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CRISI

Venezuela: dialogo fallito, appello all'Italia

La comunità italo-venezuelana ha consegnato un appello ai principali esponenti del Parlamento italiano per un intervento a favore della democrazia e per fare arrivare aiuti umanitari. Forte malumore per le iniziative diplomatiche della Santa Sede, che stanno aiutando la sopravvivenza di un governo corrotto e dittatoriale.

Esteri 12_01_2017
Venezuela, monsignor Celli con il ministro Rodriguez

“Chiediamo al governo italiano di non continuare a voltare le spalle al Venezuela, abbiamo bisogno di fatti e azioni concrete, oltre alle parole di solidarietà”. È stato l’accorato appello di Vanessa Ledezma, figlia del Sindaco dissidente di Caracas Antonio Ledezma: originario di Grottaminarda (Avellino) e tra i 103 prigionieri politici del regime di Nicolas Maduro. Le parole di Ledezma arrivano insieme a un documento che gli italo-venezuelani hanno consegnato martedì scorso ai principali esponenti del Parlamento Italiano, con quattro chiare richieste: che sia rispettata la sovranità del Parlamento venezuelano democraticamente eletto; che si adotti con urgenza ogni iniziativa utile affinché sia dichiarata l’emergenza umanitaria in Venezuela, per l’ulteriore apertura di un canale umanitario per l’invio di cibo e medicine; che si condanni fermamente la violazione dei diritti umani e siano liberati immediatamente i prigionieri politici, tra cui Antonio Ledezma e Leopoldo Lopez. 

“Facciamo appello al profondo vincolo che unisce l’Italia al Venezuela”, si legge nel documento ricevuto per primo dal presidente della Commissione di Affari Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini. Proprio costui ha vissuto da vicino la crisi venezuelana durante la sua ultima missione a Caracas (del 27 al 29 dicembre 2016) e, vista la “brutale accelerazione della crisi”, ieri ha chiesto “misure straordinarie di tutela” per gli italiani in territorio venezuelano. Alla richiesta si è associato il Presidente del Comitato per le Questioni degli Italiani all'Estero, Sen. Claudio Micheloni, e la prossima settimana sarà presentata una mozione comune a tutti i gruppi parlamentari del Senato.  

L’azione arriva in un contesto molto complesso: “Il dialogo è fallito”, secondo la netta affermazione del Presidente della Conferenza Episcopale Venezuelana (CEV), mons. Diego Padron, durante l’apertura della Plenaria in corso. “È fallito perché non ha avuto risultati concreti”, ha evidenziato l’arcivescovo, aggiungendo che “per il governo, il dialogo era piuttosto uno strumento per guadagnare tempo e fermare la pressione interna ed esterna, e in particolare il referendum revocatorio del mandato del Presidente”. Infatti, la consultazione popolare doveva avvenire entro lo scorso 10 gennaio per garantire elezioni perché, secondo quanto stabilito nella Costituzione, se la revoca avviene dopo la metà del mandato rimarrebbe in carica il vice presidente. 

Intanto Maduro blinda ogni possibilità: il 4 gennaio ha nominato vice presidente il suo collaboratore più radicale, Tareck Zaidan El Aissami Maddah. Un venezuelano di origine siriana, accusato di favorire la circolazione di fondamentalisti islamici in Venezuela, secondo l’informazione pubblicata dal Wall Street Journal nel 2014 e recentemente evidenziata dal portale ebraico-italiano Moked. Subito dopo, martedì 10 gennaio, Maduro ha creato il “Comando Antigolpe”. Si tratta di un gruppo di coordinamento delle forze repressive dello Stato, sotto il controllo del nuovo vice presidente. 

“I risultati della rivoluzione chavista sono quelli di oggi”, ha denunciato il senatore Casini. La Nuova BQ ha conversato con il capo della Commissione Esteri del Senato, che ci racconta il Venezuela trovato dopo 15 anni dal suo ultimo viaggio nel paese sudamericano. “Ho trovato un Paese profondamente cambiato. Ho percepito che le speranze di rivoluzione sono andate deluse. In particolare di questi abitanti dei “barrios” che avevano creduto in Chavez e che hanno votato massicciamente per l’opposizione nelle ultime elezioni parlamentarie del 2015”.

Da Caracas Casini ha dichiarato alla stampa che visitare il Venezuela è stata una esperienza violenta: «Ho sentito un fortissimo disagio - ci spiega Casini - nel vedere come è arrivata la situazione. C’è degrado sociale, economico, politico, imprenditoriale, e morale. Ho visto file per prendere qualche genere alimentare, tutti tra altro con tessere che vengono distribuite dal governo, per cui chi ha il favore dal governo riceve qualcosa. La sera la gente scompare dalle strade, nonostante ci sia un tempo ottimo. Non ci sono problemi di tempo o di gelo, c’è un problema di paura. E poi l’incontro con la comunità italiana è stato rivelatore, un nostro connazionale mi ha detto “voi in Italia non conoscete il senso di paura, di angoscia rispetto al futuro che è quello che noi sentiamo”. È così, perché tanti italiani che si trovano lì, sono stati costretti a mandare i figli fuori o in molti casi sono stati costretti a lasciare il Paese anche loro».

Proprio la numerosa presenza italiana dà al governo di Roma una responsabilità davanti a questa situazione venezuelana: «Innanzitutto l’Italia deve rafforzare il presidio consolare - prosegue Casini -, l’Ambasciata che noi abbiamo, perché quello è l’avamposto per dare solidarietà concreta ai nostri connazionali. Da questo punto di vista ho parlato con il ministro degli Esteri italiano e spero che possa concretizzare qualche azione. E poi dobbiamo lavorare perché si consolidi la pace». 

La Santa Sede insiste nel dialogare con un governo che evidentemente non esprime volontà di pace. Venerdì 6 gennaio l’inviato del Papa, mons. Claudio Celli, ha ricevuto in Vaticano Jorge Rodríguez, portavoce della delegazione governativa durante i negoziati di ottobre e novembre, insieme a sua sorella, Ministro degli Esteri venezuelano, Delcy Rodriguez. La foto di Celli con i rappresentanti “chavisti” è diventata virale su twitter, creando ancora più malessere tra i venezuelani che dall’inizio dei negoziati sono stati molto sfiduciati dal modo in cui il Vaticano ha gestito il rapporto con un governo su cui pendono gravi accuse internazionali di violazione dei diritti umani. La Coalizione di opposizione MUD ha già annunciato tramite un comunicato che non sarà presente domani, vista la mancanza di risultati. 

«Il dialogo ha un senso se il governo accetta un passaggio verso una riconciliazione nazionale. Se questo dialogo viene usato come è stato fino oggi, strumentalmente solo per prendere tempo, magari in attesa di non si sa che cosa, è chiaro che questo diventa una ulteriore dimostrazione della non volontà di pace», ha sottolineato il senatore Casini, il quale ha evidenziato che la soluzione alla crisi sta in mano ai venezuelani. 

Da quando è arrivato Maduro, «si sono registrati 100 mila omicidi e l’inflazione ha superato il 4200%», secondo quanto dichiarato dall’onorevole Julio Borges, presidente del Parlamento venezuelano. Il Venezuela si trova alle prese con un grave conflitto sociale e umanitario. Tutto questo ha portato il Parlamento a dichiarare, martedì 13 dicembre, «politicamente responsabile il Presidente della Repubblica della grave rottura dell’ordine costituzionale e democratico, della violazione dei diritti umani e della devastazione delle basi economiche e sociali della nazione». Iniziando di fatto l’impeachment contro il presidente.

Gli italo-venezuelani fanno appello alla Repubblica Italiana: «Nella speranza che possa farsi garante dei diritti umani e delle libertà individuali e collettive del Venezuela, il paese che nei momenti difficili del passato vi ha accolto. Non esprimendo solo una vaga preoccupazione per la situazione del nostro Paese, ma con gesti e azioni concrete di vicinanza alla comunità italo-venezuelana». È arrivato il momento di agire, il momento dei fatti.