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LA GROSSA BUGIA

Valeria, la fidanzata di Fabo che sentiva di essere sola al mondo

Cosa succede quando la società nega irrazionalmente la bontà del Mistero che ci fa essere? Si brancola nella paura e si finisce per credere ai guru e alla religione come tecnica di benessere. Ma il dramma della vita rimane e quindi si pretende la "dolce morte" come ultima illusione di dominio. Come il dramma che ora vive Valeria, la fidanzata di Fabo, che affidava a Facebook i suoi sfoghi di donna che non credeva nell'amore di nessuno, dubitando di un Dio che sentiva distante. Eppure bastava ammettere che all'uomo serve qualcuno che lo salvi dall'esterno.

-VIVE CHI SI SENTE AMATO di Antonio Socci

-CAPPATO, UNO STRANO CONCETTO DI LIBERTA' di Peppino Zola

Vita e bioetica 02_03_2017
Valeria e fabianoù

Cosa può portare una fidanzata ad acconsentire e spingere verso il suicidio il proprio amore nel momento del bisogno estremo? Immedesimandosi viene da ribellarsi, perché è proprio in quel momento che vorresti compatire, sorreggere, abbracciare più forte la persona più importante della tua vita. Anche se poi uno può non farcela o non reggere la fatica, è questo il primo impeto, il moto vero e spontaneo del cuore umano. Non riuscendo dunque a comprendere, si può provare a cercare di capire chi sia Valeria Imbrogno, la fidanzata di Fabiano Antoniani, l’ex dj tetraplegico che lunedì scorso si è fatto uccidere in una clinica Svizzera dell’eutanasia dopo una campagna mediatica ingaggiata insieme a lei e al partito radicale. Una settimana prima, intervistata dalle Iene, Valeria aveva chiarito che “quella non era vita”, che il suo fidanzato era già morto da due anni. Perciò era giusto “liberarlo”. Ma liberarlo da cosa?

Valeria, 38 anni, oltre ad avere una laurea in psicologia, è una sportiva professionista che ha fatto della boxe “uno stile di vita”  in cui “poter chiedere a me stessa tutto il possibile”, ha dichiarato alla rivista sportiva Seconds Out. Per lei lo sport è infatti la continua possibilità di superare i propri limiti, come si legge in un suo post su Facebook dove commenta così un video sulle prestazioni fisiche "sovraumane": “Nulla è impossibile”. E ancora, scrive nel 2015, "c’è una sorta di furore in noi (…) un incessante desiderio di fare di più, di spingerci oltre i limiti che riteniamo possibili”. Come si risponde a questo desiderio Valeria lo ha scritto lo scorso agosto riprendendo un pensiero del cantautore argentino, Facundo Cabral: “Se avete un gran sogno, dovete essere disposti a fare grandi sforzi per renderlo realtà”. 

Si scopre dunque che Valeria non ha molto di diverso da noi uomini e donne moderni che fondiamo la nostra esistenza sulla riuscita e il continuo miglioramento di sé. Commentando il film “La ricerca della felicità”, dove il protagonista dice al figlio che tutto ciò che si desidera può essere ottenuto a costo di sforzi e sacrifici, la donna continua: “Se vuoi qualcosa vai e inseguila, la vita è bella, bisogna crederci fino in fondo”. Fra le immagini postate appare anche quella della divinità hindu Ganesh (mezzo uomo mezzo elefante) che si invoca o di cui si imitano le posizioni anche in alcune palestre italiane per chiedere forza e successo nelle proprie imprese. 

Quello che impressiona di più, però, è il video di Omraam Mikhaël Aïvanhov, un esoterista bulgaro formatosi in India (dove Valeria e Fabiano hanno vissuto 5 anni prima dell’incidente) noto per le sue tecniche di perfezionamento necessarie a superare se stessi, il proprio limite e male e quelli altrui. Aivanhov spiega che non bisogna aspettarsi mai amore da nessuno, così da non rimanere delusi e che l’unico modo per essere in pace “è amare, amare, amare noi”, così “da riempirci con il nostro amore” senza necessità di dipendere dagli altri. Il resto sono post sulla natura a cui ritornare, contro i limiti imposti dalla globalizzazione e dalla cultura. Come se il mondo qui, la materia, il proprio corpo appunto, fossero una gabbia da infrangere tramite lo spirito. Sempre sulla sua pagina Facebook in un altro video si spiega che il soggetto umano è l’artefice della sua vita e che con la sua mente e i propri sforzi può creare le circostanze che preferisce. Tutto normale appunto agli occhi abituati di chi vive in questa società, peccato che ciò non tenga conto del fatto che un limite alla fine esiste e che l’uomo ha continuamente bisogno di un amore più grande del suo che, per grande che sia, è pur sempre troppo piccolo e meschino. Insomma il moralismo potrà portare anche lontano, ma mai risolvere interamente il bisogno d’infinito che la nostra finitezza non sa colmare. Perciò, volenti o nolenti, bisogna ammattere che all’uomo serve qualcosa o qualcuno che lo salvi dall’esterno.

Non a caso lo spiritualismo e l’ottimismo della boxer, che parrebbero inconciliabili con la scelta di arrendersi, di smettere di sperare e assecondare l’omicidio del fidanzato, in fondo sono solo un tentativo di mascherare la paura di non farcela da sé. Basti vedere quanti occidentali ormai seguono filosofie, corsi di yoga o di altre tecniche spirituali o pseudoreligiose, senza che la disperazione gaia in cui viviamo venga minimamente superata. “A volte – ammette Valeria ancor prima dell’incidente di Fabiano - ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro” e poi “urlo il mio dolore nel silenzio. Nessuno sente più i miei pianti, nessuno può alleviare i tanti rimpianti. Nessuno sfiora i miei occhi stanchi. La solitudine mi culla e sorride”. E nel dicembre 2015 riporta una poesia di Fedrico Garcia Lorca: “I labirinti creati dal tempo svaniscono. (Rimane solo il deserto). Il cuore, fonte del desiderio, svanisce. (Rimane solo il deserto). L'illusione dell'aurora e i baci svaniscono. (Rimane solo il deserto; l'onduloso deserto). 

Dunque che cosa non funziona in questo modo di concepire la vita, anche di tanti sedicenti cristiani che vivono un ateismo pratico, per cui l’esistenza dipende interamente dai propri sforzi, calcoli e decisioni? Dove si arresta la logica del successo e del moralismo che non hanno retto di fronte al “fallimento” di Valeria e Fabiano, quando dopo l’incidente avevano provato a lottare per superare i limiti della tetraplegia senza riuscirci? Quello che manca alla visione ottimista ma disperante in cui siamo immersi di per sé sarebbe un dato evidente (riconosciuto finora da tutte le culture), ma che il razionalismo odierno nega: la dipendenza da un Mistero che ci fa essere e che fa le cose secondo un ordine buono. Si tratta in fondo del rifiuto a vivere responsabilmente di fronte al Dio della tradizione cristiana (e alla sua legge che ci fa comprendere che esistono un bene ed un male) non perché “bisogna” ma perché “ci conviene”. Infatti, è la stessa ragione che può comprendere che solo in chi ci ha fatti si può essere felici. Ma forse Valeria ha accettato la visione del Dio cristiano della maggioranza, che elimina il problema della libertà dipingendolo come un tiranno: “La religione – scrive sulla sua bacheca riprendendo un comico anticlericale - di un uomo invisibile che vive nel cielo, che guarda tutto ciò che fai ogni minuto di ogni giorno. E l’uomo invisibile ha una lista di 10 cose specifiche che non vuole che tu faccia. E se tu fai una di queste cose ti manda in un posto speciale, di fuoco e fiamme e fumo (…)  e dolori e bruciore e urla fino alla fine dei tempi. Ma ti ama. Ti ama e ha bisogno dei tuoi soldi”.

In quest’ottica il cattolicesimo diventa il vero nemico e la libertà anziché adesione al bene diventa ribellione (fare quel che si vuole). Eppure, se è vero che Cristo chiede tutto, lo fa per dare all’uomo tutto ciò a cui aspira. Tanto da renderlo libero anche in catene, anche inchiodato a un letto. Anche se debole, anche se peccatore, anche se incapace di perfezionarsi. Come hanno dimostrato tante persone disabili in queste ore in cui la stampa era più preoccupata di spettacolarizzare la morte che non di dar voce alla loro speranza. Anche perché spesso nemmeno la Chiesa offre più questo Dio come unica salvezza, lasciandolo in preda a filosofie “new age” che non soddisfano pienamente e per cui l’eutanasia diventa un cuscinetto, una zona franca in grado di tranquillizzare: si può continuare a vivere come pare e piace con l’idea che quando non sarà più possibile farlo si potrà sempre uscire di scena, nell’ultimo tentativo di dominare anche la morte. 

Ma, al di là di tutto, Fabiano non c’è più e il dramma di Valeria che pensava di risolvergli e risolversi la vita aiutandolo ad uccidersi resta. Chi vincerà la sua solitudine che forse si farà più forte? Chi la libererà pienamente dal suo di limite? Potrà provare a non pensarci, a cercare nuove tecniche ma prima o poi la questione si ripresenterà. Il cappellano della Maddalena Grassi, don Vincent Nagle, aveva offerto a Fabiano la possibilità di incontrare l’Amore infinito di Cristo, Dio fatto carne nella compagnia della Chiesa, ma un rapporto in cui non fosse lui a stabilire le regole il dj non lo ha voluto accettare. Le ragioni del rifiuto possono essere tantissime e magari attenuanti, ma non è l’anima o le persone coinvolte in questa vicenda che ci spetta di giudicare. Bensì un individualismo irrazionale da cui mettere in guardia tutti, indicando la sola ipotesi ragionevole di salvezza: quella dell’amore folle e vivo di Gesù crocifisso.