Venezia trans, il cinema si fa propaganda. Come previsto
I film sono una delle armi di propaganda più potenti a disposizione degli Stati. Infatti a Venezia è tutto un fiorire di pellicole sul mondo trans. Non c'entra la cultura, non c'entra l'arte. Ormai è solo propaganda.
Partito il Festival del Cinema di Venezia, partiti gossip e polemiche. Tra le polemiche che ci interessano ci sono quelle che lamentano una sovra-rappresentazione di temi LGBTQ+ nei film in concorso. C’è, ad esempio, Tar, con Cate Blanchett che interpreta Lydia Tar. Costei è stata la prima direttrice d’orchestra tedesca, lesbica, che nel film molesta diverse musiciste della propria orchestra.
C’è L’immensità, del[la] regista transessuale Emanuele Crialese. Protagonista del film è Penelope Cruz, che veste i panni della madre di una ragazza di 12 anni convinta di essere maschio. Il padre, ovviamente, è ottuso e violento. E poi c’è Monica, di Andrea Pallaoro, che racconta la storia di una donna che torna a casa per occuparsi della madre. Il punto è che l’attor* protagonista è Trace Lysette, transessuale e attivista per i diritti LGBTQ+.
Infine c’è Le favolose, di Roberta Torre, dedicato all’incontro di sette amic* trans per commemorare l’ottav*, Antoni*, morta e sepolta dalla famiglia con abiti maschili. Apriamo una parentesi, prima di tornare a Venezia: anche alla Notte della taranta (dal minuto 22:15) è comparso un* transessuale sul palco. Chiusa parentesi, torniamo al Festival di Venezia.
Insomma: transessualità come se piovesse. E arriviamo al punto.
Consideriamo scandalose queste pellicole perché, essendo il Festival del Cinema di Venezia una manifestazione culturale di livello internazionale, dovrebbe essere un momento qualitativamente e artisticamente elevato. Dovrebbe, insomma, presentare il meglio – dal punto di vista culturale – della produzione cinematografica italiana, europea e mondiale. Non solo: consideriamo il cinema arte, appunto, ma anche intrattenimento di livello elevato. Ma se queste premesse fossero sbagliate? Se il cinema non fosse altro che una forma – particolarmente efficace – di propaganda? Mussolini, nel 1922, affermò che «il cinema è l’arma più forte dello stato», perché le immagini, la musica e i dialoghi hanno una capacità impressionante di far presa sul popolo. Ecco, nel 1936, perché decise di fondare gli studios di Cinecittà; ecco perché, nel 1932, decise di inaugurare la prima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, in occasione del decennale della marcia su Roma. Tra i premi distribuiti, dal 1938 ci fu la Coppa Mussolini per il miglior film.
Ma non solo il fascismo considerò il cinema come un’arma propagandistica: in un testo del 1943, intitolato The Motion Picture as a Weapon of Psychological Warfare (Il film come arma di guerra psicologica), nella prima pagina leggiamo: «I film sono una delle armi di propaganda più potenti a disposizione degli Stati Uniti». Per questo motivo, anziché distruggere Cinecittà e azzerare la Mostra del Cinema di Venezia, nel dopoguerra vengono rivitalizzati: per sfruttare – questa volta in chiave antifascista – il loro potenziale propagandistico.
Perché, piaccia o meno, il cinema è stato e continua ad essere un’arma tra le più potenti nella guerra culturale che infiamma il mondo. Per questo motivo è riduttivo, quando si approccia una pellicola, soffermarsi unicamente su eventuali contenuti scabrosi e, al massimo, considerare quelli tecnici; se un film è un’opera propagandistica, è quello l’aspetto da considerare prima e più di ogni altro.
Così non stupisce se, alla Mostra del cinema di Venezia, compare Giorgia Soleri che non ha nulla a che fare con il cinema (anzi, pare aver dichiarato che il cinema non le piace per niente) ma è la fidanzata di Damiano David, frontman dei Måneskin, il gruppo musicale che ha vinto il Festival di Sanremo, l’Eurovision e innumerevoli altre manifestazioni per motivi di fluidità di genere. Oppure che ben tre pellicole in concorso si occupino, direttamente o indirettamente di transessualità.
La battaglia attuale si svolge su questo terreno. Le armi sono schierate, i grossi calibri hanno cominciato a tuonare.