oggi ci sono 46 venezuelani in sciopero della fame che chiedono la liberazione degli oppositori attualmente in carcere (77 persone).
Tra gli scioperanti, due sono arrivati fino in Vaticano: sono Jose Vicente Garcia e Martin Paz, due giovani consiglieri del comune venezuelano di San Cristobal. “Il Papa intervenga per la libertà dei prigionieri politici, per i diritti umani e per la democrazia in Venezuela”, afferma Jose Vicente, sdraiato a terra insieme a Martin, sotto i portici di via della Conciliazione.
Intanto si iniziano a percepire i primi segni di debolezza dei manifestanti in Vaticano; purtroppo hanno superato le 100 ore senza mangiare in attesa di un incontro con il Santo Padre. Il pontefice argentino continua il suo silenzio sulla “patata bollente” del Venezuela e l’assenza di Maduro ha sicuramente reso l’argomento ancora più scottante, tanto che i venezuelani, presenti in piazza San Pietro domenica scorsa con la loro bandiera gigante di 10 metri in segno di solidarietà con i ragazzi scioperanti, non hanno ricevuto nemmeno un saluto dal Santo Padre durante la tradizionale preghiera dell’Angelus. Silenzio assoluto da parte del Vaticano.
A far luce sull’argomento interviene invece l’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa Savino, la massima autorità della Chiesa cattolica del Venezuela: “Per capire di cosa doveva parlare il Papa, dobbiamo ricordare che negli ultimi 2 anni ha fatto appello in quattro occasioni per il dialogo e la pace in Venezuela. La prima volta nell’aprile 2013, durante gli scontri per l’elezione di Maduro; nel febbraio 2014, quando è iniziata la violenza di piazza; nell’ aprile 2014, quando abbiamo convocato il summit per il dialogo; il messaggio più recente risale al marzo 2015, con la morte dello studente Kluiverth Roa (è stato assassinato per i colpi esplosi dall’arma di un agente della Guardia Nazionale). Questi appelli sono soprattutto per il governo. Loro hanno in mano il timone del paese e sono sicuro che il Santo Padre avrebbe fatto di nuovo un appello per fermare la violenza e per promuovere il dialogo con l’opposizione”.
Un compito difficile, secondo il cardinale Urosa. Il porporato ha spiegato che il governo venezuelano ha un atteggiamento intransigente; a suo parere, soffre di “superbia politica”. Inoltre egli avverte che “il governo ha troppo potere: controlla l’economia, controlla la politica, controlla la polizia, controlla tutto”.
Nonostante si mantenga la tradizionale prudenza vaticana e l’argomento non venga toccato, Jose Vicente Garcia e Martin Paz vanno avanti con il loro sciopero della fame e oggi saranno in piazza San Pietro per tentare di essere ascoltati da Papa Francesco durante l’udienza pubblica del mercoledì.
Jose Vicente Garcia e Martin Paz lottano come migliaia di giovani in Venezuela per la democrazia. Hanno 29 anni, sono laureati in ingegneria e hanno entrambi dei figli; ma cosa chiedono a Papa Francesco? Innanzitutto chiedono la sua intermediazione per la liberazione dei prigionieri politici; in secondo luogo, invocano l’intervento dell’ONU, dell’OEA e dell’Unione Europea per garantire i diritti umani in Venezuela; chiedono inoltre un’udienza privata con il pontefice per raccontare cosa succede nel loro paese e infine l’aiuto necessario per poter tornare in patria in pace, poiché credono che al loro rientro saranno anche perseguitati politici. Papa Francesco avrà l’ultima parola.