Usa, nozze gay qualche vescovo forza la mano
«Estendere il supporto a tutte le famiglie, non importa la loro situazione, perché dobbiamo ammettere che siamo tutti insieme nel viaggio della vita sotto lo sguardo attento di un Dio amorevole». Così l'arcivescovo di Chicago, monsignor Blaise Cupich, in seguito alla decisione della Suprema Corte degli Usa sul riconoscimento del matrimonio omosessuale in tutti gli Stati dell'Unione. Posizione molto diversa da quella di monsignor Joseph Kurtz, presidente dei vescovi americani.
«Estendere il supporto a tutte le famiglie, non importa la loro situazione, perché dobbiamo ammettere che siamo tutti insieme nel viaggio della vita sotto lo sguardo attento di un Dio amorevole». Così l'arcivescovo di Chicago, monsignor Blaise Cupich, in seguito alla decisione della Suprema Corte degli Usa rispetto al riconoscimento del matrimonio omosessuale in tutti gli Stati dell'Unione. Per il Chicago Tribune le parole dell'arcivescovo diramate da Roma, dove Cupich si trovava per la consegna del pallio arcivescovile ai metropoliti, sembrano un po' in dissonanza rispetto alle reazioni di molti suoi confratelli. Basti ricordare che monsignor Joseph Kurtz, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha tuonato affermando che per il governo è «profondamente immorale e ingiusto dichiarare che due persone dello stesso sesso possano costituire un matrimonio».
Monsignor Cupich da parte sua, ovviamente, ha sottolineato che la ridefinizione del matrimonio civile non ha nulla a che vedere con il sacramento del matrimonio, perché «il matrimonio tra un uomo e una donna è segno dell'unione tra Cristo e la Chiesa». Tuttavia, il tono delle sue parole appare conciliante con la situazione che si è venuta a creare dopo la decisione della Corte. «Il rapido cambiamento sociale avviato dalla sentenza», scrive l'arcivescovo, «ci chiama a riflessioni mature e serene su come possiamo andare avanti insieme».
In modo schietto Cupich ha parlato di “rispetto” dovuto alle persone della comunità Lgbt e, richiamando il Catechismo al n°2358, ha detto che questo rispetto deve essere “reale e non retorico, e deve sempre riflettere l'impegno della Chiesa verso l'accompagnamento di tutte le persone”. Così sembra incarnare quella figura di pastore “costruttore di ponti” che, con una certa retorica, viene sostenuta da più parti. Chiamato a sostituire il cardinale George, recentemente scomparso, monsignor Cupich è entrato nella diocesi di Chicago lo scorso anno. Diversi commentatori hanno fatto notare che quella di Cupich a Chicago è stata una scelta a sorpresa, decisa direttamente da papa Francesco, scavalcando il lavoro della congregazione per i vescovi e anche gli orientamenti dei presuli americani.
Bisogna comunque riconoscere che monsignor Cupich ha rispettato in pieno il dettato del recente Instrumentum laboris per il prossimo Sinodo dei vescovi. Infatti, al n°131, si legge che «che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società». Sulla stessa lunghezza d'onda si è recentemente sintonizzato anche monsignor Vincenzo Paglia, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione della prossima Giornata mondiale della Famiglia, prevista a settembre a Philadelphia. Di fronte alla domanda di un giornalista, che chiedeva della presenza o meno di coppie gay alla giornata mondiale, il presidente del pontificio consiglio per la Famiglia ha detto che «seguiamo alla lettera l'Instrumentun Laboris del Sinodo. Tutti possono venire, nessuno escluso. E se qualcuno si sente escluso, lascio le 99 pecorelle e lo vado a prendere. L'intima connessione tra il meeting negli Usa e il Sinodo, evidentemente, non è solo temporale».
L'accoglienza e l'accompagnamento non preludono, almeno nelle intenzioni dichiarate, a un riconoscimento ecclesiale di un qualsiasi “matrimonio” omosessuale, questo è stato ribadito chiaramente anche dal cardinale Peter Erdo durante la presentazione dell'Instrumentum laboris. Rimane però un atteggiamento pastorale che qualcuno ritiene eccessivamente ottimista e accondiscendente verso scelte politiche e umane che sono lontane dalla dottrina cattolica. Perché, come ha dichiarato monsignor Joseph Kurtz, «indipendentemente da quello che una maggioranza ristretta della Corte Suprema ha dichiarato (…), la natura della persona umana e il matrimonio restano immutati e immutabili».