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La circolare

Valditara boccia schwa e asterischi, figli dell’ideologia Lgbt

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Con una circolare indirizzata a tutte le scuole, il Ministero dell’istruzione ha vietato l’uso dell’asterisco e dello schwa (ə) al posto delle desinenze dell’ortografia italiana. Una misura di buonsenso per arginare la rivoluzione sessual-linguistica.

Attualità 25_03_2025

Insegnare agli insegnanti come insegnare l’uso corretto dell’italiano insegna molte cose. È ciò che ha dovuto fare il ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara, con una circolare a firma del capo dipartimento, Carmela Palumbo, e indirizzata alle scuole di ogni ordine e grado della Penisola. La circolare del 21 marzo scorso riguarda l’«uso del simbolo grafico dell’asterisco (*) o dello schwa (ə) nelle comunicazioni ufficiali delle istituzioni scolastiche».

Il Ministero scrive che «al riguardo, l’Accademia della Crusca ha avuto modo di precisare più volte che l’impiego nella comunicazione scritta e istituzionale di segni grafici, come gli asterischi, al posto delle desinenze o di altri segni estranei alla tradizione ortografica italiana, come lo schwa, non è grammaticalmente corretto secondo le attuali regole della lingua italiana. […] In particolare, nel parere del 24 settembre 2021 pubblicato sul sito istituzionale dell’Accademia della Crusca si afferma che “L’asterisco non è […] utilizzabile, a nostro parere, in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti, né, tanto meno, in testi che prevedono la lettura ad alta voce”. […] Ancora, nel parere del 10 maggio 2024, sempre con riferimento all’uso dell’asterisco e dello schwa, l’Accademia afferma “[…] che la lingua giuridica e burocratica non sia sede adatta per sperimentazioni innovative che portano alla disomogeneità e compromettono la lineare comprensione dei testi.” Pertanto, al fine di assicurare correttezza e chiarezza nelle comunicazioni ufficiali, si raccomanda di attenersi alle regole della lingua italiana che consentono l’utilizzo di soluzioni linguistiche comunque conformi alla tradizione ortografica italiana».

Con la matita blu il ministro Valditara ha sottolineato l’asterisco e lo schwa (ə) perché intraducibili dalla lingua dell’ideologia gender alla lingua italiana. L’asterisco rappresenta con efficacia gli intenti dei suoi promotori. Al ristorante indica i prodotti surgelati e parimenti può indicare la surgelazione dei cervelli che non si accorgono più che il ridicolo è salito in cattedra a scuola, la congelazione della coscienza collettiva sotto i rigori della glaciazione del linguisticamente corretto. L’asterisco poi è realmente paradigmatico della visione antropologica di questi marziani venuti dal pianeta Schwa, popolato da esseri senza sesso. L’asterisco infatti è il nuovo apostrofo che elide nelle parole il maschile e il femminile, è un segno grafico evirante che ci vuole tutti eunuchi, è la sterilità grafica che non può procreare perché asessuata, ritenendo che la differenza sessuale sia discriminatoria nonché imperialista volendo occupare tutti gli spazi della grammatica e non lasciando nemmeno riserve semantiche ai non binari. L’asterisco è afono perché l’ideologia ci vuole muti e ci vuole vendere il vuoto, il silenzio. Il nulla. Sì, l’asterisco è il neutro che neutralizza la differenza sessuale, ma che non è super partes perché partigiano e che non è plurimo né pluralista. L’assenza di vocali mascoline o femminee vorrebbe infatti essere democratica, più che trasversale trans-versale, rappresentativa dei sessi biologici e astratti, di quelli esistenti e di quelli inventati, di quelli reali e di quelli pensati e pure e soprattutto di ciò che sesso non è. Ma l’asterisco non indica la totalità, bensì il suo opposto: il niente. Perché l’ideologia Lgbt vuole la tabula rasa: i Romani lisciavano la tavoletta di cera su cui scrivevano per cancellarne i segni, così da poterla usare nuovamente. L’asterisco è la rasatura antropologica dell’uomo maschio e femmina. Il livellamento in radice per rendere l’uomo amorfo, indistinto nella sua identità sessuale.

Lo schwa invece non è afono, ma ha una sua pronuncia. Vera Gheno, sponsor mediatica dello schwa, spiega che il suo suono corrisponde a quella vocale che ci esce quando non sappiamo cosa dire. Torna il tema del niente. Si tratta di una crasi tra “a” ed “e” con una spruzzata di “o”. Nell’esempio fonico della Gheno in TV lo schwa è la vocale degli stupiti, degli attoniti, degli imbambolati, degli stralunati. Dei fessi. L’Accademia della Crusca la definisce come una «vocale turbata», disturbata, scelta proprio per turbarci e disturbarci.

Anche in questo caso lo schwa è esemplare del sottobosco culturale che lo vorrebbe sulla bocca e nel cervello di tutti. È un suono ibrido che compone in sé diversi fonemi, acusticamente sincretico, un suono transfonico, quindi liquido, confuso, ambiguo, non definito. Perfetto per rappresentare la mancanza di identità, il primo nemico di chi odia la realtà dato che questa si presenta sempre definita nella sua identità. Occorre invece destrutturare, demolire, decostruire, deformare per poi costruire un mondo nuovo e quindi inventarsi una grammatica altrettanto nuova per indicarla.

Ecco dunque i due momenti cardine della rivoluzione sessual-linguistica: procedere alla strage delle vocali innocenti e sostituirle con il nulla – l’asterisco – oppure con una vocale rovesciata, grafema anch’esso simbolicamente efficace del rovesciamento del mondo. Non si tratta propriamente di neologismi, bensì del rapimento di due segni grafici per asservirli allo scopo della rivoluzione culturale. Vengono prelevati dal loro ambito proprio e assumono un ruolo improprio. Tali e quali armi improprie.

La guerra alle desinenze ci vuole portare alla desistenza, alla desistenza culturale, alla passività prima linguistica e poi intellettiva. Valditara ha invece messo i punti sulle “i”, rimettendo le vocali al loro posto.