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Il rapporto

USA, la religione non gode di buona salute

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Un’indagine del Public Religion Research Institute mostra che negli Stati Uniti cresce il numero di atei e indifferenti alla religione. In aumento pure il numero di abbandoni dovuti agli insegnamenti sui temi Lgbt e agli scandali. Il rimedio per la Chiesa cattolica: insegnare la verità per intero.

Attualità 25_10_2025

La religione non gode di buona salute negli USA. Il Public Religion Research Institute (PRRI) ha pubblicato un report dal titolo Demografia religiosa in movimento: aggiornamenti e analisi. Si tratta di un’indagine demoscopica volta a conoscere il rapporto degli americani con la religione.

Il report inizialmente ci informa della quota di cristiani negli USA e degli indifferenti: «Due terzi degli americani (65%) continuano a identificarsi come cristiani. […]. Gli americani non affiliati a nessuna religione sono aumentati costantemente dal 2013, raggiungendo un nuovo picco del 28% nel 2024». Nel 2013 erano il 21%. Poi, il PRRI evidenzia che la fotografia demoscopica del 2024 riproduce pressoché lo stesso scenario del 2023. E dunque, relativamente al 2023, «quasi un americano su cinque (18%) ha abbandonato una tradizione religiosa per non affiliarsi a nessuna religione, oltre un terzo dei quali era precedentemente cattolico (35%). […] Il numero di atei e agnostici è raddoppiato dal 2013 (rispettivamente dal 2% al 4% e dal 2% al 5%). […] I cattolici continuano a perdere più membri di quanti ne acquisiscano».

Perché si abbandona la propria religione? «La ragione addotta dalla percentuale più alta di americani non affiliati a nessuna religione per abbandonare la propria tradizione religiosa è semplicemente che hanno smesso di credere negli insegnamenti della loro religione (67%)». Tra costoro la maggior parte, il 47% (nel 2016 era circa il 30%), ha abbandonato la propria religione per gli insegnamenti riguardanti le tematiche Lgbt.

Se dunque al primo posto tra i motivi di abbandono si pone la dottrina, al secondo posto troviamo gli scandali sessuali tra il clero: «La percentuale di americani non affiliati a nessuna religione che affermano di non identificarsi più con la religione della propria infanzia a causa di scandali di abusi sessuali da parte del clero è aumentata di oltre 10 punti percentuali, dal 19% nel 2016 al 31% nel 2023. Gli ex cattolici sono più propensi degli ex non cattolici ad affermare di non identificarsi più con la religione della propria infanzia a causa di scandali di abusi sessuali (45% contro 24%)». L’indagine poi registra che «la stragrande maggioranza di coloro che non hanno alcuna affiliazione religiosa sembra contenta di rimanere tale».

Se poi andiamo a vedere cosa dicono i credenti, o presunti tali, della loro appartenenza religiosa le cose non migliorano: «Una piccola maggioranza di americani (53%) afferma che la religione è la cosa più importante (15%) o una tra le tante cose importanti nella loro vita (38%) nel 2023, una percentuale notevolmente inferiore rispetto al 2013, quando il 72% degli americani dichiarava che la religione era la cosa più importante nella loro vita (27%) o una tra le tante (45%). […] Nel 2023, quasi un quarto degli americani (24%) ha partecipato a funzioni religiose, virtualmente o di persona, almeno una volta alla settimana, con un calo di 7 punti percentuali rispetto al 31% del 2013». I motivi per partecipare alle funzioni religiose sono nell’ordine: sentirsi più vicini a Dio, vivere la religione come esperienza comunitaria e instillare nei figli valori religiosi.

In sintesi: il gruppo degli indifferenti alla religione cresce ed è numericamente maggiore del gruppo degli atei; in casa cattolica c’è in atto una emorragia di credenti; si voltano le spalle a Dio a motivo della dottrina insegnata, soprattutto se riguarda le tematiche Lgbt; solo il 15% degli americani afferma che la religione è la cosa più importante della vita; la partecipazione alle funzioni è in picchiata. Insomma, gli americani sono sempre più soggetti irreligiosi.

I motivi? Dovrebbero rispondere i sociologi, ma di certo le motivazioni sono plurime e complesse. Azzardando una risposta e volendo semplificarla all’estremo, tanto da rasentare l’ovvietà, potremmo dire che il secolarismo avanza e le religioni, in specie quella cattolica, arretrano. Su questo ultimo aspetto e in riferimento alla Chiesa cattolica, potremmo appuntare che, sebbene la Chiesa cattolica negli USA complessivamente sia più sana di quella europea e in specie italiana, un certo pastoralismo che imita gli umori, le devianze, i canoni, le pose del secolo non può che essere perdente in merito a nuove adesioni e “vincente” in merito a nuove dimissioni. Se al credente diamo lo stesso cibo che trova fuori dalla propria chiesa – ambientalismo, giustizia sociale, inclusività, pacifismo, sindacalismo, ampie deroghe al libertinaggio sessuale, liquidità familiare, liberalismo bioetico, etc. –  anzi: di qualità peggiore, è ovvio che ne uscirà, perché fuori da essa troverà un ambientalismo più vero, una giustizia sociale più radicale, una inclusività più positiva, un pacifismo più esteso, una bioetica maggiormente a misura dei propri desideri, etc. Dunque si assiste ad una migrazione verso una matrice culturale che sembra più autentica, più genuina, più completa.

A tal proposito, un caso paradigmatico è quello dell’abbandono della religione cattolica per le posizioni anti-Lgbt assunte dalla Chiesa. Nonostante le aperture al mondo arcobaleno da parte di ampie porzioni del cattolicesimo, gli ex credenti le hanno giudicate troppo modeste, troppo moderate, troppo timide per continuare a frequentare la Chiesa. Nell’immaginario collettivo la Chiesa è ancora anti-gay, sebbene moltissimi sacerdoti adottino pastorali gay-friendly. Ma è ancora troppo poco. E in questo gioco di percezione collettiva, che vede la Chiesa in ritardo sull’adesione piena all’agenda Lgbt, pesano moltissimo gli orientamenti proposti e imposti dai media, dalle leggi, dai social, dalle scuole e università, dall’arte, etc. 

In breve se la Chiesa cattolica rinuncia a sé, scimmiottando il mondo e inseguendolo lungo le strade del peccato, perché i fedeli dovrebbero rimanere in essa? Se rinuncia alla sua identità, che è Cristo, come potrà conservare dentro il recinto le proprie pecorelle e come potrà impedire che saltino lo steccato e finiscano in bocca ai lupi? Anzi, molte volte lo steccato non c’è più, tanto è pieno di brecce.

Dunque il problema, probabilmente, è identitario. Cristo e le sue verità non possono essere annacquate. Se lo si fa, la Chiesa non sa più di nulla e le persone se ne andranno. La Chiesa deve tornare ad essere cattolica, robustamente cattolica, fieramente cattolica, radicalmente cattolica. Se non è né carne né pesce, come potrà soddisfare gli appetiti profondi, profondissimi del cuore dell’uomo? In breve, si abbandona la Chiesa perché non la si conosce realmente per quella che è e, di contro, si è conosciuta una chiesa contraffatta, taroccata. Una chiesa fake, pensata dai suoi autori eterodossi per essere più ergonomica di quella autentica, ma che alla fine non interessa a nessuno.

Quindi, l’indifferentismo religioso è preferenza per i sapori del secolo – forse piacevoli, ma che poi avvelenano – rispetto a quelli adulterati proposti da una certa e diffusa pastorale che risultano scipiti, tanto che si preferiscono altri ristoranti. L’indifferentismo religioso non è dunque indifferenza ai pseudo-valori del mondo, ma predilezione per questi, dato che i valori cristiani, svuotati al loro interno della loro cifra caratteristica, appaiono inevitabilmente vuoti, senza appeal, incapaci di essere decisivi per la vita delle persone. Inutili. Irrilevanti.