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SCUOLA

Valutare gli studenti? Ci vuole un maestro

Siamo giunti quasi alla conclusione dell’anno scolastico. Negli ultimi mesi si vedono moltiplicati gli sforzi degli studenti per recuperare i risultati negativi e per migliorare le valutazioni conseguite fino a quel momento. Vogliamo allora proporre una riflessione sul senso delle prove, delle verifiche e delle valutazioni.

Educazione 08_04_2015
Scuola

Siamo giunti quasi alla conclusione dell’anno scolastico. Negli ultimi mesi si vedono moltiplicati gli sforzi degli studenti per recuperare i risultati negativi e per migliorare le valutazioni conseguite fino a quel momento. Vogliamo allora proporre una riflessione sul senso delle prove, delle verifiche e delle valutazioni. Scrive Mirella Bocchini in Colloqui con una professoressa: «Non possiamo dare per scontato il soggetto che vuole imparare». Nella scuola di oggi si assiste alla «pretesa delirante di una didattica standard fondata non sulla cura della persona nella sua reale situazione, ma su un’astrazione del concetto di allievo». Si guarda «il ragazzo senza tener conto della sua posizione umana di passività, disinteresse, demoralizzazione dell’io».

Che cosa si deve fare? Bisogna ricostruire l’io e «farlo diventare consapevole di sé sotto due aspetti fondamentali: innanzi tutto nella capacità logica, cioè nella capacità di ragionare. In secondo luogo nella sua capacità affettiva, cioè nella curiosità amorosa verso la realtà, le cose e le persone».

I ragazzi devono cioè sperimentare che sono capaci. Gli insegnanti devono valorizzare le capacità e la verità. Nella spiegazione «occorre rendere i contenuti il più possibile accessibili, senza rinunciare alla parola viva». Mirella Bocchini, inoltre, suggerisce «concrete modalità didattiche che hanno contribuito a ricostruire l’umanità degli studenti, come, per esempio, la valutazione o lo svolgimento del tema». All’inizio, alle prime interrogazioni, il voto va discusso di fronte a tutta la classe, nel senso che il docente deve chiarire a tutti i criteri con cui viene assegnato, quali siano i criteri di valutazioni e le richieste dell’insegnante. Il ragazzo, così, si sentirà sempre più protagonista, non subirà la valutazione, ma comprenderà il metodo.

La chiarificazione dei criteri di valutazione deve avvenire all’inizio dell’anno. L’insegnante dovrà chiarire in maniera concreta e precisa (non fumosa, ricorrendo a categorie non ben comprensibili dai ragazzi) gli obiettivi che si devono raggiungere. Nel primo mese di scuola sarà opportuno commentare le interrogazioni degli studenti al momento della valutazione, non mortificando le prove, valorizzando gli aspetti positivi e, al contempo, sottolineando il percorso che si deve compiere per conseguire i miglioramenti richiesti. La valutazione dovrà essere in primo luogo chiara all’insegnante, non soggetta ad arbitrarietà.

L’insegnante potrà ricorrere al metodo della scrittura delle domande poste e della valutazione di ciascuna risposta. Per esempio, una mia interrogazione sulla Commedia si compone sempre di tre parti: una in cui lo studente dovrà presentare un canto scelto tra quelli assegnati; una seconda in cui il ragazzo esporrà a memoria i versi di un canto (di ogni canto lo studente impara a memoria alcune terzine); una terza in cui l’interrogando legge, parafrasa e commenta dei versi. Alla fine dell’interrogazione, quando assegno il voto, spiego al ragazzo come ho valutato le tre distinte parti e cerco di far comprendere i miglioramenti avvenuti (se vi sono) e quelli auspicati.

Questo per far comprendere che cosa significhi che la valutazione deve essere condivisa. Non significa che il criterio del docente venga messo in discussione o che il ragazzo sia messo sullo stesso piano dell’insegnante. Vuol dire permettere al ragazzo di comprendere con chiarezza il percorso che il docente si aspetta da lui. Una delle ragioni della sfiducia che si ingenera negli studenti non è tanto dovuta alla fatica nello studio, come spesso si crede, ma al fatto che il ragazzo si trova spesso a faticare senza comprenderne il senso o senza vedere premiati i propri sforzi.

Per questo è altresì importante che l’insegnante sappia valorizzare al massimo gli sforzi del ragazzo, sottolineando i suoi miglioramenti con parole di stima e di fiducia, mostrandosi come un alleato o, se vogliamo, un allenatore contento dei buoni risultati. Il fallimento dello studente è, infatti, un fallimento anche per l’insegnante. Non significa certo che le colpe siano da ascriversi sempre all’insegnante o che il ragazzo debba essere sempre giustificato secondo un buonismo che spesso impera in alcune scuole. Anzi. Significa, però, che l’atteggiamento sovente assunto dal corpo docenti di colpevolizzare i giovani di fronte a risultati non soddisfacenti dovrà sempre interrogare l’adulto insegnante che dovrà chiedersi: riesco a trasmettere il mio amore per la disciplina? Come posso presentare questi argomenti in maniera più affascinante? Come posso recuperare un atteggiamento passivo dei ragazzi di fronte alle lezioni?

Nulla accade in modo casuale. La mancanza di studio, l’indifferenza di fronte alle lezioni, la passività, la disattenzione e tante altre manifestazioni che possono verificarsi durante le lezioni sono palesi segnali di un disagio o di una ribellione o ancora di una domanda di senso più profonda. Compito dell’insegnante è ancora una volta quello di partire da sé, dalla propria domanda di senso e di scommettere sul ragazzo.

Se lo studente coglie amore e passione nell’insegnante, potrà non capire all’inizio, ma sarà quasi sempre preso dal fascino della bellezza che l’insegnante ha incontrato e che cerca di comunicare. Questo fascino e questa bellezza sono il metodo, la giusta strada, perché il ragazzo studi. Ho sentito genitori stupiti del fatto che a cena i loro ragazzi parlassero della Commedia, la utilizzassero per parlare e per spiegare la vita. Come della Commedia, potremmo dire anche di film, di autori, di filosofi e quant’altro. La bellezza colpisce. Ogni materia ha in sé già tutto quanto è necessario perché possa conquistare il ragazzo. Il docente che è innamorato della sua materia lo sa, non deve inventarsi strategie particolari, deve solo raccontare e spiegare con l’amore che ha nel cuore. Come quando uno è innamorato di una donna, non deve inventarsi nulla. Se la presenta ad altri, la presenterà con tutto l’entusiasmo e l’amore che prova per lei. Dall’avventura dell’incontro con un aspetto della realtà nasce l’interesse nel ragazzo.

Per quest’avventura dell’incontro occorre qualcuno che ti accompagni, un maestro, che ti prenda per mano, che ti introduca nel percorso dell’incontro con la disciplina. La prima volta che sono stato alla Scala a vedere il Don Giovanni di Mozart, sono stato introdotto all’opera da un amico che mi ha spiegato come avvicinarmi allo spettacolo, come introdurmi a quest’arte. Lo stesso vale per la musica, per la letteratura, per la filosofia ecc. Io mi muovo quando capisco che ne vale la pena, quando vedo qualcuno che mi fa capire che ne vale la pena e non mi lascia solo.

La scuola è spesso sentita dai ragazzi come una prigione, perché è troppo spesso asettica, anonima e manca il rapporto affettivo tra insegnante e ragazzo. L’insegnante si presenta molte volte solo come un mediatore di conoscenze. In una lettera al fratello Theo, dopo aver descritto la propria condizione esistenziale paragonandola a quella di un uccellino in gabbia, Van Gogh afferma che solo il legame affettivo e il vero rapporto amicale liberano dalla prigionia e dalla percezione di tetra oscurità in cui rinchiude la solitudine. La comunione dei sentimenti e la simpatia umana sono fattori liberanti e permettono una conoscenza più profonda della realtà.

Potrebbe anche accadere, però, che un ragazzo si trovi ad affrontare un percorso scolastico del tutto inadeguato alle sue capacità o alle competenze acquisite negli anni precedenti o ai suoi desideri. Sarà importante che la serietà del lavoro degli insegnanti e l’attenzione costante dei genitori si pongano di fronte allo studente innanzitutto come a una persona, senza la pretesa di incanalarlo in un percorso inadeguato e forzato.

Giovanni Fighera è l'autore del libro "Tra i banchi di scuola. Un'avventura sempre nuova" (Edizioni Ares). E di scuola, studio ed educazione, parlerà venerdì 10 aprile alle 21 a Busnago, presso la Biblioteca comunale.