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CAMBIAMENTO CLIMATICO

Venezia sott'acqua? Basta col catastrofismo climatico

Il Progetto Savemedcoast 2 ha pubblicato un rapporto su quel che ci attende da qui al 2100. Il Mediterraneo si alzerà dai 60 ai 100 cm con gravi danni per le nostre coste. Ma i modelli usati sono quelli dell'IPCC. La geologia dimostra altro. E nel Medio Evo il riscaldamento globale c'era, ma è stato un periodo di grandi progressi umani.

- RITORNO AL CARBONE di Stefano Magni

Creato 24_06_2022
Venezia, acqua alta

Su Meteoweb del 17 giugno scorso è andato online l'articolo dal titolo: Livello del mare in aumento, 72 cm a Venezia, in cui si riportavano i risultati del Progetto Savemedcoast 2 relativo ai rischi costieri connessi all'aumento del livello del mare indotto dai cambiamenti climatici e dalla subsidenza costiera nel bacino del Mediterraneo. Il progetto, coordinato dall'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), è finanziato dal Directorate General for Civil Protection and Humanitarian Aid Unions dell’Unione Europea.

Sono stati illustrati gli scenari possibili fino al 2100 del livello marino per le aree costiere dell'Italia, Grecia, Spagna, Francia ed Egitto. Entro tale data il livello del Mediterraneo potrebbe aumentare da 60 a 100 cm, sempre a colpa del Riscaldamento Globale (RG): a rischio oltre 30 mila km quadrati di coste dove aumenteranno le aree sommerse. Lo studio ha tenuto conto dei dati climatici forniti dall'IPCC (International Panel Climate Change), stimando l'innalzamento del mare nei diversi scenari climatici forniti da questo importante organismo. Particolare attenzione è stata riservata alla città di Venezia. È evidente che siamo in presenza di studiosi appartenenti alla categoria dei catastrofisti che tanta attenzione ricevono dai mass media e non solo.

Lo studio presenta molte lacune. In particolare, i modelli climatici dell'IPCC, su cui si basa tutta la architettura dello studio, non possono essere considerati validi sulla base di rigorose ricerche condotte da esperti di sicura attendibilità scientifica. Come Nicola Scafetta, professore di Fisica dell'Atmosfera presso l'Università di Napoli, che nella sua intervista pubblicata su Meteoweb nell'aprile scorso, dimostra la inattendibilità scientifica dei modelli dell'IPCC.

Franco Prodi, professore ordinario di Fisica dell'atmosfera presso l'Università di Modena, in un intervento riportato negli atti del Convegno dell'Associazione Galileo 2001 (dal titolo Clima, Energia, Società) dichiarava: "È chiaro che adesso abbiamo dei modelli che producono scenari ma non sono nella condizione di rispondere alla richiesta della conoscenza del clima futuro. Quindi abbiamo degli anelli molto importanti che mancano nella catena della conoscenza del clima. Già perché si può dire che la scienza ha fatto il suo dovere quando può portare la spiegazione e la previsione. In materia della scienza del clima non abbiamo la spiegazione e non abbiamo la previsione”.

Infine, è utile ricordare l'opinione di Guido Visconti, professore ordinario di Fisica dell'Atmosfera dell'Università dell'Aquila, riferita in un articolo pubblicato su Le Scienze nel dicembre del 2007: “Sui grandi mezzi di informazione domina un atteggiamento catastrofista che si riassume in espressioni del tipo «cambiamento repentino del clima». E il cambiamento repentino sarebbe, come spesso si legge, scientificamente previsto da potenti e rigorosi modelli matematici. Nel 1997 è iniziato negli Stati Uniti il lavoro del National Climate Extremes Committee (NCEC), che ha già smentito molte false credenze che impressionano il pubblico ma non hanno fondamenti scientifici concreti. Si sta insomma imboccando la via giusta per indurre politiche sensate.Queste poche righe di premessa sono essenziali per cogliere il senso delle mie osservazioni critiche sulle posizioni assunte dall'IPCC, illustrate nell'articolo La Fisica del cambiamento climatico a pag. 74. Nei documenti dell'IPCC, infatti, di Fisica ce né ben poca. In secondo luogo, è da precisare che l'IPCC non svolge ricerca scientifica vera e propria, ma svolge invece un'attività di rassegna di quella porzione della letteratura scientifica sul clima che è già allineata su tesi precedentemente enunciate proprio dall'IPCC. Un caso classico di autorefenzialità e di fabbrica del consenso: come ha infatti dimostrato un'analisi apparsa su Science nel 2004, nel periodo compreso fra il 1993 e il 2003 è stato molto difficile pubblicare articoli che sollevassero dubbi sulle tesi dell'IPCC. Il punto centrale è costituito dai modelli usati dall'IPCC, che non sono in grado di rappresentare bene il clima odierno, né tanto meno quello futuro”.

Secondo: non c'è correlazione certa tra aumento della temperatura ed aumento del livello marino, almeno così la storia geologica del nostro pianeta ci insegna. In particolare, circa 20mila anni fa il livello dell'Adriatico era più basso dell'attuale di circa 120-140 metri (Vai e Cantelli, Congresso Geologico Mondiale, Firenze 2004). In pratica il Po sfociava circa davanti a Pescara. Tra 20 mila e 10 mila anni fa il livello del mare è risalito di circa 100 metri per poi portarsi all'attuale livello nei successivi 5-6 mila anni. La massima risalita, quindi, si è avuta in una fase fredda prima della fase calda olocenica, che è quella che stiamo vivendo.

Terzo: nel Periodo Caldo Medioevale (“PCM”, circa dal 900 al 1300) la temperatura era superiore di 1-3 gradi rispetto ad oggi. In tale fase calda è nota la colonizzazione della Groenlandia da parte dei Vichinghi, che abbandonarono successivamente la zona a seguito del raffreddamento del clima con l'instaurarsi della Piccola Era Glaciale. Per l'IPCC il PCM è indigesto, in quanto in tale periodo non si verificarono tutte le catastrofi che oggi ci vengono propinate, come appunto anche l'innalzamento del livello marino. Per l'IPCC il PCM è quindi considerato un fenomeno locale. Al contrario ricerche di tutto il mondo dimostrano l'esistenza generalizzata di questa fase calda (Kipp, 2009, The Medial Warm Period – a global phenomenon. Unprecedent data manipolation? Science Skeptical Blog).

Quanto riferito dovrebbe essere preso in considerazione prima di lanciare proclami di catastrofismo climatico generalizzato.

 

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